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Liberazione? Ora dico la mia

Publie le giovedì 8 gennaio 2009 par Open-Publishing
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Liberazione? Ora dico la mia

di Maria R. Calderoni

Farò outing anch’io. Finora anch’io sono stata zitta, nel dibattito in corso su queste pagine, anche se quello che penso sul giornale e sul partito non l’ho mai nascosto, anzi è molto noto. Come è molto noto che, se si vogliono applausi garantiti, la via sicura è andare al microfono e criticare "questa" Liberazione: tuttavia, anche quando mi sono trovata d’accordo con tali critiche (praticamente sempre), non ho mai partecipato al battimano. Per via del politicamente corretto, essendo ancora io una che in questa redazione ci lavora, insomma sono parte in causa. Ma alla fine, dopo tutto quanto - dalla Luxuria-Obama alle "divertite" provocazioni del direttore sul crollo del Muro come faro di civiltà e Ferrero prigioniero di stalinisti-breznevlani (per citare le ultime due) - mi è impossibile stare in silenzio per fair play.

Comincio dalla domanda che, in polemica con le critiche che piovono sul giornale, Antonella Merrone poneva in un articolo di qualche settimana fa, "a chi dà fastidio Liberazione?". No, domanda mal posta e anche del tutto fuori dal politicamente corretto. Non Liberazione dà fastidio, ma "questa" Liberazione. Le critiche piovono da tutte le parti (sì, anche dal 47% "amico", ) ma chissenefrega: ci si dichiara da soli interpreti unici del buono e del bello, e si proclama che questa è la migliore delle Liberazioni possibili, ... Veramente direi più che altro il giornale che fa arrabbiare i suoi lettori; direi più che altro il giornale che evidentemente piace moltissimo a pochissimi, come sembra dimostrare il pauroso trend delle vendite.

Allora, non sarebbe più proficuo per tutti noi che lavoriamo qui, e magari anche per la medesima Liberazione, inaugurare una congrua pausa (non è mai troppo tardi) di riflessione, anche solo per porsi delle ragionevoli domande? Non sarà che magari non siamo così splendidi, magari? Non sarà che il nostro cacao non è così meravigliao?

Domande che valgono anche per Queer, magari. Dirò nero su bianco quello che penso (del resto, risaputo): "pollice verso" a cominciare dal titolo. Carissimi/e, se si voleva stupire i borghesi, a cominciare dal titolo, beh, missione fallita; e veramente non si sono stupiti nemmeno gli antiborghesi, nemmeno i metalmeccanici, i bagnini e le casalinghe di Voghera. E non "per" i temi trattati - viva viva i temi sessuali-sessuati, di ogni genere tipo e colore, non abbiamo niente da ridire nemmeno sulla necrofilia (e del resto, non lo sapete, vero?, tal Lenin già ai tempi suoi, figurarsi, sosteneva che, in materia, è lecito ...); ma "per come" quei temi sono trattati; e con quale linguaggio, diomio. Non ne usciremmo bene, se un giorno a qualcuno saltasse in mente di mettere insieme una antologia di brani presi paro paro, come dicono a Roma, da Queer (e non solo da Queer, volendo: per esempio revisionismo e anticomunismo, vuoi spicciolo vuoi volgare, non sono merce rara...). No, Queer non "logora l’intolleranza", non ci siamo con Voltaire, Queer logora chi lo legge e questo fa molto male (soprattutto all’edicola).

Quello che voglio dire è che, come è assodato anche da una inchiesta ufficiale effettuata per la ormai storica conferenza di Carrara, "questa" Liberazione non è amata, (uso un eufemismo), dal partito nel suo insieme. Allora, chi siamo noi? Una redazione che si colloca non alla testa, per carità didio, ma "in testa" al partito? Siamo i Kalos kai Agatos, i bravi e buoni (e anche belli...), che mettono in riga gli iloti, i poveri beoti iscritti al povero partito, che tanto non conta niente? Si cita Allende (che ha detto molte altre cose, peraltro) per buttare lì che . Francamente, sono lezioni non ricevibili, soprattutto da chi la tessera non ce l’ha.

Orrore, mica vorrete che Liberazione ? Che sia come la Pravda? Dove andrebbero a finire la critica, il dibattito, l’anticonformismo, la libertà del libero giornalista, ecc ecc? Bene, ma allora perché passa la "linea" altrui, con tanta disinvoltura?

Sul tema hanno già risposto in tanti, Loredana Fraleone, Imma Barbarossa, Bianca Braccitorsi, pur anco uno che di nome fa Ferrero ed è il segretario nazionale, pur anco una mozione conclusiva di un Cpn. Sto qui fin dal primo giorno di Liberazione, ma nessuna velina è mai arrivata dai piani alti del Prc; e allora di quale autonomia si va parlando? Forse l’autonomia di fare appunto gli "autonomi", vale a dire il diritto di imporre il proprio pensiero - anche pensierino - unico? Di schierarsi per una parte e non per l’altra, cioé la maggioranza "sgradita" di oggi?

Quanto all’evocato che vorrebbe essere o diventare "questa" Liberazione (ne ha parlato e ne parla il direttore), non sappiamo niente, né chi lo vuole ne perché. Né tampoco ci risulta che sia all’ordine del giorno in qualsiasi istanza Prc (anzi, tutto il contrario). Nel nostro piccolo, sosteniamo e amiamo questo nostro giornale "di" partito: ci sta bene così, "di" partito (non soltanto un mero posto di lavoro).

Anche questo lo hanno spiegato benissimo ormai in tanti; si può essere un giornale "di" partito libero, liberissimo, intelligente, moderno, trasgressivo, persino da un milione di copie, chi ce lo impedisce? A proposito. Ho detto che faccio outing e lo faccio tutto.

Qui, in "questa" Liberazione, noi siamo in pochi, noi giornalisti iscritti al partito, solo cinque/sei su trentacinque (dopo tutto, , no?), e nemmeno il direttore è iscritto, come si sa (e chi gli ha mai detto beh). D’accordo, porte aperte, ma questo rapporto così drasticamente invertito, non è una peculiarità un po’ troppo "curiosa" di Liberazione in quanto giornale "di" partito?

Perché, sapete, è molto facile, direi naturale, rivendicare la totale, "sacra" autonomia - e anche la lontananza e il rifiuto (sì è così, cari miei) - da un partito al quale non si è iscritti. E aggiungo, sempre per via dell’outing, che noi cinque/sei poveracci di iscritti ci sentiamo quasi stranieri in patria, noi quattro sfigati "ancora" comunisti, "bollati’ (e anche aggrediti per nome e cognome sull’innovativo - autonomo autonomo! - "blog dei giornalisti di Liberazione"). Eppure, strano, in testata c’è sempre scritto "giornale comunista"...

Un’ultima cosa, in tema di ciò che il direttore chiama (sic, e vedo che ha relegato le cifre- tombali date da Grassi tra le lettere, non in prima, con lo stesso spazio dato a Bellucci, come mai?). Sarà orrenda - prosaica, forse? - ma c’è e insormontabile (e ormai disastrosamente nota e sicuramente portatrice di sciagure occupazionali); e qualcuno, la orrenda Cosa, deve addossarsela. Vedi caso, il vituperato partito (a meno che "questa" Liberazione voglia essere autonoma, autonomissima, anche a tale riguardo, prego).

Maria R. Calderoni

p.s. Carissimi compagni, carissimi lettori di Liberazione, questo lo dico solo per voi ( e un po’ anche per l’amministrazione). Avrete notato che la mia firma è quasi sparita. Non che io sia alle Maldive o non scriva, semplicemente gli articoli - tutti proposti, concordati e consegnati nei tempi previsti, sapete, da comunista sono disciplinata - vengono lasciati nei cassetti, a futura memoria. Senza spiegazione. Questo mi succede, oggi, dopo 16 anni di lavoro e centinaia di pezzi scritti per il nostro giornale (ora così liberal). Grazie.

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