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Lo scalpo del nemico

Publie le giovedì 15 giugno 2006 par Open-Publishing

In Iraq si festeggia la morte di al Zarqawi. Ma è giusto gioire dell’uccisione di un nemico?

di Gino Strada

Caro chirurgo confuso,

ho seguito sui telegiornali la conferenza stampa con cui si annunciava (e si celebrava) l’uccisione di al Zarqawi. Al Zarqawi era sicuramente un pericoloso terrorista, ma quei "festeggiamenti" mi hanno dato i brividi..Che cosa ne pensi?
Giovanni

La morte di Al Zarqawi è la “notizia del giorno”. Era un convinto e dichiarato terrorista. Su questo punto siamo tutti d’accordo. Ma proprio questa comune certezza ci induce a riflettere senza paure né alchimie.

“Il termine terrorismo significa violenza premeditata che a fini politici viene perpetrata contro bersagli non combattenti da parte di gruppi sub-nazionali o agenti clandestini...” Una definizione strana, per alcuni versi pazzesca. Perché ne deriverebbe che lo sterminio degli abitanti di un villaggio di contadini non è terrorismo se viene compiuto da “gruppi nazionali” , cioè dagli eserciti di qualsiasi Paese. Licenza di uccidere. E’ la legge degli Stati Uniti d’America ad affermarlo al Capitolo 22, Sezione 2656f(d), come riportato nel sito ufficiale della CIA.

Zarqawi è stato un terrorista non perché era senza uniforme. Lo è stato perché sparava, sgozzava, metteva bombe, tirava razzi, piantava mine, rapiva e torturava. In altri termini, lo è stato - il contenuto del suo agire è lì a provarlo - perchè “faceva la guerra”. Il terrorismo è guerra, e la guerra è la forma più organizzata e devastante di terrorismo. Non ne siamo convinti?

Se si decidesse una devastante campagna di bombardamenti aerei “per distruggere il morale della popolazione civile nemica e, in particolare i lavoratori delle industrie”, sarebbe questo un atto di terrorismo oppure no?

Per le Convenzioni di Ginevra, assolutamente sì, in quanto contrario a tutti gli articoli che regolano la condotta bellica in materia di protezione delle popolazioni civili. Articoli quasi sempre disattesi da tutti gli eserciti, ma pur sempre validi perché rappresentano - per molti di noi - un tentativo anche se illusorio di porre un limite alla barbarie. Non si parla qui di civili morti “per caso” durante azioni belliche, siamo di fronte alla esplicita dichiarazione di volere colpire selettivamente le popolazioni civili. Un gigantesco e premeditato atto di terrorismo di massa.

La frase sopra citata sta nella Risoluzione del governo inglese che nel febbraio del 1942 autorizza i “bombardamenti di area” cioè la distruzione di intere città con i loro abitanti. Più di un milione di tonnellate di bombe sulle città tedesche: almeno seicentomila civili morti, per quella decisione. E poi i feriti e i mutilati, e chi è impazzito, e i sette milioni di senza tetto.

Crediamo davvero che guerra e terrorismo siano cose diverse? I soldati - parte di “gruppi nazionali” - che hanno compiuto la strage di Haditha non sono migliori, né meno terroristi, di Al Zarqawi.

Ma basta, mediaticamente, proclamare i buoni e i cattivi, i “good guys” (cioè noi) e i bad guys (loro) e il gioco è fatto: siamo nemici, quindi ci combattiamo. E scatta, come sempre in guerra, l’irrazionalità’ totale.

“Giustizia e’ fatta” ha dichiarato George Bush.

Avevamo opinioni diverse sull’idea di giustizia. Pensavamo che alla parola fosse obbligatoriamente associata l’esistenza di una legge, di un diritto, di un processo equo, di un’equa sentenza.

Invece no. Nel mondo che sempre più si militarizza, “giustizia” significa bombardare una casa e seppellirvi un terrorista e un’altra decina di persone, inclusi donne e “un bambino”. Effetti collaterali.

Non si può certo pensare di instaurare tribunali nelle zone dove si combatte, ma chiamiamo almeno le cose col loro nome: uccisioni, eliminazioni fisiche, guerra. Quando c’è guerra non c’è alcuna giustizia ma solo la lotta per l’eliminazione reciproca, essendo ciascuno dei combattenti convinto di stare “dalla parte giusta”.

Molto del pensiero sociale, etico, giuridico, politico degli ultimi secoli sembra improvvisamente svanito, sostituito dagli spot, dalle bugie, dal culto della violenza.

Alcuni governi hanno espresso “soddisfazione” e inviato “felicitazioni” per l’uccisione di Al Zarqawi. E’ un altro grave sintomo di barbarie, il gioire di fronte ai morti. Chiunque siano, qualsiasi atrocita’ abbiano commesso. E’ la cultura della guerra.

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