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il manifesto 24 febbraio 2008
Fuori chi ha più di dieci anni da parlamentare. Scontro sulla Sinistra europea
Liste, tabula rasa nel Prc
di Matteo Bartocci
Non col coltello tra i denti ma quasi. Alla fine di una discussione molto serrata il «parlamentino» di Rifondazione comunista (il comitato politico nazionale) sceglie la strada del rinnovamento e vara regole ferree per le candidature alle prossime politiche. Tetto massimo dei due mandati istituzionali (non si possono fare più di 10 anni da onorevole), rappresentanza per metà di uomini e metà di donne, incompatibilità tra incarichi direttivi di partito e seggio in parlamento a partire dal prossimo congresso previsto in autunno.
La due giorni di discussione del cpn si svolge tra la fretta della campagna elettorale che incombe e la contestazione di un centinaio di autoconvocati che arrivano soprattutto da Bologna e Firenze per protestare contro la rimozione della falce e martello dal simbolo.
Su e giù dal palco, non solo la questione dei criteri per le liste (il Prc e la Sinistra europea avranno il 45% degli eletti sotto il simbolo arcobaleno) ma anche dissensi e diversità di valutazione sia sull’esperienza del governo che sulla prospettiva del nuovo soggetto «unitario e plurale».
Secondo i criteri restrittivi approvati ieri (che in fondo rispecchiano quanto già previsto dallo statuto del partito) potrebbero essere esclusi dal prossimo parlamento dirigenti importanti come Alfonso Gianni, Franco Russo, Ramon Mantovani e Francesco Forgione (che forse in quanto presidente dell’Antimafia potrebbe avere una deroga). Mentre al senato la regola dei due mandati taglierebbe fuori Milziade Caprili, Maria Celeste Nardini e Tiziana Valpiana. Oltre al capogruppo Giovanni Russo Spena, che aveva già annunciato il suo addio nei giorni scorsi. Decisioni sicuramente sofferte ma opposte a quelle di Sd, Pdci e Verdi che in gran parte confermeranno invece tutti i propri stati maggiori. «Chiederemo agli altri di avvicinarsi ai nostri criteri - assicura il segretario Franco Giordano - ma per quanto ci riguarda nessuna rinuncia al rinnovamento anche generazionale».
La discussione, con tanto di emendamenti e voti contrapposti, si è concentrata soprattutto sulla richiesta (avanzata da Russo e Mantovani, sostenuti in questo dalle minoranze) di chiedere il rispetto dei criteri anche ai candidati della Sinistra europea che, come sempre, saranno ospitati nelle liste rifondarole.
Anche se mai evocato direttamente, il fantasma di Pietro Folena (5 legislature alle spalle) e Antonello Falomi (4 legislature) ha aleggiato più volte nella sala. Alla fine la segreteria e Francesco Ferrara - il responsabile organizzazione che ha in mano le tabelle con le liste - hanno optato per una linea di «moral suasion» rinviando la discussione sui nomi dei candidati al voto definitivo del cpn di venerdì prossimo.
Sono venuti al pettine però anche dissensi di linea politica. Paolo Ferrero, ministro uscente, ha esordito ammettendo con parole crude la «sconfitta» e il «fallimento» dell’esperienza di governo. Ma proprio per questo, guardando al domani, ha chiesto più chiarezza in campagna elettorale: «Dobbiamo spiegarlo bene che non si può governare con Veltroni. Non basta criticare la voglia di larghe intese». E’ quasi l’unico a chiedere più rigore morale: «Per sanare la frattura tra eletti ed elettori serve una risposta neopuritana, non possiamo essere sospettati di ’mastellismo’». Dubbi anche sul nuovo partito, che Ferrero vede come una federazione tra diversi («Noi siamo comunisti, altri no») e un terreno di costruzione soprattutto di una «comunità» di sinistra nella società.
Tutti distinguo che Alfonso Gianni, sostenitore fin dall’inizio di un nuovo partito, bolla come «pura ipocrisia»: «Sostenere l’idea di una federazione è dire che non si crede a questo progetto. Certo - ammette - molto dipenderà dall’esito elettorale. Se va bene, questo processo non lo fermerà più nessuno».
Incandescenti ormai anche i rapporti con le minoranze (oltre un quarto del partito). L’area dell’Ernesto, che ha in parlamento Giannini e Pegolo, critica aspramente la liquidazione della falce e martello e per questo sicuramente non avrà eletti in parlamento. Più sfumata invece la posizione di Essere comunisti (Grassi e Burgio), che rispetta la scelta della Sinistra arcobaleno ma invita la segreteria a fare chiarezza per chi non vuole sciogliere il partito con una seconda Bolognina. Divisioni della maggioranza e critiche delle minoranze destinate a esplodere al congresso nazionale che si terrà dopo l’estate.