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Le donne e la loro grazia

Publie le giovedì 15 ottobre 2009 par Open-Publishing
3 commenti

di seguito alcuni stralci dell’intervista alla scrittrice Grazia Verasani.
Link dell’intervista completa

E se dovessi aggiungere una postilla sull’utilizzo mediatico oggi della figura femminile?

Trent’anni di tv commerciale hanno ridotto le donne a oggetti di consumo di un erotismo mercaticcio e avvilente, da sagra di paese, inoculando negli uomini che più risentono di “ansie da prestazione” una sotterranea frustrazione (che diventa rancore) in cui si plaudono le performance sessuali di un politico come a un concerto di Franco Califano. Le ragazze di Palazzo Grazioli, come moderne Mata Hari provviste di registratore, ci hanno dimostrato la ricattabilità (e quindi la vulnerabilità) del potere (e i rischi che potrebbe correre il paese). Ma sono loro le prime complici a delinquere di uno squallore che le trasforma da “sgualdrine impenitenti” a star delle inaugurazioni di centri commerciali. Ecco, credo che madri, padri, insegnanti, debbano spiegare a ragazze/i che ingannare la propria coscienza con furbizie d’alcova è il più grande autogol a cui può prestarsi una donna (e anche un uomo)… dal momento che vendersi è vendersi, anche se lo fai alla luce del sole.

Si può dire che è un circolo vizioso, ovvero che l’inadeguatezza degli uomini contribuisca all’insicurezza delle donne?

Ho conosciuto uomini, soprattutto nel lavoro, incapaci di concepire il rapporto uomo/donna come uno scambio alla pari. Uomini che, se accusati di misoginia, ti dicono che non conoscono il significato della parola e amano le donne alla follia (certo, a patto che siano belle, e sottomesse ai loro “superiori”). Non è raro che a una donna carina e intelligente si associ una “tendenza lesbica”, o che si dica “è un uomo mancato”. La cosa preoccupante è che tutto ciò riguarda anche una parte di uomini “illuminati”. Credo che questi pregiudizi si possano controbattere con un’informazione alternativa, oltre che in famiglia e nelle scuole, partendo dalle nuove generazioni… Credo che gli uomini debbano ritrovare la maniera di “proteggere” le donne in un momento in cui le vessazioni contro un sesso si ritorcono inevitabilmente anche contro l’altro. E credo che le donne debbano solidarizzare maggiormente tra loro, evitando di ricalcare compiaciuti modelli maschili.


A pagina 58 fai dire a Johnny Riva, vicino di casa della Cantini: «Ci sono troppe donne, sulla terra, e mi intenerisco a vederle andare in crisi per la forza di gravità. Sono così insicure. É quando la bellezza sfiorisce che comincia il fascino, le rassicuro.» Mi servo del tuo nome per azzardare un’espressione metaforica: è come se le donne non avessero grazia nel rapportarsi a se stesse. Ti chiedo di approfondire il divario tra insicurezza femminile e inconsapevolezza del fascino.

Conosco donne mature, plurilaureate, che fanno continue iniezioni di botulino. Un altro autogol. Più la società ci vuole giovani e desiderabili, più ci acclimatiamo a una richiesta di mercato dove apparire al meglio è garanzia di “essere amate”. Che errore… Ma io confido molto nell’intelligenza maschile, di quella che sceglie compagne coetanee, che preferisce la personalità (il fascino) a una levigatezza (finta o autentica che sia) senza carattere. Nell’antichità, le strade si chiamavano “rughe”. Non è meraviglioso? In quest’immagine c’è tutto l’attraversamento, il transito, di chi ha camminato, generazione dopo generazione, sulla terra. E la dolcezza di invecchiare come vicoli e pietre di una città che ne ha viste tante…

Cosa secondo te, magari a livello di iniziativa sociale o di educazione, potrebbe modificare questa proiezione nella dimensione-apparenza della categoria femminile?

In primo luogo, la critica e il dissenso. Esercitare un antagonismo, un’opposizione efficace, capillare, energica, altruistica, verso tutto ciò che tende a far retrocedere il progresso sociale, rieducare al valore della vera bellezza, comprendere che la felicità non è rimuovere i problemi attraverso una manipolazione mediatica “barzellettaia”, che l’ottimismo non è uno spot per creduloni da superenalotto, che il sesso (anche quello mercenario) non è scevro dal rispetto di se stessi e dell’altro, che i sentimenti non sono cose che si comprano come nella pubblicità degli orologi, che leggere libri è vivere meglio, e così andare al cinema, a teatro e ai concerti. Che la cultura non è sinonimo di noia, e che precede la politica, non ne è a ruota (come diceva Pavese). Che gli intellettuali devono tornare a essere “utili”. Che la meritocrazia non è solo una parola per farsi belli nei comizi. Che l’ingiustizia che tocca uno tocca tutti. E poi, per tornare all’argomento di cui parla Di tutti e di nessuno: che è vergognoso fare parte di un mondo dove una tredicenne di nome Carmela, stuprata senza essere creduta, si toglie la vita… – e vergognoso, anche, sentirne parlare alla tv come di un corpo, una vittima tra le tante, e non come di una persona…

Link dell’intervista completa

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