Home > Lettera a Silvia e Filippo
di Piero Sansonetti
Cara Silvia, Caro Filippo,
adesso siete orfani, non c’è più vostro padre. La vita è stata ingiusta con voi, molto ingiusta. Non riesco nemmeno a immaginare il vostro dolore, la rabbia dolce e struggente, la nostalgia che squassa le vostre anime, e vi riporta i ricordi più belli, le parole, le espressioni, i sorrisi di vostro padre. Anch’io ho due figli, come li aveva Nicola, e hanno esattamente la vostra età. E io ho l’età di vostro padre, però faccio un lavoro più semplice, scrivo, preparo un giornale, ragiono, penso, parlo, chiacchiero. Rischio poco. Lui agiva, metteva in pericolo la sua vita tutti i giorni, lo sapeva, era coraggioso.
Voi adesso vi chiedete: perché? Perché abbiamo dovuto sacrificare nostro padre alla ragione di Stato? Ne valeva la pena? Perché dobbiamo rinunciare al suo affetto, ai suoi scherzi, ai suoi insegnamenti, alla bellezza della sua presenza, per il resto della nostra vita?
Come faccio a dirvi che ne valeva la pena? Penso di no, non valeva. Io penso che non valga mai la pena di perdere la vita, e penso che questa impresa italiana in Iraq sia inutile e sbagliata. Perché credo che la guerra sia sempre sbagliata, sempre inutile, che serva solo a contare i morti, i lutti, gli orfani. Ma non è questo che volevo dirvi. Non so cosa pensasse vostro padre della guerra e della pace, e non so cosa ne pensiate voi, che siete grandi Ñ anche tu Filippo ormai sei grande - e avete diritto ad avere le vostre opinioni. Ognuno ha diritto, anzi ha il dovere di ragionare con la testa sua e di decidere da solo cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa si deve fare e cosa no, e noi dobbiamo tutti imparare a rispettare il parere degli altri.
A me premeva dirvi solo una cosa. Vostro padre vi lascia molto, vi lascia un bagaglio di idee, di valori veri, di generosità limpida e assoluta che voi adesso dovete apprezzare, mettere a frutto, esserne orgogliosi. Lasciatelo dire a quelli come me, un po’ faziosi, "rossi", comunisti, che non hanno mai sopportato quelli che fanno il mestiere di vostro padre, l’agente, lo 007, che li hanno sempre considerati gente poco affidabile, nemici, lascetelo dire a noi che vostro padre era un grande uomo. Noi non la usiamo mai la parola eroe: è brutta, è militaresca, aggressiva. Non ci piace. Gli eroi sono quelli che sfidano la sorte e combattono, che attaccano il nemico, in genere gli eroi uccidono e vendicano. Nicola il suo eroismo lo ha espresso tutto nella sua capacità di dialogo, di mediazione, di parola, nella ricerca delle soluzioni senza il sangue, e poi lo ha espresso nella difesa di una donna inerme, nell’offrire il suo corpo, la sua vita -con un gesto materno - nel dirci che per lui il suo mestiere era questo: senso dello stato, senso del dovere, senso di responsabilità fino all’estremo, senso di se stessi e della propria, vera, grandezza.




