Home > Le guerre degli speculatori
Il petrolio ha raggiunto la cosiddetta soglia psicologica dei 100 dollari al barile e si prevede che continuera’ a salire nel primo trimestre del 2008.
Gennaio: il gasolio nei distributori Api-Ip e’ arrivato a 1,327 euro al litro, la benzina sfiora gli 1,4 euro al litro. Ma il consumatore italiano e’ bloccato in un’assuefazione ipnotica e il governo e’ nel sonnambulismo totale rispetto a rigore, stretta agli sprechi e piano energetico nazionale.
Mentre altri paesi convertono in energia fin i loro rifiuti e si quotano in Borsa, noi annaspiamo tra rigassificatori che nessuna regione vuole, inceneritori cancerogeni, cumuli di immondizia gestiti dalla camorra e da amministratori corrotti, mentre il sole, le correnti marine e il vento si sprecano senza alcun utilizzo e i nostri cervelli migliori prendono la via dell’estero per fornire altrove quella ricerca che qui e’ scartata per l’arricchimento di troppe teste di zucca.
L’unica cosa che sappiamo fare e’ non impedire l’aumento speculativo del 27% del prezzo del pane, in vista dei terreni che saranno convertiti da grano a biocombustibili, quando questi terreni non sono stati nemmeno seminati a biomasse. E il governo dice che “aprira’ un osservatorio”!? Si parla ipocritamente di un aumento di 410 euro per le famiglie per il caro benzina, senza sommare tutti gli altri rincari dovuti al trasporto delle merci e all’avidita’ mai frenata dei nostri mediatori e bottegai e alle bollette impazzite. Il totale dara’ una ulteriore botta all’in giu’ per la maggioranza del paese, gia’ tartassata dal precariato e dalla riduzione del welfare, non certo di chi gode di rendite parassitarie o di rincari forzosi che lui stesso graziosamente e senza scrupolo si regala.
Il presidente dell’Opec attribuisce gli aumenti dei prezzi dei carburanti ad una congerie di elementi fasulli: i disordini in Nigeria, le tensioni in Pakistan, persino la crisi innescata dai subprime, tra poco si appoggera’ anche alla sconfitta dei Clinton. Il petrolio ha l’onore di veder riversati sul suo prezzo tutti i gravi errori della politica militare e finanziaria dell’amministrazione repubblicana. E’ diventato la stella al merito nel neoliberismo rampante e la misura della sua ignominia.
Non ci vuole molto a capire che, se il petrolio sale, gli speculatori godono e possono pure raccontarci che la causa sono i barboni che muoiono di freddo a New York, noi sappiamo che la base di tutto e’ la loro avidita’ spaventosa, quella a cui si deve la montagna di morti in Medio Oriente e la distruzione perpetrata a freddo di due paesi per la gloria finanziaria delle corporation.
Che aspettano i paesi del mondo a staccare la loro valuta dal dollaro e le loro sorti future dalla sicura disfatta americana?
Vorrei avere qui la registrazione di qualche anno fa di un Ferrara, anima nera della menzogna piu’ sporca, che sbeffeggia chi si prova a dire che l’attacco all’Iraq e’ il secondo atto di una guerra per il petrolio, tacciando i dissidenti di nefandezza ideologica.
Ora nessuno oserebbe ripetere le sue aberrazioni su quelle che nella storia passeranno come le guerre petrolifere, o meglio energetiche, gas compreso, che hanno devastato il Medio Oriente e hanno messo il mondo sull’orlo di una gravissima crisi, distruggendo i pur debolissimi organismi internazionali.
Ma in pochissimi anni il panorama internazionale e’ mutato. Nella crisi di un’America bushiana sempre piu’ incomprensibile e suicida, avanzano nuove potenze, una Russia che Putin smuove come un maglio inflessibile, una Cina convertita a un industrialismo sfrenato e inquinante, un’India il cui PIl aumenta dell’8%.
La vittoria di Obama non cambiera’ molto questi scenari, visto che da sempre le due amministrazioni proseguono una stessa politica estera di conquista e predazione con analoga distruzione di diritti fondamentali dell’uomo e dei popoli.
Finira’ mai lo strapotere americano?
Finira’ mai il governo delle corporation sul mondo? Quello che per la gola profonda di 200 gruppi di magnati ha messo in ginocchio l’America e ha reso problematico il nostro futuro?
Cesseremo mai di sentire le menzogne di quel neoliberismo che sventola i miti delle necessita’ di un mercato e gli abomini di una Borsa fuori controllo, come la nuova religione materialista che ha preso il posto dei vari fideismi?
Joseph Stiglitz ricorda che l’era delle guerre del petrolio e’ minacciata dai suoi stessi presupposti. Sono proprio tre elementi sostanziali del neoliberismo a metterne in crisi la tenuta:
– la deviazione della Cina verso un industrialismo selvaggio a impronta americana, col gigantesco aumento di produttivita’ e l’esportazione della propria deflazione,
– l´abbassamento dei tassi d´interesse con la creazione di mutui fuori controllo che ha prodotto la bolla speculativa del mercato immobiliare,
– la riduzione al minimo di sopravvivenza dei salari per lo sfruttamento indiscriminato della forza-lavoro, considerata un costo da diminuire per massimizzare i ricavi, con la cooperazione vile dei governi pur di fronte alla crescita del caro-vita e alla distruzione dello stato sociale.
Ma il risultato di questo programma neoliberista e’ grottesco: i paesi che hanno governato la cordata neoliberista occidentale sono in crisi, agganciati alla fallimentare locomotiva americana da cui non si staccano e di cui sentiranno tutti i presupposti, mentre i paesi in via di sviluppo hanno migliorato i loro standard, soprattutto le due grandi potenze, Cina e India, mentre stanno evolvendo molti stati africani. Insomma i giochi del mondo stanno rapidamente cambiando.
Ma e’ sull’energia che si misurera’ la differenza di futuro.
Al momento il divario tra un paese ricco e uno emergente e’ 32, il che vuol dire che un cittadino americano consuma 32 volte piu’ petrolio e metallo di uno africano, e in parallelo inquina 32 volte di piu’. La Cina, che ha tutt’ora enormi plaghe agrarie immiserite, ha portato questo indice a 11, ma il suo trend sembra inarrestabile e anche la corsa dei paesi poveri africani e asiatici prosegue costantemente.
Questo vuol dire che, non potendo il globo arrivare a 70 miliardi di abitanti, cambieranno necessariamente le politiche demografiche ma cambieranno soprattutto le politiche produttive ed energetiche. E’ giocoforza che cio’ avvenga e la stessa Cina si e’ accorta che l’inquinamento le costa il 5% del PIL. E sarebbe bene se ne accorgesse anche l’India, visto che entro il 2030 il 70% dell’aumento dell’inquinamento globale sara’ dovuto proprio a Cina e India.
Se non saranno i governi, sara’ la crisi del pianeta oltre alla depauperazione della sua popolazione a dichiarare criminale il piano neoliberista imposto al mondo dalla potenza USA.
Ma non aspettiamoci una rivoluzione di popoli quanto un crollo della Borsa, il massimo indicatore della rovina degli squali. E sara’ anche "l’amplificazione nel cambiamento climatico globale" a rivelare agli occhi degli illusi la catastrofe che e’ stata perpetrata sul mondo.
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da Nuovo Masada