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Le banlieues : l’altra faccia dell’impero coloniale

Publie le giovedì 29 novembre 2007 par Open-Publishing
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Leggendo i commenti agli articoli sugli avvenimenti di domenica scorsa a Villiers-le-Bel pubblicati sul sito Internet http://www.bellaciao.org/fr/, ho trovato la seguente, interessante citazione :
« Succede un giorno che il domatore distratto dimentica le chiavi del serraglio e che le bestie feroci invadono la città spaventata urlando selvaggiamente » (Théophile Gautier 1811-1872).

Lo scrittore parlava del popolo di Parigi che, nel 1871, stretto fra l’esercito prussiano che assediava la città dal 19 settembre 1870 ed un governo borghese, quello proclamato il 4 settembre 1870, incapace di difendere la città, aveva preso in mano il suo destino dando vita, fra il marzo ed il maggio 1871, alla Comune, l’alba della rivoluzione proletaria, come la defini’ Marx.

Lui, invece, insieme a Pierre Courteline, ai fratelli Goncourt e ad altre immortali glorie della letteratura francese dell’800, partecipava a lauti banchetti nel sottosuolo della brasserie Le Brabant, boulevard Montmartre, mentre i Parigini andavano a caccia di topi per sopravvivere.

Quasi un secolo e mezzo dopo, la reazione agli avvenimenti che agitano le banlieues parigine, ieri a Clichy sous Bois, oggi a Villiers le Bel, Cergy, Goussainville, Sarcelles, Garges-lès-Gonesse o Ermont non é molto diversa : paura, rabbia, fastidio, indifferenza.

I Francesi « bene » guardano il loro impero coloniale interno con una certa condiscendenza, sperando, nel migliore dei casi, che sia popolato da « buoni selvaggi » e, nel peggiore, con diffidenza quando non addirittura con odio.

I resti delle etnie che popolavano un impero che, secondo soltanto a quello inglese, copriva buona parte dell’Africa e giungeva fino in Asia e in America, si sono trasferiti sul territorio metropolitano.

Non occupano più quei grandi, romantici spazi descritti da romanzieri, giornalisti, viaggiatori, dipinti da artisti avidi di atmosfere esotiche, animati qua e là da « selvaggi » tutto sommato inoffensivi, buoni come schiavi prima e carne da cannone dopo, ma le sterminate banlieues dei dintorni di Parigi e delle altre città francesi (o dovremmo dire dell’Occidente ?).

Giungle di cemento, oceani di casermoni tutti uguali, smisuratamente lunghi od oscenamente alti, che sembrano vecchi il giorno dopo essere stati « inaugurati », dove non esiste altra manutenzione se non quella « fai da te » e si puo’ morire magari perché la porta di un ascensore scassato si apre su un buco vuoto profondo venti piani.

Vi abitano gli ex schiavi, Africani, Arabi, Asiatici, o meglio i Francesi che ne discendono, ma la cui « promozione » si ferma alla cittadinanza, perché per il resto nulla, o quasi, é cambiato da quando le colonie, con le loro popolazioni originarie (quelle sopravvissute) erano esterne.

I Francesi « veri » ve li hanno ammassati negli anni 60 e 70, quando la richiesta di manodopera era ininterrotta e i Maghrebini, ma anche i Portoghesi, gli Spagnoli, gli Italiani, perfino i Turchi avevano diritto ad un lavoro non qualificato, ad una misera paga e ad una baracca in una delle innumerevoli bidonvilles che circondavano come una corona le grandi città con le loro strade e le loro piazze, i loro negozi e le loro luci, le loro automobili ed i loro eleganti cittadini.

In spazi angusti, lontani dagli occhi e dal naso dei Francesi di serie A, sono stati creati degli agglomerati di migliaia, decine di migliaia di Francesi di serie B, titolari, quando va bene, di un sotto-lavoro, sempre precario, che lascia a giovani senza presente e senza futuro molto tempo per fare, come i due ragazzi di Villiers le Bel, più di un giro in mini-motorino.

Sembra che quella di urtare con la macchina di servizio della polizia questi motorini da dietro, per arrestare quelli che ci stanno sopra, sia una pratica corrente.

Ma chi sono, in realtà, questi pericolosi guastafeste che turbano i sonni della gente dabbene ?

Uno dei due ragazzi uccisi accidentalmente da due poliziotti il 25 scorso a Villiers-le-Bel, Moushin, detto Chamoo, 15 anni, raccontava sul suo blog http://chamo6.skyrock.com/
la vita di un adolescente turbolento, seduttore e trasgressivo. Ecco cosa c’é scritto.

Carattere : posato. Segno zodiacale : Gemelli. Attività : frequenta un liceo. Statura : 1 metro e 78. Ama i biglietti di banca, le monete, il liquido, gli assegni… Detesta : lo SMIC e l’RMI.

Sul suo blog, Moushin, alias Chamoo, diceva di avere due anni di più. Diceva di averne 17 e di essere un BG, Beau Gosse (Bel Ragazzo). Qualche foto lo testimonia. Lui con un paio di occhiali da sole, che posa con un sorriso da ragazzo modello, sul divano familiare. A tutti quelli che visitavano il suo sito, l’amico di Larami, l’altro ragazzo ucciso accidentalmente da una pattuglia di poliziotti, il 25 novembre, a Villiers-le-Bel, lanciava i suoi aforismi in versione originale : « Ridete di me perché sono diverso, ma io rido di voi perché siete tutti uguali ».

Aveva rispetto per due esseri : Dio e sua madre. « Si sa chi controlla, né i renoi (Noirs, Neri) né gli harbi (Arabes, Arabi) né i padrini né i tange (i Gitans, Gitani) ! Dio é grande e temiamo solo lui ! » Sotto la foto all’acqua di rose di uno sposo che mette la fede al dito della sua promessa in abito bianco scrive : « Colei che amo prima di tutti ed é la più bella é la mia mamma che amo tanto. »

Per il resto, dalla creazione del blog il 15 marzo 2006, gli innumerevoli messaggi spediti dai suoi amici del 95 (Val d’Oise, dipartimento della regione Ile de France) raccontano la vita di un ragazzo che ascolta il rap di Mafia K’1 Fry e si impenna sulle ruote posteriori della sua bici sulla strada nazionale. Un adolescente come tanti altri. La sua prosa approssimativa é un misto di ingenuità infantile appesantatita da un fatalismo da adulto. « Che si parli di me bene o male, l’importante é che se ne parli », aveva messo sulla sua copertina. La sua ultima connessione risale a sabato 24 novembre, alle 18 e 17 minuti.

Purtroppo, per i ragazzi come Moushin e Larami, le strutture organizzative ed associative della società circostante sono aleatorie: perfino quel che resta della sinistra non compromessa con il potere, la sua cultura ed i suoi interessi, stenta a riconoscerli come possibili o probabili protagonisti del suo progetto politico, quando ne ha uno.

Più che il progresso sociale, é il regresso sociale che domina : le uniformi, come le automobili, sono simboli del potere e sono accompagnate da metodi sempre più sbrigativi e da armi sempre più micidiali.

Ad ogni esplosione di queste vere e proprie polveriere sociali segue un rafforzamento degli effettivi delle varie polizie, ad ogni morto un’inchiesta che viene regolarmente insabbiata : i governi giustificano con le auto ed i cassonetti bruciati la loro politica sicuritaria, i Francesi di serie B vedono aumentare la loro frustrazione e la sfogano per alimentare una nuova campagna repressiva.

La Destra, ormai imperante in Francia come altrove persino in settori sociali insospettati ed insospettabili, trionfa : i suoi ministri occupano il terreno (visto chi comanda ?) circondati da nugoli di poliziotti armati fino ai denti e l’eroico Sarkozy, reduce da uno stressante viaggio in Cina che ha fruttato ai suoi padroni 20 miliardi di euro di commesse, non va neppure a dormire ma si reca difilato all’ospedale a trovare i poliziotti feriti e, lo indovinereste ?, le famiglie dei due ragazzi uccisi.

I Francesi di serie A, quelli democratici, stanno a guardare sperando che passi : fra di loro, molti, appena ieri erano classe media, appartamento in centro, lavoro sicuro, auto di media cilindrata e vacanze al mare, figli all’università.

A proposito, che fine faranno questi figli ? “Quelli” lo sappiamo già.

Parigi, 29 novembre 2007

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