Home > Le Resistenze dell’America Latina. Cuba, Venezuela e Bolivia si raccontano
Le Resistenze dell’America Latina. Cuba, Venezuela e Bolivia si raccontano
Publie le martedì 3 marzo 2009 par Open-PublishingLe Resistenze dell’America Latina. Cuba, Venezuela e Bolivia si raccontano
di Tommaso Vaccaro
Le Rivoluzioni dei tre Paesi sudamericani, il socialismo del XXI secolo ed i rapporti con l’America di Obama. Se ne è parlato sabato 28 febbraio a Carta con gli Ambasciatori di Cuba, Bolivia e Venezuela, il giornalista Lucio Manisco, Gianluigi Pegolo e Ramon Mantovani del Prc.
E’ Gerardo Soler Cedre, consigliere culturale dell’Ambasciata di Cuba in Italia, a sottolineare in apertura di dibattito il valore della parola “Resistenza”. “Per i popoli originari latinoamericani, il ‘resistere’ contro lo straniero invasore, prima gli spagnoli e poi i nordamericani, assume un profondo senso storico. Si tenga presente – ricorda Gerardo – che i primi abitanti dell’Isola sono stati completamente sterminati e solo con la Revoluciòn del 1959 si è compiuta l’ultima tappa dell’indipendenza cubana. E nonostante gli attentati, le eliminazioni e le epidemie che abbiamo sofferto da quel lontano 1° gennaio, siamo ancora qui, dopo ben 10 amministrazioni americane”.
‘Dalla parte di chi Resiste’. Questo il titolo dell’incontro organizzato dall’area Sinistra comunista del Prc e tenutosi sabato pomeriggio presso la redazione romana della rivista Carta, a San Lorenzo. Presenti i rappresentanti delle ambasciate di Cuba, Venezuela e Bolivia, il giornalista Lucio Manisco, uno dei maggiori conoscitori di questioni internazionali, Gianluigi Pegolo e Ramon Mantovani, rispettivamente della Segreteria nazionale e della Direzione nazionale di Rifondazione comunista. Una conversazione moderata dal direttore di Dazebao, Alessandro Cardulli.
La strettissima attualità riserva più di uno spunto per una riflessione complessiva sul cantiere socialista a lavoro in America Latina. Il 2009 è un anno speciale non solo per Cuba, che festeggia i cinquant’anni di una Revoluciòn che mantiene ancor oggi intatto il proprio valore simbolico e politico, ma è una data storica anche per altre realtà del subcontinente. Straordinaria la vittoria del ‘Si’ per la nuova Costituzione boliviana, approvata il 25 gennaio scorso, con la quale il presidente indigeno Evo Morales intende rifondare il Paese. Qualche giorno dopo, il Venezuela rinnova il proprio sostegno al progetto bolivariano di Hugo Chavez, votando a larga maggioranza il referendum sulla rielezione delle cariche istituzionali.
“Dopo oltre 500 anni in cui le popolazioni indigene sono state vilipese” dai governi colonialisti e neocolonialisti del paese andino, afferma Esteban Elmer Catarina, ambasciatore della Bolivia in Italia, “con l’elezione di Morales e con la nuova Costituzione che definisce la connotazione plurinazionale dello Stato, viene sanato un debito sociale nei confronti di quelle popolazioni”. E anche se non è ancora tempo di cantare vittoria perché dobbiamo “riuscire a plasmare la Carta con la società boliviana”, dice Catarina, con “l’autonomia indigena che rompe i confini territoriali e restituisce ai popoli il proprio territorio”, si spezzano le catene della povertà e la Bolivia si riappropria della dignità e della sovranità nazionale a lungo negata.
Yvelise Martinez Graffe, delegata in Italia della repubblica venezuelana, ricorda invece alcuni importanti risultati ottenuti dal proprio Paese in questi anni di costruzione socialista. “Il Venezuela, secondo quanto riconosce anche L’Onu, ha risolto del tutto il problema dell’analfabetismo. Lo abbiamo fatto – sottolinea la rappresentante diplomatica – reinvestendo i proventi delle vendite del petrolio, che nei precedenti 40 anni ci sono stati sottratti dal cosiddetto ‘primo mondo’, nella scolarizzazione”. Forti dell’eredità di Simon Bolivar, “stiamo lavorando per ricostruire il nostro paese nell’eguaglianza e nella giustizia sociale”. Poi, in merito alla recente tornata referendaria, “mente in maniera spudorata chi afferma che è stato votato per la rielezione a vita di Chavez. I cittadini venezuelani hanno detto ‘Si’ per dare la possibilità al presidente di ricandidarsi alle elezioni, ma ciò non significa automaticamente che questi vinca”.
In questo quadro, determinante sarà anche la posizione che assumeranno gli Usa di Obama, nei confronti di quelle realtà. Per Lucio Manisco, nonostante “l’eloquenza del nuovo presidente nordamericano, bisognerà vedere sul piano pratico cosa riuscirà a fare. Francamente – aggiunge Manisco – nutro qualche dubbio sulla possibilità di un reale cambiamento” della politica estera statunitense nei confronti dell’America latina. Un gesto importante, suggerisce il giornalista di lungo corso, potrebbe essere quello di lasciare la base di Guantanamo, restituendola a Cuba. In tal proposito, il rappresentante cubano sottolinea che “non siamo antiamericani, ma antimperialisti e spetta a Obama fare il primo passo” per la conciliazione.
Per Mantovani, che il Sud America l’ha girato in lungo e in largo “già parecchi anni prima che si aprissero i processi rivoluzionari di Bolivia e Venezuela”, più che sulla parola Resistenza sarebbe oggi opportuno valorizzare la “controffensiva” in atto in quella regione. “Le resistenze di Cuba e dei movimenti sociali in America latina sono inconfutabili, ma noi siamo oggi oltre quella fase”. Gianluigi Pegolo, della segreteria nazionale del Prc, mette invece un accento sul fatto che “le esperienze talvolta eterodosse, che si vanno sviluppando in quell’area geografica, sono per noi della sinistra italiana ed europea un conforto ed uno stimolo di analisi sul socialismo del XXI secolo. Ciò che più salta agli occhi di noi osservatori di quei processi di profonda trasformazione è – aggiunge Pegolo – il quadro democratico che resta inalterato”. Così, concetti come la compatibilità ambientale, la multiculturalità, l’antimperialismo ed il pacifismo attivo, assumono in quelle realtà la forma di leggi dello Stato, nell’assoluto rispetto del voto popolare.