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La vergogna della Diaz e l’Onda di speranza
di Giuliano Giuliani
Questa mattina rientravo in macchina a Genova da Bologna, dove ieri sera sono stato presente ad una delle tante iniziative per parlare ancora di Genova e di Carlo. Perché sembra strano, ma succede ancora.
Succede ancora che una parte sana di questo povero paese si interessi ancora di sapere davvero quello che è successo a Genova sette anni fa. Sapere se Cossiga è davvero fuori di testa o se si limita a indicare (lui che certe cose le sa bene!) strategie che sono state studiate e messe in pratica a Genova.
Sapere se qualcuno è ritenuto responsabile di quello che fa, o se è solo colpa del destino cinico e baro, o della “avventatezza”, come il muovo capo della polizia Manganelli, che pure se ne è assunta la responsabilità, ha definito l’omicidio di Gabriele Sandri sull’autostrada di Arezzo ad opera di un agente della polizia stradale. E’ squillato il telefonino. Era una carissimo compagno dell’università di Roma che mi invitava a dire qualcosa ai tanti ragazzi che in corteo si muovevano dalla Sapienza. Certo, ho espresso il giudizio pesante sulla sentenza, una vera vergogna. Li ho invitati a far crescere ancora questa onda di speranza, ringraziandoli per quello che stanno facendo, ma soprattutto ho detto loro di tenere gli occhi ben aperti, perché la nottata è nera ed è lunga da passare.
E’ un senso di disagio, infatti, quello che ci comunica la sentenza sulla Diaz. E non è per i cento anni e passa richiesti dai pubblici ministeri che si sono ridotti a un terzo. C’è qualche visionario che poteva immaginare condanne esemplari per il massimo gruppo dirigente della polizia, esclusi capo e vice di allora (il secondo, perché morì nel 2002, il primo perché passato ad altri ben noti incarichi)? Non credo proprio. Contava la qualità. Una condanna ai più alti livelli di responsabilità, come dovrebbe essere per dignità e rispetto della democrazia. Una sentenza sul tipo di quella emessa per le torture di Bolzaneto. Anche in quel caso gli anni comminati erano poca cosa, ma l’assoluzione aveva riguardato davvero la bassa truppa, mentre le condanne avevano interessato il quadro intermedio, responsabile primo di quello che era successo nella caserma. E invece no. Un po’ di anni (tanto nessuno, tra indulto e prescrizioni, sconterà neppure un’ora di carcere) alla bassa truppa (nel caso della Diaz, costituiscono la bassa truppa i questori e i vice questori, perché gli altri sono appunto l’empireo della polizia, e perché i macellai non li hanno voluti identificare). Impunità totale (meglio sarebbe dire impunibilità) per i vertici. E’ questo che ha insegnato il capo, e continua a farlo.
Ho sperato fino all’ultimo che un po’ di giustizia coronasse gli sforzi di quanti si sono prodigati perché accadesse, che criteri obiettivi di valutazione potessero persino rimettere in discussione vergognose archiviazioni, che si potesse allargare finalmente il campo delle inchieste e delle indagini a pezzi di stato e delle forze in servizio d’ordine a Genova (parlo soprattutto dei reparti speciali dei carabinieri), che certamente non sono stati meno responsabili di ciò che è avvenuto a Genova. Bisogna ricominciare da capo. Una delle tante lezioni che ci dovrebbero convincere a ricominciare con la politica, fatta di partecipazione reale delle persone e non di schermaglie sempre più sterili tra ristretti gruppi dirigenti. Impariamo dall’onda.