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Lettera aperta alle compagne e ai compagni di Rifondazione Comunista e non solo
Publie le mercoledì 1 ottobre 2008 par Open-PublishingLettera aperta alle compagne e ai compagni di Rifondazione Comunista e non solo
di Federica Pitoni
Care compagne e cari compagni,
sono un’assistente di redazione con contratto poligrafico nel nostro giornale, "Liberazione". Ma prima di questo sono un’iscritta a Rifondazione Comunista.
Molti tra voi mi conoscono: per tanti anni sono stata al dipartimento Organizzazione del Partito e quindi il Partito dei territori in giro per l’Italia lo conosco nei suoi umori, nei suoi difetti, nelle sue potenzialità e nella sua generosità, e il partito mi conosce per quel che è stato il mio lavoro come Ufficio oratori.
Circa sei anni fa ho deciso di cambiare. Il direttore Curzi da tempo mi diceva: perché non vieni a "Liberazione"? E così l’ho fatto. Bella, stimolante e contraddittoria esperienza.
Ed ora eccoci qui, in questi giorni in cui di "Liberazione" si parla su tutti i giornali per la sua crisi. Si parla di scontri tra il giornale e il partito. Si parla di scioperi politici. Si leggono tanti comunicati. Forse troppi. Si parla di diritti dei lavoratori e di un partito che li vuole calpestare. Si aprono blog dove i toni si fanno insultanti. Si insinuano molte cose. Si agisce con chirurgica precisione e tempistica con atti eclatanti.
Non so perché ma la regia di questa vicenda, per come la si sta facendo svolgere, a me molto ricorda l’appena passato congresso di Chianciano. Strana coincidenza.
Ma torniamo al nostro giornale. Vorrei dirvi delle cose. Alcune forse le condividerete. Alcune forse vi potranno irritare.
Mi sono sempre chiesta, ed ora vorrei che tutte e tutti voi provaste a chiedervi, perché gli iscritti di questo partito ed anche i suoi militanti non sentissero il bisogno, che dovrebbe per un militante anche essere l’impegno, di acquistare, leggere e diffondere "Liberazione". So bene che mi risponderete (e mi risponderete in coro unanime, so anche questo): "Liberazione" non è più il nostro giornale. "Liberazione" ormai è solamente il giornale di una parte del partito. "Liberazione" ci ha troppo spesso irritato, deriso, insultato.
Vero. L’ultimo esempio? "Liquidazione comunista". Efficace, indubbiamente. Tutta la stampa borghese l’ha riportato. Io mi sono sentita insultata. Noi iscritte e iscritti ci siamo sentiti insultati. Insultati dalle pagine del nostro giornale. Insultati dalle pagine del nostro giornale che poi ci si chiede di comprare. Insultati dalle pagine del nostro giornale che poi ci si chiede di comprare e di diffondere. Insultati dalle pagine del nostro giornale che poi ci si chiede di comprare, di diffondere e di salvare.
E so bene che mi direte anche che questo giornale non può dirsi il giornale di Rifondazione Comunista. Non può essere il giornale di Rifondazione Comunista un giornale che in prima pagina urla nel titolo "Oltre Rifondazione". Non può essere il giornale di Rifondazione Comunista un giornale che titola in prima pagina "Cara Rifondazione, è ora di fare un altro partito". No, non può. Eppure accade.
Eppure è anche scritto "Quotidiano del Partito della Rifondazione Comunista". Così come nella testata è scritto "giornale comunista". Dovrebbe essere una sorta di dichiarazione di intenti. E allora? Come si può allora leggere su questo giornale cose come "liquidazione comunista"? No, non si può. Eppure accade.
Ma questo è anche il giornale che ha visto, unico in tutto il panorama dei quotidiani italiani, una prima pagina composta solo da un lungo, lunghissimo elenco di nomi. E quei nomi erano quelli dei morti sul lavoro dell’ultimo anno. E questa scelta da sola per me vale più di mille parole per dirvi che questo è il nostro giornale. E’ il nostro giornale quando sceglie di urlare contro le scelte razziste di questo governo, quando denuncia il quotidiano stillicidio di notizie che ci raccontano della violenza alle donne perpetrata dai maschi tra le mura domestiche, quando lotta per i diritti per tutti e perché questa società - e questo partito - siano meno omofobi. E’ il nostro giornale quando combatte con tutte e tutti noi per cambiare questo Paese.
Non basta, sì lo so, non vi basta per poterlo comprare. E soprattutto troppo grande è il solco che ormai si è voluto aprire tra il giornale e il corpo militante di questo partito. E questo solco tra il giornale e il Partito lo si è voluto scientemente scavare perché il progetto politico portato avanti dalla direzione di Piero Sansonetti non era quello di un giornale e di un partito comunista.
Ma io, noi, continuiamo a leggere che questo è il "Quotidiano del Partito della Rifondazione Comunista". E allora delle due l’una: o il partito cambia linea e decide di non essere più comunista, o il giornale decide di essere il giornale di Rifondazione Comunista. Tertium non datur .
A me risulta che il congresso di questo partito ci sia già stato e sia finito. A me risulta che il congresso di questo partito ci ha consegnato una nuova maggioranza e una linea scelta, certo è vero, solamente dal 53 per cento, ma una linea che non dice di superare Rifondazione Comunista. Anzi. Vorremmo, vogliamo, il rilancio di questo partito. E allora il problema è il giornale che dovrà essere il giornale di Rifondazione Comunista. Tutta.
Quindi anche dei compagni di Rifondazione per la Sinistra. Ma anche, non solo. Non vedo altre strade. E mi sembra anche molto semplice. E’ il giornale che deve scegliere. Non il Partito. Il Partito ha già scelto. Ora scelga il giornale. Vorremmo solo che ci fosse un maggior rispetto per questo partito e le sue scelte: basta descrizioni caricaturali e false. Compito di un giornale è anche attenersi alla realtà, non deformarla. Nel rispetto di tutti e nella pluralità delle posizioni. Tutto qui. E allora il giornale tornerà anche ad essere amato dai suoi iscritti.
Ma oggi vorrei invitare tutte e tutti voi a riflettere: davvero, come purtroppo da alcuni ho sentito, vorreste che "Liberazione" chiudesse? Davvero? "Liberazione" è il nostro giornale e perderlo vorrebbe dire perdere una voce libera e importante.
L’attuale situazione di crisi di "Liberazione" nasce fondamentalmente da due motivi: un suo debito pregresso che si è visto negli anni accresciuto, anche a causa di una forte perdita di vendite (di cui posso capire i motivi, ma che certamente dovrebbe anche interrogare tutte e tutti noi) ed ora i tragici tagli all’editoria che il governo ha previsto e che se confermati toglieranno la voce a molti quotidiani, ma soprattutto porteranno all’azzeramento di giornali come "il manifesto" e "Liberazione", dando un vero colpo alla pluralità e libertà di informazione.
Dalle compagne e dai compagni di Rifondazione Comunista, da tutti noi, io mi aspetto ora una battaglia affinché "Liberazione" possa continuare la sua strada. Dal partito mi aspetto, e so per certo che questa è la sua volontà, la difesa del suo giornale e dei posti di lavoro di tutte e tutti. Di chi, come i lavoratori poligrafici, in questa vicenda non ha avuto e non ha responsabilità politiche e gestionali e non può certo pagare il conto di scelte altrui. Di chi ha piene responsabilità, ma come lavoratore va tutelato con le unghie e con i denti. E non ho dubbi che questo avvenga.
A tutte e tutti voi chiedo un impegno straordinario: tornate a comprare, leggere e diffondere "Liberazione". Anche così ci aiuterete a superare questa crisi. Anche così il giornale tornerà ad essere il nostro giornale.