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Le viscere neoreazionarie del Partito Democratico

Publie le venerdì 31 agosto 2007 par Open-Publishing
9 commenti

Giova ricordare che nello scorso autunno, quando la Moratti chiese più agenti di polizia per Milano, la prima risposta del nuovo governo di centro-sinistra prima di cedere al ricatto fu che da due anni gli indici della criminalità erano in calo e che non c’era ragione di mandare a Milano più agenti di quanto Pisanu, il ministro degli interni di centro-destra, aveva ritenuto opportuno quando era in carica. Il dato va ricordato perché fornisce il contesto adatto per analizzare le nuove frequenti teorizzazioni provenienti dagli ambienti del centrosinistra sul fatto che la "legalità" non è di di destra e che "legge e ordine" sono una buona cosa.

L’elezione di Sarkozy ha rappresentato solo un’accelerazione di questo processo (ed un’accelerazione tutta italiana, nell’importazione bipartisan di slogan neoreazionari trans-alpini, nello scenario di un’Europa assai più fredda), del resto già evidente con l’amministrazione Cofferati a Bologna e la gestione delle emergenze sociali tramite il manganello e le ruspe (le cui virtù erano state convenientemente dimenticate quando, prima di diventare sindaco, Cofferati civettava con i movimenti).

In altre parole, occorre distinguere tra una vera emergenza sociale e i dati statistici che la comprovano, e la tendenziosa rappresentazione politico-mediatica che se ne fa, dalle aperture dei TG alle dichiarazioni dei politici, fino agli editoriali dei vari opinion maker della Stampa Libera. Meno che mai sarà oggetto d’indagine come l’impressionabilità degli italiani alla cronaca nera possa essere direttamente correlata ad un disagio sociale proveniente dal generale processo di impoverimento e precarizzazione che colpisce ceti medi e ceti popolari, costretti a gestire un’ansietà crescente.

Ma fin qui niente di nuovo. Sarebbe piuttosto il caso di cominciare ad analizzare la ragione di fondo della strumentalizzazione politica che porta a nuovi onori slogan reazionari rimodellati ad uso della sinistra (uso il termine in senso puramente topologico per designare i banchi in Parlamento su cui siedono i rappresentanti del nascente PD). Dirò subito, a questo riguardo, che io non credo che lo scopo, o lo scopo primario, sia un giro di vite repressivo per gestire la conflittualità sociale, prevedibilmente in crescita, con gli strumenti dell’ordine pubblico. E non ci credo perché non attribuisco all’attuale classe dirigente — così scadente, da ogni punto di vista — una simile capacità di pianificazione strategica.

La mia ipotesi è che la microcriminalità sta all’attuale classe dirigente italiana come la Guerra al Terrore sta all’amministrazione Bush, ovvero il degrado di legittimazione della politica di Palazzo è talmente avanzato presso l’opinione pubblica che si ricorre al vecchio, collaudato strumento di impaurire la gente per controllarne gli orientamenti di voto. Il cittadino ha già buone ragioni per sentirsi assediato alle basi materiali del suo benessere, benché per lo più non riesca a connettere questo suo scivolamento all’indietro con le politiche dei vari governi di destra e di sinistra, impegolato com’è nel fasullo scontro di personalità tra Prodi e Berlusconi. Quale migliore occasione per legare quest’ansietà sociale a nuovi bau-bau mediaticamente amplificati che, non solo distrarranno la gente dalle vere cause del suo disagio, ma forniranno un nuovo ruolo poliziesco a politicanti privi di qualunque altro progetto che non sia la gestione dell’esistente, e di un esistente assai deprimente ed ansiogeno?

La vecchia espressione di "comitato d’affari" potrà sembrare retorica e stantia ma in realtà conserva una valenza politologica estremamente penetrante. Se il probabile vincitore delle primarie del Partito Democratico, Walter Veltroni, propone una inaudita alleanza quasi personale con il presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, che posto possono avere i valori di solidarietà nel codice genetico di questa nuova formazione politica, posto che non esiste altra solidarietà che abbia significato politico e sociale se non partendo da una definizione di essa che la ponga in alternativa agli spiriti animali del capitalismo?

Al tempo stesso, ricordiamolo, i comitati d’affari sono utili solo quando hanno sufficiente potere per soddisfare le richieste della committenza (Montezemolo e la Confindustria), e che per fare ciò si ha bisogno di consenso. Ed ecco che qualunque fonte di consenso — non importa quanto facile e volgare — viene valorizzata e attentamente coltivata. E’ il caso del sarkozismo all’amatriciana di casa nostra, come del cedimento senza precedenti del cosiddetto schieramento laico all’inframettenza clericale, espressione di un’identità forte come quella della Chiesa che la sinistra ha baratato da molto tempo per un piatto di lenticchie (la Turco rimette l’ennesima ipoteca sulla 194!).

Resta da vedere quanto il paese possa accettare queste nuove braghe neoreazionarie, e qui a me sembra che la partita sia aperta. Da una parte l’ignoranza, la passività e la disinformazione dell’italiano medio, al di fuori delle specifiche competenze professionali, è una preziosa risorsa creata e conservata da un modello culturale videocratico e videocentrico incredibilmente dozzinale, e in ciò alleato della classe politica, che sogna gli USA proprio per queste ragioni. D’altro canto le quotazioni di Sergio Cofferati a Bologna non sono particolarmente alte, e ciò ispirerebbe qualche speranza che la "sinistra per finta" alla lunga non possa davvero prosperare. Naturalmente molto dipenderà dal numero, dall’intelligenza, e dalla determinazione delle persone che sono decise ad opporsi.

Messaggi

  • Caro Gianluca
    apprezzo sempre quello che scrivi anche da altre parti.

    Sono di Bologna e concordo coi tuoi giudizi su Cofferati. D’altro canto è innegabile il lento degrado di una città che dovrebbe essere il fiore all’occhiello della sinistra, la vetrina delle migliori realizzazioni municipali ma non lo è più da prima di Vitali e dove c’è chi si augura addirittura il ritorno di Guazzaloca, cioè di uno che passava le giornate al bar di Piazza Maggiore dicendo che le sedute del consiglio le poteva sentire per radio (?) e che piano piano consegnava la città ai fascisti.

    Qua non si fa che rimpiangere Zangheri ma di Zangheri non se ne vede nemmeno l’ombra.

    Lascio perdere il deserto di democrazia e l’autoritarismo di Cofferati che si è rivolto ai cittadini solo per carpire il loro voto e amministrare poi nella più totale autarchia.

    Lascio perdere il rigetto che rapidamente è nata tra cittadini per questo modo di condurre una città.

    Lascio perdere anche il fatto sconcertante che di fronte a una caduta a picco del consenso, i DS ora PD, non trovino meglio da pensare che a riproporlo alle prossime elezioni, il che dice da solo lo sbando di questo partito e la sua sordità verso la cittadinanza.

    Lascio perdere anche che come stella nascente ci sia al suo fianco quel De Maria che ho visto da vicino che cortigiano ossequiente, ambizioso e poco corretto sia.

    Resta il fatto del degrado di alcune zone della città, gli zingari, gli accattoni, i punk bestia, i tossici, gli spacciatori, i vandali, i ladruncoli, gli scippatori, le prostitute...

    Cofferati ha solo squinzagliato i vigili per multe a divieti di parcheggio o di circolazione. Si è messo in testa di raccogliere in un anno ben 73 milioni di euro dalle multe fatte ai cittadini e ci sta riuscendo benissimo.

    Dopo le otto di sera la città è in totale abbandono. Se telefoni alla polizia (noi lo abbiamo fatto per una aggressione che avveniva davanti ai nostri occhi) ti risponde una segreteria telefonica e fino a poco tempo fa c’erano solo due sole volanti per una città di 373.000 persone. Altro che poliziotto di quartiere!

    Di fronte alle molestie dei rom le guardie municipali si dichiarano impotenti.

    Di fronte a ragazzetti che ricattano i negozianti minacciando danneggiamenti nessuno interviene.

    Come sali su un autobus sei rapinato (io lo sono stata 3 volte) e poi non succede niente.

    Gli stessi conducenti degli autobus sono stati aggrediti e chiedono più sicurezza.

    I furti in appartamento e le rapine in banca sono all’ordine del giorno. (noi siamo stati rapinati 3 volte e ora viviamo con le sbarre alle finestre come a Sing Sing e nel palazzo ogni appartamento ha subìto una rapina, e sono entrati dalle finestre fino al terzo piano).

    La flagranza ormai non è più una aggravante e non fa scattare provvedimenti disciplinari, e, dopo il ragazzetto rom preso in flagranza nella stessa giornata 48 volte per furti in autobus e 48 volte rilasciato dalle forze di polizia, la fiducia nella gente è scesa ai minimi termini.

    Una cosa questa casta di partiti deve avere il coraggio di riconoscere: nel desiderio incontrollato di non finire in carcere per i loro reati e salvaguardare la propria impunità, hanno eliminato il carcere preventivo e hanno annullato la carcerazione fino ai 5 anni.
    Da tangentopoli in poi è stata una corsa progressiva di tutti i governi alla riduzione delle pene e alla tutela del reo, e così siamo arrivati al punto che i microcriminali sono autorizzati a delinquere in santa pace e, in pratica, la legge, a forza di proteggere l’impunità dei politici, ha dato il via libera a ogni sorta di piccola o grande criminalità, lasciando il cittadino abbandonato a se stesso. Si pensi solo ai 5 incendiari arrestati in flagranza di reato e subito rilasciati.

    Se non si fa qualcosa per accompagnare la cogenza della legge o da prevenzione del reato o da sanzioni pronte e immediate anche per reati sotto i 5 anni non ci sarà sindaco che predicherà fattive minacce e ci saranno solo chiacchiere.

    Cosa vuol dire la sparata del sindaco di Firenze di dare 3 mesi di carcere ai lavavetri? Queste sono fesserie! A parte che non si vede dove stia il reato, e poi 3 mesi di carcere non li ha fatti nemmeno Previti, e non esiste che si metta istantaneamante in carcere uno per un reato piccolo, supposto che pulire un vetro sia un reato e non un fastidio. Non esiste perchè la legge non consente.

    E poi si ha anche la faccia di parlare di difesa contro il racket! ma quale racket? Quando un coraggioso giornalista de L’Espresso si cammuffò da extracomunitario per rivelare il racket dei lavoratori di pomodori in Campania, il caporalato, la schiavitù, cosa è successo poi?

    E sul caporalato dei cantieri che esiste anche a Bologna, con luoghi e ore fisse, si è fatto forse qualcosa?

    Prendersela sempre con le ultime ruote del carro mi sembra da vigliacchi. La Lega può farlo, ma se lo fanno le amministrazioni di sinistra siamo caduti molto in basso.

    Non esiste civiltà di vita, di accoglienza, di aiuto. Non esistono strutture di prevenzione. Non ci si occupa nemmeno dei minori abbandonati o spinti alla prostituzione, all’accattonaggio, al furto.
    Si intende usare solo la punizione e poi si indeboliscono le leggi solo per non carcerare, per rendere intoccabile una casta di un milione di persone che vivono dlela politica e ne hanno fatto un’arma di arricchimento di privilegio e di impunità.

    Non sono stati capaci né di prevenire né di punire, né di governare, nè di mantenere, ormai, un minimo di faccia.

    Di cosa stanno parlando adesso coi lavavetri? Questo è peggio che vento, è fuffa!

    Hanno riempito le carceri di immigrati privi di permessi di soggirono e di tossici o sbandati che sarebbero da curare o aiutare. Ma hanno lasciato indenne la grande criminalità pubblica e finanziaria, e non hanno uno straccio di intervento utile per quella piccola, né per prevenirla né per reprimerla.
    Siamo arrivati persino al rilascio immediato di assassini e stupratori! Ci si rende conto di quello che hanno fatto della giustizia italiana ? Un colabrodo! L’unico loro scopo, da D’Alema a Berlusconi a Mastella è stato quello di incaprettarla, renderla suddita del potere politico, farne un apparato misero e inefficiente, paralizzato, iniquo, lento, elafantiaco, meramente esecutivo di una congerie moltiplicativa di leggi stupide e paradossali.

    Negli altri paesi occidentali si va in galera anche per un giorno, anche se giri per strada in stato di ubriachezza o fai delle molestie o dei danni urbani, si va in galera anche se guidi ubriaco e sei un miliardario o un politico e anche se ti prostituisci per strada o accatti o se fai evasione fiscale, falso in bilanco o insider trading.

    Ripristiniamo la pena sotto i 5 anni e a partire da un giorno e la microcriminalità diminuirà.
    E le pene siano sensate, non 3 giorni a Previti e 3 mesi a un lavavetri e niente a chi li comanda!
    E applichiamo qualunque pena anche ai potenti, ai politici e ai preti, e questo paese diventerà forse un paese normale!

    Ma soprattutto interveniamo con decenza a prevenire multe e pene dando a ognuno la possibilità di vivere con decenza e non moltiplicando i cattivi esempi!

    Perché qualunque pena diventa grottesca se lo Stato è degradato ai suoi vertici, se porta la criminalità al potere, se lascia indisturbato un Provenzano per 43 anni, se candida leader massimo il maggior evasore del paese, se tiene in libertà un Fazio, un Tanzi, un Fiorani, un Consorte, se copre il rapimento di un imam da parte di forze straniere, se ha 24 pregiudicati in Parlamento, se tace su 98 miliardi di evasione fiscale da parte dei Monopoli di Stato...

    Ma se qualcuno in questa palude di iniquità vuol cominciare dai lavavetri....

    viviana

    • Ciao Viviana,

      io come te provengo dalla sinistra storica del PCI, ma mentre tu sei solo delusa il mio divorzio da essa è stato piuttosto radicale ed investe, oltreché il presente, anche un passato in cui mi sembrava che andasse tutto bene. Io ho davvero poche nostalgie, in questo senso. Prendo per buona ogni tua parola sulla Bologna di Renato Zangheri che tu hai conosciuto in prima persona e io no, ma rifletto anche come quella cultura politica e di governo, maturata in una certa situazione storica dell’economia e delle relazioni internazionali, sia poi franata in maniera assolutamente squallida quando quel quadro è cambiato, suggerendo che i germi della degenerazione erano già presenti, se addirittura non facevano parte del codice genetico di chi, molto più che rifarsi all’esperienza della Rivoluzione Russa del 1917, incassava la rendita politica (e spesso finanziaria, sotto forma di fondi neri) dell’alleanza con una superpotenza mondiale come l’URSS. Scomparsa questa è emersa la linea del "tengo famiglia".

      Non è che io non veda i microconflitti quotidiani (e il peso che essi hanno nel vissuto dei cittadini) innescati nel tessuto urbano da presenze marginali come quelle degli immigrati senza lavoro, dei tossicodipendenti, o dei Rom. Li vedo talmente bene che i provvedimenti di Firenze mi spiazzano, in una certa misura, perché se da una parte vedo con chiarezza che quello del racket è solo un alibi per giustificare un repulisti di indesiderabili ricordo anche tutta la mia frustrazione di quando, passando ai semafori, e gestendo più o meno bene il rapporto con i lavavetri, scorgo anche al di là del finestrino la violenza privata, sotto forma di intimidazione, che si consuma su donne e anziani, e non mi sta bene. Naturalmente, un minimo di buon senso dovrebbe suggerire che quello spettacolo non è il dispiegarsi di una cattiveria personale, ma solo il mostrarsi del meccanismo economico onnipervasivo in cui tutti viviamo senza più gli infingimenti retorici degli apologeti dell’esistente: se il lavavetri non incalza il potenziale cliente all’incrocio trasforma la sua attività in un simpatico hobby che magari sarà gradito dalla cittadinanza locale (come si vede in certi film) ma non gli permette di mettere il cibo in tavola per sé e la sua famiglia. Lo stesso accade alla commessa di un negozio di indumenti che cerca di appiopparti anche quello che non ti serve, e ti pressa fino a diventare anche inopportuna. Ma il suo stipendio e la sua possibilità di pagare i conti dipendono da quello.

      Non ho ricette pronte, anche perché non mi risulta che paesi meglio organizzati e seri dell’Italia come la Francia o la Germania facciano molto meglio di noi. In questi casi la butto in sociologia, e purtroppo del tipo più fumoso.

      Ciò che spesso viene presentato come degrado urbano è in realtà il combinarsi di due processi assai profondi e che vanno al di là delle responsabilità di questa o quella amministrazione.

      Da una parte vi è una crescita dei caratteri esclusivisti della nostra società, evidente sia nella crescente precarizzazione del lavoro che nel crescente divario della forbice dei redditi (ciò che io chiamo la fine del modello redistributivo).

      Dall’altro vi è una terzomondizzazione delle aree urbane dell’occidente opulento, che non è altro che l’estensione a livello internazionale del fenomeno delle bidonville che si creano alla periferia delle aree urbane del terzo mondo, da Città del Messico a Dakar. Vorrei dare per questo la colpa alla globalizzazione, ma la verità è che è facile trovare documenti che attestino questi grandi movimenti umani in tutta la nostra storia.

      Il problema è che in nostri ordinamenti politici ed economici non offrono soluzioni, e fanno pensare a quel signore che cerca le chiavi di casa sotto il lampione non perché ricorda di averle perse lì ma perché lì c’è più luce. L’esempio più impressionante è quello dei biocombustibili: sono da decenni che il nord industrializzato discute di come eliminare la fame del mondo senza venire a capo di nulla, ma ecco che la possibilità di continuare a far camminare le nostre auto con energia ricavata dalle biomasse di origine vegetale sta rapidamente producendo una rivoluzione agricola (ecologicamente devastante e minacciosa per le prospettive di approviggionamento alimentare di tutto il genere umano) che per dimensioni rappresenta un multiplo di diversi fattori di tutti gli sforzi fatti finora per evitare che la gente muoia di fame. Le auto sono più importanti delle persone, se si trovano nella regione giusta del mondo.

      Io sono un socialista e credo nel socialismo come unica soluzione ai problemi del pianeta. Possiamo discutere sulla definizione esatta da dare a questa nozione, ed ammetto che possano esserci idee molto diverse, ma è certo che dobbiamo cambiare nel profondo l’organizzazione delle nostre società, a partire dai meccanismi della produzione economica e dai processi decisionali della democrazia. Altrimenti è come cercare di svuotare l’oceano con un cucchiaino.

      Gianluca Bifolchi

    • mi pare che il tema non meriti un’analisi da fare tirando in ballo i massimi sistemi economici , bensì sia invece necessaria una riflessione sul concetto più generale di convivenza di eguali, di società di cittadini . Quello che manca nel nostre paese ( e me ne guardo bene da fare paragoni con tutte le altre nazioni che hanno una storia assolutamente differente dalla nostra ) è lo spirito civico, il concetto del bene di tutti : è ovvio che manchi all’evasore fiscale ed al corruttore , al corrotto, al boiardo di stato , all’industriale e così via . Ma manca al cassaintegrato storico che tiene bottega ( in nero ) ; al dipendente dell’Arsenale che tutti noi paghiamo, che nulla fa e che strilla quando si vuol mettere mano al suo privilegio : all’inseegnante che fa lezioni private in nero . Al giovane " incazzato " che inzozza e rompe il vagone della metrò ; al lavavetri che ti minaccia al semaforo ; al Rom che cerca di rubarti il portafoglio dalla borsa.
      Discorsi reazionari ? no, la drammatica constatazione che nel nostro paese si è tutti pronti a perdonare , a fare dietrologia , a spiegare un comportamento deviante, un comportamento che di fatto procura danni a beni pubblici e così di tutti e di cui tutti usufruiscono o a chi è più debole : e che importa a Bobo Vieri che gli rubano la Ferrari , se ne compra un’altra . Ma che dramma per i miei suoceri, ex operai ed ora pensionati quando gli hanno rubato in casa!!
      Da ciò il rifiuto della punizione , della sanzione , dei dieci giorni di carcere ma fatti davvero ; dei divieti fatti rispettare a prescindere da ogni analisi e dietrologia : il ragionamento perchè mettere in carcere il ladruncolo dato che Previti comunque non ci è andato è scorretto e giustifica Previti , il quale non fa altro che approfittare di un sentir comune , che non può non valere per tutti . Da ciò lo scandalo sorto dalla nota decisione del comune di Firenze o da altre decisioni , per esempio quella di liberare a Pavia uno stabilimento fatiscente occupato da un gruppo di disperati , perchè è di fatto un luogo pericoloso, insalubre ed è un sito di rifugio di malavitosi : tutte situazioni di fatto non particolarmente significative , ma che pongono il problema di dover seguire una regola , pena la sanzione .
      Di norma invece emerge questa tendenza, molto papista ,di giustificare , di fare dietrismo , di parlare di massimi sistemi e così a chiedere che le regole , insomma , per questa volta non si applichino ; la prossima volta sì o forse , ma stavolta no perchè ........
      Forse avremmo avuto bisogno di essere investiti dalla riforma luterana , di avere un concetto diverso di giustizia , che è anche concetto diverso di eguaglianza, e così di eguaglianza reale ; avremmo dovuto coltivare meglio la virtù civica di cui erano intrisi i Giacobini , onde occorre creare la regola giusta e poi assolutamente applicarla , nel senso che il cittadino deve conoscere la regola, sapere che deve rispettarla e sapere che la conseguenza del mancato rispetto : e se la regola non è giusta , ci si attiva per cambiarla cercando di ottenere il libero consenso dei cittadini ; cosa che peraltro in Italia è spesso avvenuto .

      Buster Brown

  • Credo che il problema, sia pure in forma moderna, sia quello di sempre, quello dei rapporti di produzione e di chi ne detiene i mezzi ..... come giustamente mi sembra voglia dire Gianluca al termine del suo ultimo commento ....

    E non lo dico da "comunista trinariciuto", cosa che non sono mai stato ( anzi la mia estraneità a tutta la "tradizione comunista", compreso il modello emiliano, è cosa arcinota ) ma da semplice militante sindacale.

    Una volta anche i "riformisti" più moderati, persino i socialisti del centrosinistra dei sessanta, avevano ben presente questa contraddizione.

    Oggi invece proprio nessuno ( nemmeno la cosiddetta "sinistra radicale" nella quale peraltro, in mancanza di meglio, continuo a militare ) ha minimamente l’idea di cambiare i rapporti di produzione, al massimo si ragione se renderli più "soft", ma sempre saldamente in mano alla razza padrona italiana, oltretutto una delle peggiori al mondo, "super assistita" quando ci sono da socializzare le perdite ed iperliberista quando ci sono da mettere in tasca i profitti, che poi quasi mai vengono veramente reinvestiti in attività produttive.

    Tutto nasce da lì, da Cofferati al veltronismo ..... fino alle campagne mediatiche che ricordano molto da vicino quelle antiche della stampa di destra milanese e torinese di quei sessanta contro i "terroni" immigrati al Nord.

    Oggi però certe campagne non le fanno solo i giornalacci fascistoidi, ma "La Repubblica" ed in prima persona i sindaci "di sinistra" ( ma de che ?) ......

    K.

    • Si, l’economia si basa sulla produzione di beni che devono soddisfare i bisogni umani. Finché il controllo sulla produzione spetta in maniera unica o prevalente al privato, in funzione del suo possesso di capitali, le istituzioni politiche di una società liberaldemocratica — in cui teoricamente si riflette la sovranità popolare — passano attraverso strettoie decisionali (imposte dalla necessità di mantenere i rapporti di produzione) che non consentono alcuna vera azione efficace per affrontare i problemi della collettività.

      Oggi nessuna forza politica italiana riflette in maniera sistematica su questi problemi in una maniera che si avvicini anche soltanto all’audacia critica e intellettuale delle socialdemocrazie europee degli anni 50 e 60. L’unica esperienza europea che oggi riscuote il mio interesse è l’alleanza in Germania tra i fuoriusciti di Lafontaine dal partito socialdecratico e gli ex comunisti dell’est del gruppo di Gregor Gisy.

      Per l’Italia, lo sforzo collettivo al quale mi piacerebbe prendere parte e per il quale siti come Bellaciao potrebbero costituire validi luoghi di incontro, è una traduzione dei concetti di base della rivoluzione bolivariana in Venezuela (con i suoi addentellati in Bolivia, Ecuador, e sperabilmente, in un futuro prossimo, Perù) per renderli applicabili alla realtà dell’opulenta Europa occidentale. Accettazione del terreno della democrazia liberale ma nessun tabù e nessuna riserva nel processo di riforma del modello economico e sociale.

      Gianluca Bifolchi

    • Caro Gianluca

      se confidi in bellaciao... Spero che il degrado del sito italiano dipenda da scarsità di persone o buoni motivi. Io continuo a scriverci. Oggi ho postato un buon articolo di Vandana Shiva, ma vedi bene come la home sia abbandonata da gran tempo. Le mie due ultime risposte a te non sono state nemmeno pubblicate. Mi cadono un po’ le braccia. Il senso di solitudine è incombente

      Comunque leggerti è sempre un piacere

      viviana

  • A proposito di Partito Democratico mi sembra utile riproporre un’intervista di Benedetto Vecchi a Toni Negri , di cui raramente condivido le opinioni, ma che sul tema in questione mi sembra abbia centrato il problema.

    MaxVinella

    "Toni Negri non ha bisogno di molte presentazioni. Da quando è tornato in Italia ha preso raramente la parola per commentare la situazione politica, preferendogli un lavoro di ricerca e di tessitura di una rete intellettuale che funzionasse come uno di quei «club repubblicani» parigini che preparò la Rivoluzione francese. E quando è contattato per rispondere ad alcune domande sul nascente partito democratico esprime meraviglia, perché per lui la politica oramai ha abbandonato i partiti dal molti anni. Eppure vede nel partito democratico la spia di un cambiamento del sistema politico italiano che va guardato con attenzione, perché pericoloso e che potrebbe accelerare il consolidamento di un autoritarismo con caratteristiche inedite.

    «Gli esponenti dei Ds che sciolgono il loro partito - afferma Negri - compiono un’operazione rovesciata a quella di molti protagonisti degli anni Settanta. Anche allora non ci piacevano i partiti, ma volevamo cambiare il mondo. Ora mi sembra che vogliono dare vita a una piccola macchina organizzativa che vuol gestire il potere. Walter Veltroni mi sembra che voglia emulare Adriano Sofri, ma un Sofri malriuscito. Massimo D’Alema sembra Franco Piperno, ma un Piperno malriuscito. Romano Prodi sembra un Valentino Parlato, ma un Parlato malriuscito. Di Rossana Rossanda - sbotta - non hanno neanche lo stampino».
    Nella relazione introduttiva del congresso dei Ds Piero Fassino ha però parlato del partito democratico come una necessità storica...
    Ripeto: quello che si andrà formando è un puro dispositivo di gestione del potere. Una macchinetta organizzativa che vuol giocare alla politica. Faranno una legge elettorale e andranno alle elezioni sperando di vincerle. In tutta questa discussione non c’è nessun riferimento a un programma, a delle discriminanti che in politica ne sono se non l’essenza, quantomeno le condizioni sulle quali fare delle scelte.
    Più preoccupante è invece la concezione della democrazia che emerge. Mi sembra una democrazia dell’opinione pubblica in cui i partiti hanno il compito di rappresentarla. Un cambiamento questo sì radicale. Non sono mai stato molto interessato a scomporre dei processi sociali e politici in tassonomie, ma talvolta aiutano a capire. In Europa assistiamo a tre tendenze per quanto riguarda la democrazia. Ci sono sistemi politici che vogliono rappresentare la società in termini di corporazioni. C’è poi che pensa a una democrazia dei partiti. Il modello egemone che però sta emergendo è quello della democrazia dell’opinione in cui i partiti hanno un ruolo ben preciso.

    E qual è secondo te questo ruolo? Nei mesi che hanno preceduto questo congresso sono stati molti gli esponenti dei Ds che hanno detto che la società ha subito una grande trasformazione e che bisognasse trovare una forma politica adeguata a questa «grande trasformazione»...

    Che la società sia cambiata è come dire che c’è il giorno e la notte. Un’affermazione ovvia. Ti propongo un parallelo. I partiti sono come chi gioca in borsa che investe su un possibile che prescinde dalle condizioni materiali che hanno portato a produrre una merce. Oggi, inoltre, le borse si basano sulle speculazioni, cioè su delle astrazioni. I partiti nella democrazia dell’opinione investono sulla loro capacità di rappresentare l’opinione dominante. Ma le opinioni sono rumore di fondo, esprimono un vuoto che nella geometria politica è rappresentato dal centro. La corsa al centro dei partiti non è dettata solo dalla volontà di acquisire consensi elettorali, ma per diventare la forma adeguata alla democrazia dell’opinione. È, da questo punto di vista, la fine della politica. Non la fine della grande politica come sostiene Mario Tronti, quella del lavoro che si fa stato o della classe che prende il potere. Questo partito che vogliono formare vuol decretare la fine della politica, tanto grande che piccola.

    Dunque un cambiamento che ha il respiro corto?

    Ultimamente, Etienne Balibar ha scritto molto sull’estremismo di centro. Un argomento interessante, che va strappato al suo uso giornalistico, perché individua proprio il rischio della democrazia dell’opinione. Mi spiego: se i partiti devono cercare di rappresentare un’opinione pubblica sono attenti ai cambiamenti di umore, delle pulsioni, insomma delle cattive passioni che abitano la dimensione pubblica. Da qui la necessità di istituire dispositivi di gestione del potere che neutralizzino preventivamente un possibile imprevisto. Come un imprevisto sono stati in Francia la rivolta nelle banlieaues e il movimento contro il Cpe. Da qui il rischio autoritario che io vedo in questo progetto di democrazia dell’opinione. Un autoritarismo che non nega le libertà formali, ma articola una gestione del potere che impedisce il conflitto e la trasformazione. Dunque diverso dal passato, ma non per questo meno pericoloso.

    A sinistra c’è chi dice che si aprono spazi per la formazione di un nuovo soggetto politico che punti al superamento di Rifondazione comunista e all’incontro con chi dai Ds è uscito. Tu che ne pensi?

    Fausto Bertinotti mi sembra come un pipistrello al calar della luce che attende il momento giusto di intercettare gli insetti caduchi per mangiarseli. Tutti gli esponenti della sinistra reale mi sembra che abbiano interiorizzato l’ideologia della fine della storia e si limitano al piccolo cabotaggio. Forse dovrebbero rileggere il filosofo Alexandre Kojève, che scrivendo di fine della storia parlava di sapere almeno essere capace di bere un tè per vivere in un mondo in cui la storia è finita. Ma la storia non è finita e loro non sanno neanche bere un tè.

    La nascita del partito democratico segnala però che la fuga dei partiti c’è già stata e che sono cresciuti movimenti sociali che potrebbero vedere questa fase come un’opportunità. Tu che ne pensi?

    Per i movimenti ogni momento è un’opportunità. Quella che si apre è una fase pericolosa in cui il rischio di autoritarismo è grande. Ieri a Milano hanno bloccato dei giovani che volevano andare a Trento in solidarietà con un centro sociale sgomberato. Al di là del fatto, i dispositivi del potere vogliono sempre e preventivamente impedire che accada un fatto imprevisto che rimetta in discussione la gestione del potere. I movimenti devono puntare a sviluppare partecipazione politica, dove politica si intende la capacità di porre delle discriminanti, tra chi è oppresso e chi opprime, tra sfruttati e sfruttatori, tra bene e male. Sviluppare dunque una politica che ha a cuore il comune. Devono cioè agire come istituzioni politiche in senso pieno."

    • Trovo molto stimolanti i riferimenti all’estremismo di centro (Balibar) e ai partiti di opinione pubblica per l’analisi del processo politico avviato dal PD.

      Aggiungerei che l’opinione pubblica, in quanto opinione prevalente, e che si riflette nei sondaggi, è di per sé un dato estremamente volatile. Integrerei dunque l’analisi di Tony Negri dicendo che un partito di opinione pubblica abdica al concetto di rappresentanza nel senso di un’organico legame con strati della società, per cercare invece una sintonia che oscilli da un minimo nei momenti delle cosiddette "misure impopolari", intraprese negli interessi di quei potentati che con il controllo dei media condizionano i processi di formazione dell’opinione pubblica e dunque determinano il consenso per i partiti di governo, ad un massimo che coincide con le scadenze elettorali, e nel quale si assiste ad un tour de force demagogico. La professionalità del politico si riduce in sostanza a questa capacità di interpretare e cavalcare il "sentiment" dell’opinione pubblica, ed uso deliberatamente un termine di marketing perché la prolitica professionale è marketing.

      In secondo luogo, la possibilità di dare forma all’opinione pubblica — che non è affatto un dato originario, ma derivato, dipendente dallo stato dei grandi media e dal sistema educativo — è direttamente proporzionale al grado di conformismo imperante tra le voci ammesse nell’arena pubblica (che hanno cioè passato con successo i filtri anti-dissenso). In quest’ottica fa bene Negri a ricordare l’"estremismo di centro" del nascente PD, ma occorre anche chiamare in causa la sostanziale complicità della cosiddetta "sinistra radicale", attestata su una logica di rivendicazioni all’interno del quadro di compatibilità dell’alleanza di centrosinistra (di cui si vuole solo spostare il "baricentro", qualunque cosa esso sia), ma senza una contestazione sostanziale dei modelli dominanti. Anche per timore di non passare più i filtri anti-dissenso, e vedere minacciate le loro quote nel grande mercato dell’opinione pubblica.

      Il decantato bipolarismo, nell’illusorio potere che dà ai cittadini di scegliersi il governo, serve in realtà soprattutto a far apparire come vitali e necessarie le politiche di coalizione (destra contro sinistra, figurarsi...), permettendo così di far sfumare gli elementi reali di indentità dei partiti politici, che oggi sono solo burocrazie professionali. Di qui l’identità esangue — necessaria alla sua vocazione governista — della "sinistra radicale".

      Gianluca Bifolchi

    • Caro Gianluca, sono perfettamente d’accordo con Te circa la critica al ruolo tenuto dalla cosidetta “Sinistra Radicale” all’interno della compagine governativa. Ma in ogni caso, se almeno fossero riusciti a spostare di qualche millimetro il baricentro politico della coalizione di governo, avrebbero quantomeno ed in parte legittimato la loro presenza al governo. Il problema è che anche questa azione sta miseramente fallendo, non essendo stati capaci neppure a incidere sulla scala di priorità del programma di governo, peraltro assai vago e facilmente gestibile a proprio uso e consumo dalle forze centriste. La scaletta del governo è quella dettata da Montezemolo, dalla Casa Bianca e dal “Pastore Tedesco” : tutto il resto è come se non fosse mai stato scritto e nel migliore dei casi confinato nelle ultime pagine dell’agenda, quelle che poi verso fine legislatura vengono strappate e gettate nel cestino. Lo scopo vero del PD è quello di scaricare alla prima occasione i “compagni” comunisti ed imbarcare nel governo i centristi attualmente e provvisoriamente allocati nella Casa della Libertà.

      Sul fatto poi che la politica sia oggi diventata pura attività di marketing, lo preconizzava già mezzo secolo fa Vance Packard nel suo profetico “Persuasori Occulti”.

      MaxVinella