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di PAOLO CONTI
FIRENZE - «Non raccontammo nulla per non addolorare un grande poeta e un uomo di novant’anni», confida l’italianista Umberto Carpi, ex docente di letteratura italiana a Roma e Pisa ma anche ex sottosegretario all’Industria nei governi dell’Ulivo, ora sindaco del piccolo comune pisano di Crespina. C’è dunque un giallo mai svelato, nelle ultime settimane di vita di Mario Luzi. È lunedì sera, sono le 20, il suo volto candido e affilato si scorge appena dalla bara deposta al centro della sala d’Armi a Palazzo Vecchio. C’è gelo, silenzio, pace. Ma fino a qualche giorno fa, intorno a quell’uomo, che ora sembra fatto d’aria, c’è stata una tempesta: non poetica ma politica. Non sull’opera letteraria ma sul senatore a vita.
Un passo indietro. È sabato 11 dicembre 2004, siamo a Lucca. Si apre il convegno dell’Aislli, l’Associazione internazionale per gli studi di lingua e letteratura italiana, con una giornata dedicata a Mario Luzi. Il quale regolarmente arriva, pacato e sorridente. Ma tra gli italianisti, guidati dal professor Carlo Ossola del Collège de France, serpeggia una notizia: dieci giorni fa il Comune ha tolto patrocinio e finanziamenti. Stupore. Qualcuno ricorda la polemica scoppiata pochi giorni prima dopo un’intervista del poeta a MicrOmega : «I fascisti sono confusi e senza un progetto coerente. E quella di mettere Gianfranco Fini agli esteri è una scelta grottesca e pericolosa». E poi la replica del ministro Maurizio Gasparri: «Non so quali poesie scriva, dice solo sciocchezze. Era meglio, come aveva suggerito Fiorello, nominare senatore a vita Mike Bongiorno». Dunque, quel sabato mattina i professori dell’Aislli, riuniti con discrezione attorno al professor Ossola, riflettono su un dato: la giunta di Lucca (città del presidente del Senato, Marcello Pera) è di centrodestra, guidata da Pietro Fazzi, di Forza Italia. Possibile che sia una rappresaglia politica?
La sede resta quella che era, villa Bettini di proprietà comunale. Ma, secondo gli organizzatori, senza più appoggio né patrocinio effettivo. Continua Carpi: «Ricordo molto bene la pena di quella mattina. Per età e prestigio ci trovavamo di fronte a una delle voci più alte, non solo d’Italia, della nostra epoca. Non rammento alcun rappresentante dell’amministrazione. Ricordo soprattutto lo sconcerto, tra noi italianisti, quando si seppe della marcia indietro del Comune. Ne parlo malvolentieri, ho un grande concetto di quella città. Mi pento ancora di non aver organizzato una raccolta di fondi tra altri comuni della Toscana. Fu un atto sciocco, servile. Per questo decidemmo di continuare, onorando Luzi e tacendo su tutto. Non rivelammo nulla ai giornali perché il poeta non sapesse. Ma ora si può raccontare tutto».
Dal comune di Lucca arriva una durissima e secca smentita da parte del capo ufficio stampa Massimiliano Paluzzi: tutto falso, il convegno fu regolarmente finanziato dal Comune, inclusi i soggiorni dei convegnisti («non Luzi perché ripartì in giornata»). Venne confermata la sede ufficiale. Mancò solo, sostiene Paluzzi, la distribuzione degli atti del precedente convegno su Ungaretti ma solo perché gli estensori delle bozze non avevano presentato il loro lavoro. Ma l’Aislli (e certo non solo Carpi) conferma tutto: il patrocinio mancò. Conclude Carpi: «Dieci giorni dopo la nomina a senatore a vita, dal centrodestra cominciarono subito a contestare Luzi. C’è un dato oggettivo. Al di là di ogni possibile intenzione, gli attacchi a Luzi erano attacchi a Ciampi».
Il poeta dunque si amareggiò non poco per ciò che accadeva intorno al senatore a vita. Racconta la poetessa Alba Donati, che Luzi scelse con pochi altri come «testimone» durante la giornata d’onore che Firenze gli dedicò il 20 ottobre per i suoi novant’anni: «Era senza dubbio turbato, fisicamente affaticato durante quelle polemiche. Certe discussioni affaticano un uomo di novant’anni». Forse un ulteriore carico arrivò dopo l’ultimissimo caso, quello seguito a un articolo apparso su Il Messaggero il 3 gennaio. Nel testo di un’intervista con lui apparve questa frase, attribuita a Luzi, riguardo al famoso episodio del treppiede lanciato contro Berlusconi: «Un po’ se l’è cercata. Sta esagerando. Provoca. Ed è naturale che i risultati siano questi». Spiega Stefano Verdino, anche lui italianista, docente a Verona, curatore delle sue ultime opere: «Si ritrovò al centro di un chiacchiericcio che lo turbò e lo infastidì moltissimo, era abituato al confronto con i giornalisti. Ma non a certi ritmi».
Aggiunge Davide Rondoni, anche lui poeta, legato a Comunione e Liberazione, assai vicino a Luzi negli ultimi anni: «Era molto dispiaciuto, non si aspettava un livello così basso di confronto, si trattava di una battuta al telefono, poi corretta, che ottenne un effetto smisurato. Di lui resterà certo non questo ma la lettura altissima del mondo».
In quanto all’amicizia tra un poeta vicino alla sinistra e un letterato di Cl: «Era un uomo cordiale e molto amico dei nostri ragazzi. Ci univa la certezza della Resurrezione, quindi la Fede. Era un tipo ribaldo, toscanaccio, che amava la frase spiritosa. Ma il suo magistero era quello umano, non politico».
Dice però Leonardo Domenici, sindaco di Firenze: «Non ho avuto la sensazione di un uomo stanco ma anzi rinvigorito da una nuova carica, motivato dalla nomina a senatore a vita. La viveva come un autentico impegno civile: l’aveva presa molto sul serio». Infine l’ultima frase di Verdino: «Vorrei sfatare una leggenda. A Luzi non importò nulla del Nobel mai arrivato. Era incapace di brigare. Magari gli avrebbe fatto piacere. Ma bastava il disordine della sua casa per capire come fosse fatto il vero Luzi. E in quale conto tenesse gli onori».
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