Home > Le donne italiane, gli asili e il lavoro

Le donne italiane, gli asili e il lavoro

Publie le venerdì 9 marzo 2007 par Open-Publishing

Siamo l’ultimo paese in Europa in fatto di aiuto alle donne madri, in fatto di asili, in fatto di riconoscimento politico, sociale ed economico della donna e di tutela del bambino.

Siamo il paese dove il numero di asili e’ minore, in cambio stanno aperti meno ore e costano di piu’. Un asilo comunale costa in media, per ogni bambino, 290 euro al mese! Troppo! E migliaia di bambini non hanno un posto in un asilo comunale, specie al Sud.

Non ci sono aiuti per le ragazze madri, non ci sono aiuti per i figli di famiglie povere, non ci sono case popolari, non ci sono abbastanza sovvenzioni per i ragazzi non ricchi che vogliano proseguire gli studi (Berlusconi. “Ma volete che il figlio di un operaio abbia la tesse possibilita’ del figlio di un professionista?”).

Il governo Prodi fa qualcosa ma e’ sempre troppo poco rispetto al fabbisogno e il carovita continua ad aumentare in modo pauroso senza che nessuno intenda frenarlo.

La vita di chi ha poco reddito e vuole mettere al mondo figli e’ drammatica. Si comincia dal parto con ospedali che rifiutano di accogliere la partoriente prima che le doglie siano quasi a termine e che la sbattono fuori subito dopo il parto, anche dopo un cesareo o un parto difficile. Si continua con la carenza di aiuti, di casa, di possibilita’ di studio o di lavoro, per arrivare alle discriminazioni sociali, economiche, politiche, in un crescendo, con una Chiesa che mentre figura come una delle massime sostenitrici della famiglia, in realta’ fornisce solo scuole e asili ad alto prezzo e si disinteressa totalmente delle donne e dei nati, concentrandosi solo in guerre assurde come quella a difesa degli embrioni o contro o i gay.

Nel panorama italiano, il Lazio costituisce un’isola felice.
Roma e’ la citta’ meno cara d’Italia per le tariffe del tempo pieno. A Roma la retta e’ di 146 € al mese. Tuttavia il 40% dei bambini, anche a Roma, resta esclusa dagli asili pubblici.
In tutto il Lazio solo il 6,5% dei bambini aventi diritto dispone di un asilo e questa percentuale e’ superiore alla media nazionale.

Giustamente il Governo Prodi ha predisposto nuovi asili. Gli asili nidi sono un vero banco di prova per Governo, Regioni ed Amministrazioni comunali in merito a tre questioni chiave: Sud, politiche per la famiglia e occupazione femminile.

In Italia gli asili nido sono tremendamente pochi, con gli orari piu’ ridotti d’Europa, costano piu’ cari, hanno meno sovvenzioni statali degli altri e esistono solo in alcune regioni, per di piu’ non sempre la qualita’ del servizio e’ buona. E gia’ la Moratti taglio’ sui mezzi pubblici necessari per accompagnare i bambini a scuola, sugli insegnanti di sostegno, sui mezzi didattici… su tutto.

La Finanziaria prevede lo stanziamento di 100 milioni di euro per ogni anno per le scuole della prima infanzia ma questi, secondo noi, sono veramente pochi. Possiamo commisurarli alle spese che la Finanziaria ha previsto per maggiori armamenti: 21 miliardi e 144 milioni di euro! Ogni commento e’ superfluo! La spesa in armi e’ 200 volte superiore alla spesa in bambini!

Mentre andiamo a sparacchiare chissa’ dove e chissa’ per chi, un nostro bambino su tre non ha diritto alla scuola materna. E resta abbandonato da uno Stato guerriero ma poco padre.

Nell’Europa dei 15 sugli asili siamo all’11° posto. Il numero dei posti e’ sotto il 10%, mentre in Europa e’ il 40-50%. Nel Sud non ci sono quasi asili, siamo all1%.

E ci sono assurde e anticostituzionali disparita’ di costi tra regioni per cui gli asili di una possono costare il triplo di un’altra. Ad esempio, a Lecco la spesa per la retta mensile, di 572 €, più che tripla rispetto a Roma (146 €), piu’ che doppia rispetto a Milano (232 €). La Calabria e’ la regione piu’ economica (130 €), il Trentino la piu’ costosa (405 €).
Capite da voi che una famiglia a basso reddito non puo’ certo sostenere la spesa di 405 o 572% al mese per l’asilo, e cio’ si riversa sulla donna che e’ costretta a non lavorare.

Queste disparita’ ledono il principio fondamentale di uguaglianza della Costituzione (art. 3). Le sovvenzioni statali in Europa sono tra il 90 e il 100%, in Italia dell’80%.

Persino i costi degli asili privati (quasi tutti cattolici) sono i piu’ alti d’Europa.

La regione che ha piu’ nidi e’ la Lombardia (603 strutture con 27.000 posti disponibili), segue l’Emilia Romagna (513 nidi e 23.262 posti) e la Toscana (397 strutture e 14.338 posti). Il servizio di asilo nido pubblico e’ presente solo nel 16% dei comuni italiani, il 58% e’ a Nord, il 28% al Centro e solo il 14% al Sud.

Nel 1979 si previdero 3.800 asili, oggi, 2007, ce ne sono 3.000.
I bambini sotto i 3 anni in Italia, 2 milioni, sono coperti per il 5,9%, ma Campania e Calabria non arrivano all’1%. E’ una vergogna!

Parallelamente alla carenza di strutture, l’incidenza del lavoro femminile e’ bassa, la peggiore d’Europa. Per aumentarla e portarla al 60% (obiettivi di Lisbona) si dovrebbe aumentare l’offerta di asili del 33%.

L’Europa delle banche e delle corporazioni non e’ molto gentile con le donne.

A parita’ di titolo di studio e di competenze, le donne in Europa guadagnano ancora il 20% in meno degli uomini. In Inghilterra se resti incinta, sei licenziata. Non esistevano permessi per maternita’ e solo da poco il governo concede a certe categorie un anno di permesso non retribuito, che pero’ mantiene il posto di lavoro. Una donna che lavora, appena ha un figlio, perde 45 punti rispetto a un uomo, e’ immediatamente squalificata se non licenziata.

Non sembra che le varie chiese cristiane si siano curate molto della cosa. In genere la chiesa cattolica si limita a predicare la nascita di molti figli e di vietare ogni sorta di contraccettivo non curandosi poi di provvedere al dopo, in un menefreghismo cinico e assassino.

Ogni maternita’ penalizza la carriera. Ergo: il lavoro e’ possibile solo nei pochi stati dove la donna e’ riconosciuta nei suoi pieni diritti. Ma il cammino e’ lungo. Lo stesso governo Zapatero che ha 8 ministri donne e 8 uomini, vede 8 ministri che hanno in tutto 24 bambini, e 8 ministre che ne hanno solo 5.

Insomma se scegli di fare un figlio o magari due, la prima cosa che salta e’ la tua carriera, la seconda, facilissima e’ che salti anche il posto di lavoro, cio’ accade in Italia nel 5,6% dei casi e altrove anche di piu’. Spesso i contratti non vengono rinnovati e la tua laurea, il tuo master o la tua bravura sai dove te li puoi mettere, con tanti ringraziamenti a Stato e Chiesa, che sono ugualmente privilegiati nel loro potere maschilista e spregiudicato.

Le Italiane sono brave e intelligenti, danno il 58% di laureati di tutta la Comunita’ europea, ma i poteri costituiti, Stato, Chiesa e partiti, le scoraggiano in ogni modo, e quando proprio non possono evitare che diventino eccellenze le spingono a lavorare all’estero.

La rigidita’ di questo sistema e’ la prima causa della denatalita’ italiana, inutile lamentare il calo demografico (negli asili il 17% dei bambini e’ ormai extracomunitario), se poi si continua con politiche di apartheid che, in casa come in chiesa come sul posto di lavoro, continuano a considerare la donna un essere inferiore.

..

http://www.masadaweb.org

"Il sesso sbagliato"