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Le borse mondiali crollano e la crisi investe in pieno le banche europee

Publie le mercoledì 8 ottobre 2008 par Open-Publishing
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Le borse mondiali crollano e la crisi investe in pieno le banche europee

di Fulvio Lo Cicero

MILANO – Forse pochi si aspettavano una reazione così virulenta dei mercati, soprattutto dopo l’approvazione del Piano Paulson da parte del Parlamento americano. Oggi si può parlare di una vera e propria disfatta dei mercati mondiali. Le cifre parlano chiaro: Milano ha perso l’8,24% (una flessione che nemmeno l’11 settembre del 2001 fece registrare, mentre si deve risalire alla crisi del 1987 per poter fare un paragone sensato), Francoforte ha lasciato il 7,07%, Parigi il 9,04%, Londra il 6,31. Complessivamente le borse europee hanno bruciato 444 miliardi di euro di capitalizzazione.

Oramai la sfiducia regna sovrana e a nulla sono valse le innumerevoli dichiarazioni dei leader europei e lo stesso G4 di Parigi, durante il quale i premier inglese, italiano, tedesco e francese hanno cercato di rassicurare i loro concittadini, predisponendo il rinforzo della vigilanza e soprattutto la garanzia per i depositi bancari.

In realtà, i mercati mostrano di aver compreso la gravità della situazione, con un sistema che non poteva non risentire delle onde sismiche prodotte a New York, nonostante le rassicurazioni di banchieri e grandi trader di borsa. Soprattutto, i mercati hanno ben compreso che le misure prese dai leader europei significavano una sola cosa: che il sistema creditizio del vecchio continente non è affatto al riparo dalle intemperie ma, al contrario, ne è forse il soggetto più esposto e poco immunizzato. E così gli ordini di vendita hanno preso lo slancio.

Prima della chiusura l’indice Nasdaq di Wall Street perde oltre il 6% e il Dow Jones oltre il 5%. Anche l’euro è stato investito dall’onda sismica e ha raggiunto una quotazione di 1,35 dollari, ai minimi dall’agosto del 2007.
"Panic selling": è così che gli analisti denominano quello che sta avvenendo fra gli investitori. Il panico di rimanere con titoli che non valgono più nulla li spinge a vendere a qualsiasi prezzo. È la conseguenza tipica delle crisi finanziarie. Ad accrescere i timori (ma anche questo è un fenomeno ben conosciuto) sono, paradossalmente, proprio le misure prese nei giorni scorsi dai Paesi europei per tutelare i depositi bancari, che significano proprio ciò che comunicano: la possibilità di un’estesa crisi di liquidità da parte dell’intero comparto bancario. D’altronde, gli analisti avevano già messo in evidenza come, perlomeno dal mese di settembre, i deflussi finanziari (cioè la vendita di obbligazioni per ricavarne liquidità monetaria) era notevolmente aumentata e la stessa raccolta di fondi di liquidità (cioè di strumenti monetari) era diminuita di quasi un miliardo di euro. I risparmiatori non si fidano più di nessuno strumento finanziario che non siano i biglietti di banca.

Perfino un Paese come l’Islanda – dove negli anni scorsi si era registrata un’espansione molto forte degli istituti di credito – oggi ha visto precipitare sull’orlo del fallimento le più grandi banche. E così anche in quel Paese, il primo ministro conservatore Geir Haarde ha dovuto introdurre norme più forti per tutelare i risparmiatori presi dal panico.
Oggi come oggi nessuno è in grado di intravedere in quale punto della tempesta finanziaria il mondo si trova. Non sono pochi gli analisti che temono non solo la propagazione della crisi sulle banche europee (fenomeno già evidente) ma le ripercussioni che ciò può produrre sull’economia reale, in conseguenza di una stretta creditizia che avrebbe effetti disastrosi sulle imprese. A quel punto la crisi sarebbe globale: un incubo cui fino a qualche settimana fa nessuno voleva credere

dazebao

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