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Lettera ai Palestinesi

Publie le lunedì 20 giugno 2005 par Open-Publishing

Cari amici palestinesi,

tutti noi siamo stati più volte in Palestina e ben conosciamo le condizioni
in cui Israele vi costringe a vivere da quasi 60 anni. Abbiamo visto e, in
minima misura rispetto a voi, anche subito la violenza, i soprusi, le
vessazioni quotidiane che gli occupanti vi infliggono.

Abbiamo visto le ore di fila ai checkpoints, i bambini e gli adolescenti
feriti o uccisi, le case demolite o crivellate di colpi, gli alberi di olivo
sradicati, le vostre strade sbarrate. E abbiamo visto crescere l’ultima
mostruosità, il muro.

Sappiamo che la vostra economia è allo stremo; che l’indifferenza
internazionale attenua la speranza della costituzione di quello Stato che vi
è stato promesso e garantito dalla Comunità Internazionale.

Abbiamo sempre ammirato la vostra capacità di resistere, tra mille
difficoltà e contraddizioni.

Proprio per questo vi diciamo: non lasciate che la violenza del nemico
contamini la vostra società. In Israele una esigua minoranza lotta contro
l’imbarbarimento del proprio Stato, che, propagandato all’estero come
l’unica democrazia del Medio Oriente, si regge, in realtà, su illegalità
diffusa, violenza, corruzione e razzismo, a immagine e somiglianza del suo
grande protettore, gli USA.

La pena capitale è una barbarie. Nulla la può giustificare. Neppure un
crimine odioso quale è la collaborazione col nemico.
Sappiamo che molte “esecuzioni mirate” di Israele contro dirigenti politici
sono frutto di delazioni di palestinesi.

Non si può però contrapporre crimine a crimine.

Israele pratica la pena di morte ogni giorno contro donne, vecchi, bambini;
lancia missili e bombe contro palazzi; incarcera migliaia di persone senza
accuse e senza processi; provoca; umilia.

Non si può però contrapporre barbarie a barbarie.

Non conosciamo le ragioni per cui i vostri dirigenti politici hanno
consentito la ripresa delle esecuzioni capitali, dopo la moratoria disposta
da Arafat.

Nessuna ragione può, però, giustificare questa scelta.
Continuate a lottare con tutte le vostre forze contro l’occupante: è vostro
dovere ma anche vostro diritto, che vi è riconosciuto dall’ordinamento
internazionale. Noi vi saremo sempre a fianco, con le nostre esigue forze e
con l’orgoglio della vostra amicizia.
Continuate, però, anche a lottare al vostro interno perché non prevalgano
tentazioni e tendenze che non appartengono al meglio della vostra cultura.

Action for Peace- Milano

Milano, 15 giugno 2005