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Le comunità Rom ai margini della società ma serve un abbandono graduale dei campi

Publie le sabato 17 marzo 2007 par Open-Publishing

I pregiudizi sono duri a morire e sono, purtroppo, onnipresenti nella nostra penisola. Si è portati a giudicare, come si suol dire, - per sentito dire – e mai per avere una reale conoscenza dei fatti. E’ questo l’istinto che è prevalso in questi giorni tra alcuni abitanti del Lazio, motivato da un un’imminente trasferimento dei Rom da Roma verso altri comuni. Otto sindaci, dopo aver appreso la notizia, hanno lanciato l’allarme, che ha successivamente dato luogo a pesanti proteste che rischiano di sfociare nell’intolleranza. Il 13 marzo, il Presidente Marrazzo e il prefetto Serra, hanno convocato i primi cittadini per assicurare che nei loro comuni di competenza non ci sarà nessun trasferimento. Il progetto, considerando l’alto numero di Rom/Sinti presenti nella capitale, circa 15 mila persone, prevedeva il trasferimento verso tutte le provincie laziali di piccoli gruppi di nomadi (ex-nomadi in realtà in quanto provenienti da paesi dell’Est dove vivevano in casa) in modo da decongestionare la situazione attuale. Un progetto dall’epilogo negativo.
“Sono perplesso – commenta Massimo Converso, presidente Nazionale dell’Opera Nomadi – un progetto così complesso, va concertato attraverso un accordo preventivo con le amministrazioni locali. Inoltre, noi come associazione, che da 41 anni ci occupiamo di queste popolazioni non siamo stati consultati per dare suggerimenti concreti, affinchè si potesse raggiungere una soluzione a tali problemi.”
Gli sgomberi forzati da un’area ad un’altra si sono rivelati inefficaci. Sono palliativi che amplificano ancora di più l’emarginazione e la ghettizzazione di questi popoli. In special modo nell’area metropolitana romana, che è la più vasta d’Europa e dove sono moltissime le zone degradate ai margini della città che inevitabilmente diventano le mete ultime per gli insediamenti dei Rom.
Abbattere le baraccopoli, con l’ausilio della Protezione Civile, a favore di microaree con prefabbricati dotati di servizi igienici autonomi per ciascuna famiglia, potrebbe essere una soluzione. Ma resta il fatto che la migliore strategia sia quella di creare i presupposti tesi ad un concreto inserimento sociale e scolastico nelle comunità ospitanti.
Esistono già risultati positivi in tal senso. Esempi di perfetta integrazione in diverse zone sparse su tutto il territorio nazionale.
L’ Opera Nomadi sta portando avanti un progetto con alcune amministrazioni comunali, che prevede la delocalizzazione dai campi ad unità abitative. I sindaci di alcuni comuni hanno dato la loro disponibilità per accogliere alcune - famiglie estese - , gruppi familiari con più di una generazione di persone tra loro imparentate (in genere non più di 50 o 60 individui), in locali ristrutturati. In questo modo i bambini avranno l’obbligo di frequentare le scuole e i loro genitori disporranno di un posto di lavoro nelle aziende locali e di licenze di commercio. L’abbandono graduale dai “campi nomadi” verso l’inserimento nelle comunità italiane, è un percorso già adottato con successo. Nella prossima settimana inoltre le associazioni sensibili a queste tematiche incontreranno i rappresentanti del Governo. Proposte, queste, che lasciano intendere che qualcosa si sta muovendo nel Lazio. Un’azione pratica che alimenta la speranza verso l’integrazione dei popoli.

Liberazione, 17 marzo 2007