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Le responsabilità di Blair nel disastro dell’Europa

Publie le mercoledì 9 maggio 2007 par Open-Publishing

Le responsabilità di Blair nel disastro dell’Europa
ASTRIT DAKLI

Non è un buon esito quello che, come largamente previsto, hanno avuto le elezioni amministrative in Gran Bretagna: né per quel paese né per l’Europa. Non a caso il premier Tony Blair si è subito affannato a dire il contrario, cioè che le cose sono andate meglio - o meno peggio - di quanto si temesse, e che il Labour può ora pensare a una vittoria nelle prossime elezioni politiche, fra due anni: la responsabilità del crollo laburista e del successo dei partiti nazionalisti e dei tories è infatti largamente sua e non sarà comunque lui a dover rimettere insieme i cocci, visto che sta per andarsene.
E’ una responsabilità pesante quella che ricade su Blair, e non riguarda solo il suo paese: la responsabilità di aver ridotto la politica ad arbitraggio (con regole truccate) della continua competizione in cui la vita della gente è stata trasformata. Per giunta, un arbitraggio svolto per molti aspetti in conto terzi, su commissione degli Stati uniti. La Gran Bretagna di Tony Blair ha avuto un ruolo trainante, fondamentale, nell’imporre al continente il modello neoliberista americano, e insieme nel bloccare il processo politico di unificazione (già debole e semiparalizzato per conto suo), mettendo il veto a tutte le ipotesi di leggi europee con un qualche contenuto sociale. Ha voluto fortemente includere alla svelta nell’Unione europea, solo sulla base di parametri economici (e forzando anche quelli) tutti i paesi dell’ex realsocialismo, anche se di incerta solidità democratica e in preda a onde emotive nazionalistiche del tutto incompatibili con l’idea di Europa comune: accettavano facilmente il modello liberista, proprio come leva per scardinare il proprio passato, e tanto bastava. Peggio ancora, l’ascendenza "socialista" di Blair ha dato alibi e copertura anche alle forze politiche (e sindacali) che in Europa avrebbero potuto e dovuto opporsi a questa deriva, e invece hanno finito per accettarla e interiorizzarla - Partito democratico compreso.
Ma i nodi prima o poi vengono al pettine. Quel che è ora successo in Scozia e nel Galles preannuncia tempi difficili in Gran Bretagna e tempesta su quel che resta dell’Europa unitaria. Di fronte alla perdita di veri ideali, politici e umanitari, capaci di tenere insieme il carrozzone e di dare un senso alla democrazia, sostituiti da "ferree leggi" di compatibilità finanziarie neoliberiste, i cittadini europei si rifugiano nella difesa del loro particolare, quale che sia, e nel rifiuto di mettersi in comune con altri, dando e ricevendo. Il caso scozzese potrebbe alla fine non essere così diverso da quello dell’Estonia: e tutti e due avranno un riferimento e uno specchio politico nella francité di Nicolas Sarkozy - se com’è purtroppo probabile questa sera sarà lui ad ottenere le chiavi dell’Eliseo.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/06-Maggio-2007/art14.html