Home > Lo scempio della Costituzione
(L’autore p uno dei maggiori giuristi italiani)
Mancano pochi giorni al referendum sullo scempio della Costituzione repubblicana e il centrosinistra sembra non aver ancora iniziato la campagna elettorale per il "no". Frattanto la televisione - quella pubblica, e non solo quella di Berlusconi - illustra i contenuti del referendum spiegando che si andra’ a votare semplicemente sulla diminuzione del numero dei parlamentari e su una piu’ razionale e per tutti vantaggiosa differenziazione di competenze tra camera e senato e tra stato e regioni.
Torniamo allora a raccontare l’incubo che ossessiona e tormenta quanti conoscono - un’infima minoranza dell’elettorato - cio’ su cui andremo a votare: la possibilita’, niente affatto inverosimile visti i sondaggi e la totale disinformazione, che prevalgano i "si’" a questa manomissione della nostra democrazia.
Avremmo, se vincessero i "si’", 20 sistemi sanitari, 20 sistemi scolastici e 20 sistemi di polizia diversi, con i relativi apparati burocratici e, soprattutto, con la lesione dell’uguaglianza dei cittadini nei diritti alla salute, all’istruzione e alla sicurezza, in danno di quanti abitano nelle regioni piu’ povere.
Avremmo un’ulteriore personalizzazione e verticalizzazione del sistema politico all’insegna di una sua degenerazione antiparlamentare e antirappresentativa. Tutti i poteri politici sarebbero di fatto concentrati nella figura autocratica di un "primo ministro" reso di fatto inamovibile e irresponsabile.
Ne risulterebbe infatti capovolto il rapporto di fiducia tra parlamento e governo: non sarebbe piu’ il governo che dovrebbe avere la fiducia del parlamento, bensi’ il parlamento che dovrebbe avere la fiducia del primo ministro, il quale potrebbe sempre sciogliere la camera sotto la sua "esclusiva responsabilita’".
Sarebbe d’altro canto praticamente impossibile la sfiducia, dato che essa comporterebbe, oltre alle dimissioni del primo ministro, lo scioglimento della camera e nuove elezioni; a meno che essa non fosse accompagnata dalla designazione di un nuovo primo ministro, che pero’ dovrebbe essere votata dagli stessi "deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della camera".
Sarebbero percio’ impossibili le crisi di governo parlamentari. Solo la maggioranza, quasi all’unanimita’, potrebbe sfiduciare il primo ministro.
Maggioranza e minoranza verrebbero blindate, in un parlamento ridotto a una specie di societa’ per azioni controllata, con un decimo o anche meno dei deputati, dal capo della coalizione vincente.
Sarebbe cosi’ alterato lo statuto del parlamentare, vincolato al primo ministro da un mandato imperativo dall’alto, in contrasto con il principio basilare della democrazia politica, stabilito dall’art. 67 della Costituzione, che "ogni membro del parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato".
La separazione tra potere esecutivo e potere legislativo sarebbe d’altro canto dissolta anche sul piano funzionale dal sabotaggio, oltre che dei poteri di controllo, anche delle classiche funzioni legislative del parlamento.
Avremmo infatti ben quattro tipi di fonti che darebbero luogo ad altrettanti conflitti: 1) leggi di competenza della camera su ben 22 materie, con parere non vincolante del senato; 2) leggi di competenza del senato con parere non vincolante della camera in tema di sanita’, organizzazione della scuola, programmi scolastici, polizia amministrativa e in ogni altra materia non di competenza della camera; 3) leggi di competenza congiunta di entrambe le camere su un’altra serie interminabile di materie; 4) leggi di competenza del senato cui il governo, su autorizzazione del
presidente della Repubblica chiamato a "verificar(n)e i presupposti costituzionali", potrebbe proporre modifiche "essenziali per l’attuazione del suo programma" che, se non approvate, sarebbero decise dalla camera a maggioranza assoluta.
E’ facile immaginare il caos istituzionale che proverrebbe da questo labirinto di competenze e dagli infiniti contenziosi generati dall’inevitabile incertezza dei confini tra le innumerevoli materie distribuite tra queste quattro fonti. Si sono addirittura previsti due nuovi organi - una commissione paritetica di 60 membri e un comitato di 8 membri designato dai due presidenti - per risolvere l’uno il disaccordo tra camera
e senato sulle leggi bicamerali e l’altro i conflitti di competenza tra le quattro fonti. A questi conflitti si aggiungerebbero d’altro canto i conflitti tra conflitti: tra quelli intra-parlamentari affidati al comitato degli 8 e quelli sulle stesse materie tra stato e regioni, rimasti di competenza della corte costituzionale.
Ne risulterebbe - tra un parlamento articolato di fatto in quattro camere (camera, senato, commissione dei 60 e comitato degli 8) e le 20 regioni - una conflittualita’ intraistituzionale permanente; la possibilita’ di ostruzionismi illimitati; la paralisi della funzione legislativa del parlamento in favore della decretazione governativa d’urgenza; una valanga di questioni procedurali sui due presidenti (e sul loro comitato) e sulla corte costituzionale; lo squilibrio in senso autoritario dell’intero assetto istituzionale; il crollo della certezza del diritto, il declino della legge
e l’indebolimento della funzione garantista della giurisdizione, la cui "soggezione alla legge" risulterebbe sostituita dalla soggezione ai decreti legge del governo. Una frana, insomma, dell’intero edificio dello stato di diritto e della democrazia rappresentativa.
Siamo quindi di fronte non gia’ a una semplice "revisione" della Costituzione, ma a una Costituzione nuova, che modifica simultaneamente la forma di stato, da nazionale a federale, e la forma di governo, da parlamentare a monocratica, e decostituzionalizza di fatto la Repubblica.
E’ infatti l’intera Costituzione, e non solo la sua seconda parte, che ne risulta stravolta: per la disuguaglianza nei diritti sociali provocata dalla cosiddetta devolution; per il nesso funzionale che lega la seconda parte della Carta alla prima; perche’ infine la crisi della legge, che e’ la fonte primaria di attuazione della Costituzione, non potrebbe non risolversi in un indebolimento di tutti i diritti fondamentali da questa stabiliti.
Di qui la radicale illegittimita’ di tutta questa operazione. Il potere di revisione non e’ infatti un potere costituente, ma un potere costituito, che in quanto tale puo’ produrre singoli emendamenti e non una costituzione del tutto diversa, se non in violazione della sovranita’ popolare sancita dal primo articolo della Carta del ’48.
Due cose almeno dovrebbero allora essere chiare anche ai nostri rappresentanti: che un’eventuale vittoria del "si’" ben difficilmente indurrebbe la destra a rimettere in questione la sua riforma; e che la vittoria del "no" e’ essenziale anche per quanti hanno a cuore, se non il futuro della democrazia, la sopravvivenza dell’attuale governo, che dall’entrata in vigore della costituzione di Berlusconi, Fini, Bossi e
Calderoli risulterebbe pesantemente delegittimato.
da "Il manifesto" (17-6-06)
Messaggi
1. > Lo scempio della Costituzione, 23 giugno 2006, 08:45
Abbiamo sempre lottato per una democrazia allargata, con controlli e partecipazione dal basso, che metta fine allo stato di corruzione permanente e agli abusi del potere, ma il mezzo indicato è tutt’altro che funzionale a questo
Viene anzi da soggetti in forte contraddizione tra loro che hanno fattivamente operato per immettere nella legislazione italiana norme restrittive del potere democr. e delle garanzie dei cittadini e dei lavoratori, riducendo progressivamente le nostre libertà e i nostri diritti.
Quando parliamo di democrazia allargata non intendiamo lo scatenarsi degli egoismi locali, tribali o territoriali, di casta o classe e nemmeno certo gli accentramenti nelle mani di uno solo, a scapito dei principali organi costituzionali e della sovranità popolare, ma una cura maggiore e migliore della cosa pubblica dal basso con partecipazione di tutti per il bene finale di tutti, senza discriminazioni aberranti ed egocentriche
E’ questa finalità che adesso viene potentemente violata
Lo stato è come un organismo dove la parte è funzionale al tutto
Se la cellula impazzisce o si separa dall’unità organizzata dell’intero corpo, abbiamo una metastasi
Se la testa pensa di poter servire a se stessa riducendo in servitù il corpo, avremo la morte
La logica della democrazia allargata non è la logica egocentrica di chi si separa né quella arrogante di chi si mette sopra, ma è la logica della cellula che cura il suo intorno immediato con la finalità di far star meglio tutto l’organismo
E’ una logica democratica e solidale che trascende ogni egoismo
Cosa pubblica vuol dire cura dell’intero e ciò non si ha né con la secessione che distrugge l’unità né col peronismo che prelude a un nuovo fascismo
Qui avremmo questi due mali, che, per di più, non stanno nemmeno insieme tra loro: la riforma di un arto che vuole separarsi dal corpo per stare da solo, e la riforma di una testa che vuole stare sopra il corpo per governare arbitrariamente a proprio vantaggio.
Viviana