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Le tasse non si possono tagliare? «E allora si possono evadere»

Publie le giovedì 11 novembre 2004 par Open-Publishing

di red

Se il taglio delle tasse non gli è riuscito Berlusconi ha subito pronto una soluzione alternativa per gli italiani: evaderle. È più o meno quello che ha detto oggi il premier durante una visita al comando generale della Guardia di Finanza di Roma. «C’è una norma di diritto naturale - ha spiegato Berlusconi - che dice che, se lo Stato ti chiede un terzo di quello che, con tanta fatica hai guadagnato, ti sembra una richiesta giusta e glielo dai. Se ti chiede di più, o molto di più, c’è una sopraffazione dello Stato nei tuoi confronti. Allora - ha continuato - ti ingegni per trovare dei sistemi elusivi o addirittura evasivi che senti in sintonia con il tuo intimo sentimento di moralità e che non ti fanno sentire colpevole». Insomma un modo per "rubare" allo Stato e sapere che in fondo non è colpa tua, ma è lo Stato che ti costringe a farlo. Così il premier giustifica lo sforzo di dover «arrivare a questo terzo unanimemente considerato come limite massimo», ma ammette anche che se non ci si riesce i cittadini possono sentirsi in diritto di evadere.

Sul taglio mancato c’è grande delusione da parte di Berlusconi. Ma non solo per lui. Anche per i milioni di elettori che hanno votato questo governo dando credito agli slogan lanciati dai maxi-cartelloni pubblicitari del premier. Anche il presidente della Confcommercio, Sergio Billè esprime il suo disappunto per la promessa sfumata. «Alla fine è andata nel solo modo in cui poteva andare perchè, quando i soldi non ci sono, non si possono certo inventare. Ma allora perchè, per mesi e mesi, si sono volute illudere milioni di famiglie discutendo del sesso degli angeli?».

Il giudizio di Billè sulle misure della riforma fiscale è netto: «Sarebbe stato meglio, usando il pallottoliere, dire per tempo agli italiani la verità sui nostri conti e questo avrebbe risolto un problema etico prima ancora che politico rendendo così anche meno amara e più digeribile la pillola che ora si vuole far loro ingoiare».

E il presidente della Confcommercio avanza anche seri dubbi sulle parti della manovra che ancora sono praticabili: l’abbassamento della base imponibile per le famiglie con redditi bassi e la riduzione dell’Irap sulle piccole imprese. «Non vorremmo che alla fine, anche su questo versante, potessero esserci altre amare sorprese». Billè riflette anche su «come la riduzione dell’Irap potrà essere finalizzata anche per il rilancio della ricerca e non vorremmo che anche queste risorse sparissero, come già accaduto altre volte, sotto qualche tuta mimetica».

Dopo la fumata nera del vertice di martedì, dopo la bocciatura della Finanziaria da parte del Fmi, e dopo la valanga di critiche che hanno travolto il governo, svanisce il sogno berlusconiano di passare alla storia come «colui che abbassò le tasse». Resta solo il vuoto di un disegno di legge fatto di tante parole ideali e di pochi numeri concreti.

Ma Berlusconi ha sempre una risposta pronta. Il rinvio delle promesse non dipende da lui: «Abbiamo pagato una situazione che viene dal passato, con la moltiplicazione per otto del debito pubblico dall’80. Ci dobbiamo confrontare con sei punti di Pil di costo di questo debito. E alla gestione avventuristica della spesa statale degli anni scorsi - continua implacabile il premier - si aggiungono in vincoli troppo rigidi imposti dal Trattato di Maastricht per il rispetto della quota del 3% nel rapporto deficit-pil». E, comunque, non ammette la caduta: «Nonostante tutto abbiamo rispettato l’impegno con gli italiani di tagliare le tasse entro la legislatura».

Solo ora il Cavaliere si accorge che «realisticamente le cifre non consentono di fare ciò che vorremmo fare». Ma non demorde sulla strada delle promesse: «senza date e senza impegni, ma l’obiettivo a cui bisogna arrivare è chiaro: il cittadino deve pagare solo il 33% di tasse, altrimenti, il rischio, è l’evasione totale». Senza date e senza impegni, come siamo lontani dai contratti firmati da Vespa.

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