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Le false opzioni della politica: unicità del modello sociale

Publie le mercoledì 18 gennaio 2006 par Open-Publishing

di Tenebrio Molitor

Quanto ci sarà costato, di qui alla sua fine imminente, il rampantismo incolto e tracotante incarnato dalla destra al potere?

Il clima da basso impero che accompagna il tracollo del berlusconismo ha mietuto già fior di vittime. La democrazia, innanzitutto, retrocessa da dimensione di vita a prassi quinquennale analoga al televoto.

L’informazione poi (che sta alla verità come i raggi al sole, vale a dire come una imprescindibile estensione), depurata dei pochi informatori onesti, si è ridotta al suo contrario, cioè alla propagazione perniciosa non soltanto di false interpretazioni del reale, quanto di un nulla che essa stessa partorisce, ingrassa e certifica (un esempio per tutti: per una settimana il 90% dei notiziari e delle notizie si incentra sulle clamorose rivelazioni ai giudici fatte dal presidente del consiglio: il nulla, appunto).

E ancora: la verità storica, la politica come servizio, il senso dello Stato, l’uguaglianza di fronte alla legge, il rispetto dele istituzioni, il senso civico, etc., immolato tutto sull’altare del tornaconto privato.

L’attacco sferrato ai capisaldi della convivenza sociale è stato spietato e non ha trovato anticorpi a contrastarlo. Il prossimo ex-leader Berluscone (che resti declinato al singolare, per carità!) non è apparso dall’oggi al domani, bensì è il frutto di un’opera di demolizione culturale, antropologica, addirittura biologica, avviata trent’anni fa dalla c.d. tv commerciale e sostanzialmente avallata da una controparte politica penosamente priva di ancoraggi e di sogni.

L’arrogante esercizio del potere cui tutt’oggi assistiamo promana dall’arroganza con cui il Craxi di allora ribaltava gli assetti normativi a garanzia degli interessi Fininvest, dalla protervia con cui circuiva i lavoratori nella svendita della scala mobile verso il miraggio di una concertazione che ha sempre funzionato unilateralmente Nulla si è opposto, da sinistra, alla dismissione delle conquiste civili e sindacali, se non l’acquiescenza a un liberismo di ritorno quale unica ideologia.

Così si è finito per dare ragione a Craxi, che non a caso è in via di riabilitazione. La storia ha dimostrato che da tangentopoli in poi la politica in Italia è un’opzione superflua: che governi Prodi, D’Alema, Amato o Berluscone, il solco rimane lo stesso, quello di assecondare la chiesa, di agevolare le imprese, di sacrificare il lavoro dipendente, di ridimensionare l’istruzione pubblica, di privatizzare il sistema informativo, di abbassare le garanzie sociali, di conformare il paese a un modello produttivo cui non si immagina alternativa possibile.

E’ questo il danno più grave e profondo: il prevalere indiscusso di un modello di Stato e di società divulgato catodicamente, culminato nel "solo modello possibile" e universalmente accettato come tale. "Semplificazione" è stata l’arma più contundente brandita dal revisionismo nostrano, un fraudolento concetto impugnato per carpire consensi a buon mercato, e non da oggi. "Torna a casa in tutta fretta, c’è un biscione che ti aspetta" (chi lo rammenta?) fu il serpentesco slogan con cui Canale 5, agli albori della televisizzazione del costume, diede l’assalto alle meningi collettive.

Era già un progetto politico, era già un’idea di vita e di società: la casa quale locus optimum per il contenimento delle pulsioni associative, il contatto mediatico come indispensabile tramite alla (ma al contempo come riparo dalla) realtà esterna, e perciò la televisione come definitivo crisma del reale: ciò che non è in tv (e chi non è in tv) non è.

L’unica emozione è la fiction, l’unica degna esistenza quella entro il palinsesto. Il berlusconismo è stato, oltre che un male in sé, l’avamposto del nulla massmediologico che ha forgiato un prototipo umano incentrato sulla microcefalia acritica e sull’accettazione di ogni nefandezza purché purificata a mezzo etere.

Una comunità ridotta a discettare del valore sociologico del Grande Fratello, della sessuologia vaudeville sceneggiata da Maria De Filippi, del quiz catodico come strumento di integrazione fra le classi, è una comunità vuotocentrica, abitata da spiriti vacui e ispirata a un pensiero che non soltanto è unico ma è per di più un pensiero-ombra, uno sterile riflesso dello schermo (acceso o spento che sia), un "non pensiero".

La semplificazione, cioè, ha finito per produrre l’auspicata mutazione storico-culturale, basata su condivise baggianate: che le dittature siano tutte uguali, che i partigiani abbiano ucciso come i fascisti, che è bravo soltanto chi fa i soldi, che la morale con la politica non c’entra, che meno sono le regole e più è la libertà, etc.

Consimili profonde conclusioni Berluscone ha inculcato nel tele-utente medio, causandone al contempo la decerebrazione e l’asservimento. La storia (sempre lei) ha già dimostrato pure che la c.d. opposizione non ha alcunché da opporre a siffatta visione del mondo, rivelandosi molto più angusta e fatua dei suoi stessi elettori.

Ci vuole poco a catalogare quali valori fondanti la legalità, la giustizia sostanziale, la solidarietà civile; altro è trasfondere tali valori in un modello di società realizzabile. Se Prodi ancora ieri era amareggiato per i PACS, noi cittadini lo siamo per una citadinanza svuotata via via di contenuti.

Quanti saranno quelli che, semplificazione per semplificazione, abdicheranno anche all’ultimo e meno proficuo dei diritti, quello di scegliere la meno nauseante tra le profferte elettorali? Di questo maggiormente dovrebbe amareggiarsi Prodi, e non lui solo.