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Le vite degli altri ...

Publie le sabato 17 ottobre 2009 par Open-Publishing
4 commenti

E’ consigliata a tutti, specie alle persone facilmente impressionabili, la visione del filmato che Canale 5 ha dedicato l’altro ieri al giudice Raimondo Mesiano. Basta andare su Internet: innumerevoli siti lo ripropongono. Davvero bisogna vederlo.

http://www.youtube.com/watch?v=FlbeoajqbmA

Per due motivi. Il primo è che, se non lo si vede, non ci si crede. Il secondo è per rendersi conto di quale livello abbia ormai raggiunto il giornalismo con l’elmetto.

Raimondo Mesiano è il giudice che ha condannato la Fininvest a risarcire il gruppo De Benedetti con 750 milioni di euro. Canale 5 l’ha fatto seguire di nascosto dalle sue telecamere. Come fanno per «Scherzi a parte» o, per citare un precedente di livello superiore, come faceva lo «Specchio segreto» di Nanni Loy. La differenza è che in quelle trasmissioni alla fine la vittima dello scherzo viene avvicinato da un funzionario che dice: non se la prenda, se ci dà il permesso di mandare in onda per favore firmi qui. Invece le immagini trasmesse l’altro ieri a Mattino 5 erano rubate all’inizio delle riprese e rubate sono rimaste fino alla fine. Il giudice Mesiano ne è venuto a conoscenza, in compagnia di qualche milione di italiani, solo al momento della messa in onda.

L’altra differenza è che le gag di Nanni Loy facevano ridere, questa no. Il giudice viene ripreso, anche se sarebbe più corretto dire spiato, mentre è nell’esercizio di sue privatissime funzioni: uscire di casa, passeggiare, fumare una sigaretta, entrare dal barbiere, farsi radere, uscire, sedersi su una panchina, fumarsi un’altra sigaretta. Nulla di più banale, ordinario e scontato: eppure per Mattino 5 quelle immagini sarebbero la prova di «comportamenti stravaganti», come più volte sottolinea l’autrice del memorabile scoop. Non sapendo a cosa attaccarsi per giustificare quell’accusa di stravaganza, la giornalista sottolinea il «passeggiare avanti e indietro fumando una sigaretta» nell’attesa di entrare dal barbiere e - orrore - i calzini turchesi nei mocassini bianchi. Stravagante, e quindi un mezzo squilibrato, questo giudice che ha condannato la Fininvest.

Canale 5 è del gruppo Fininvest e ha tutto il diritto di criticare una sentenza che la colpisce. Può anche dire che in Italia ci sono le toghe rosse. E potrebbe perfino insinuare il sospetto che il giudice sia un mezzo squilibrato, se scoprisse che parla con i muri o si lancia da un quinto piano convinto di volare. Ma il filmato dell’altro ieri a Mattino 5 lascia sbalorditi, nonostante si sia abituati ormai da anni a una guerra mediatica fatta di colpi sempre più bassi.

Sbalorditi per la pretestuosità delle argomentazioni. Il filmato non mostra alcunché di bizzarro, davvero bisogna arrampicarsi sui vetri per vedere, nella passeggiata del giudice Mesiano, «comportamenti stravaganti». E sbalorditi per la meschineria dell’equazione «calzini turchesi uguale giudice inaffidabile»: equazione che mette i suoi autori allo stesso livello di chi ieri sfotteva Andreotti per la gobba e oggi sfotte Brunetta per la bassa statura. Siamo al livello della fisiognomica utilizzata dalla «Difesa della razza» di Telesio Interlandi.

Ma la cosa peggiore - quella che mette i brividi - è il pedinamento, lo spionaggio, la violazione della privacy, quindi la messa alla pubblica gogna, il sottinteso avvertimento «guarda che ti controlliamo». Ne avevamo già viste tante, da una parte e dall’altra. Ma che un giudice autore di una sentenza sgradita (e magari sbagliata: non è questo il punto) potesse essere seguito e filmato di nascosto, è una cosa che avevamo visto solo al cinema. Ad esempio ne «Le vite degli altri» di Florian Henckel von Donnersmarck, un capolavoro. Ambientato a Berlino Est. Roba da comunisti.

Michele Brambilla

Link: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=6504&ID_sezione=&sezione=

17.10.2009

Messaggi

  • Il giudice Mesiano, quello che ha osato condannare la Fininvest a pagare 750 milioni di euro, è stato seguito mentre passeggia per Milano e va dal barbiere. Il servizio, trasmesso da “Mattino5” di Claudio Brachino, mostra il giudice che fuma e “non riesce a stare fermo”. D’altronde “alle sue stravaganze siamo ormai abituati”. In coda arriva lo scoop: “Mesiano ci regala un’altra stranezza: guardatelo seduto su una panchina: pantalone blu, mocassino bianco e calzino turchese”. Dietro la caccia all’uomo travestita da giornalismo si intravede lo stile di Alfonso Signorini. Il Cavaliere ha annunciato “notizie” su Mesiano e, dopo avere spedito i cronisti di “Chi” in Calabria per trovare notizie sulla salute e la famiglia del giudice, a Mediaset si dice che proprio Signorini avrebbe avuto l’idea del pedinamento. A un calzino turchese.

    Marco Lillo

    da Il Fatto Quotidiano n°21 del 16 ottobre 2009

    • Lei è educato, si vergogni

      17 ottobre 2009

      Nel regime di Berlusconia chi ha la sfortuna di aver ricevuto un’educazione, di aver imparato che non si dicono le bugie e si parla uno per volta, è fregato. Chi ha una reputazione fa di tutto per conservarla: ma chi ne è sprovvisto non teme di perderla, dunque parte avvantaggiato. Perché può fare e dire tutte le porcate che vuole, tanto da lui ci si attende il peggio. Prendete Gasparri, con rispetto parlando: continua a dire in tv che io vado in ferie a spese della mafia, ben sapendo che non è vero ma che nessun Vespa lo smentirà e nessuna Authority o Vigilanza interverrà. Prendete il miglior premier degli ultimi 150 anni, il più perseguitato della Storia (più di Gesù, per dire), il più buono e giusto: siccome è anche l’editore più liberale dai tempi di Gutenberg, una delle sue tv fa pedinare con telecamera nascosta il giudice Mesiano, per dimostrare che è un tipo strano e sospetto (infatti porta calzini turchesi, fuma e aspetta il suo turno dal barbiere, invece di andare a puttane o frequentare papponi e spacciatori).

      Così tutti i giudici che si occupano di Berlusconi sanno quel che li aspetta se non fanno i bravi. Prendete Il Giornale: raccoglie testimonianze anonime di gente che ha origliato il giudice Mesiano mentre a cena con amici avrebbe parlato male di Berlusconi e bene di Prodi (davvero sorprendente: fra Prodi, che ha sempre rispettato la magistratura, e Berlusconi, che ha definito tutti i magistrati vivi e morti “antropologicamente diversi dal resto della razza umana” e “mentalmente disturbati”, dunque “noi ai giudici insidiamo le mogli perchè siamo tombeur de femmes”, un giudice preferisce Prodi: che tipo bizzarro). Il fatto è che ogni cittadino, giudici compresi, ha tutto il diritto di preferire Prodi a Berlusconi o viceversa, l’importante è che giudichi secondo giustizia. Solo una mente malata – come ha notato Maltese - può pensare che un giudice di sinistra condanni un innocente solo perchè di destra, e viceversa. Oltretutto Mesiano non poteva che condannare la Fininvest a risarcire De Benedetti per la sentenza comprata sul lodo Mondadori, visto che la Cassazione penale aveva già stabilito che l’Ingegnere andasse risarcito. Il giudice civile doveva solo quantificare il danno.

      Prendete Belpietro ad Annozero: dice che il giudice Carfì, autore della prima sentenza penale su Mondadori, non è imparziale perchè fu sentito sussurrare al pm che con Berlusconi “bisogna usare il bastone e la carota”. Piccolo particolare: il giudice del bastone e della carota non era Carfì, ma Crivelli, che non giudicava su Mondadori, ma su Guardia di Finanza, e non parlava di Berlusconi, ma del calendario delle udienze. Chi se ne frega, Crivelli o Carfì pari sono: cominciano entrambi per C. Prendete il leghista Castelli, un altro che non ha l’handicap della buona educazione: interrompe, strilla, insulta, delira. Vuole i pm “eletti dal popolo” (fantastico: i pm di partito), poi se la prende con quelli “politicizzati”, cioè di sinistra: quelli che invece stavano con lui al ministero e sperperavano denaro pubblico in consulenze inutili, non sono politicizzati: vanno benissimo, come quelli corrotti da Previti con soldi di Berlusconi. Averne. La prova dei giudici politicizzati, per il padano, è un vecchio libro di un vecchio giudice che racconta i funerali, negli anni 70, di un collega, tale Pesce, tra bandiere rosse e pugni alzati. Che diavolo c’entri questo Pesce (fra l’altro morto e sepolto) col caso Mondadori, lo sa solo lui. Evidentemente il Castelli preferisce Metta e Squillante: meglio corrotti che rossi.

      Marco Travaglio

      da Il Fatto Quotidiano n°22 del 17 ottobre 2009

  • Ma non era Berlusconi che urlava per l’attentato alla privacy quando hanno fotografato quelle deliziose ninfe dei boschi e delle acque nel suo giardino? Strano come facilmente dimentichi i suoi cavalli di battaglia!michele