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"Londra affonda la Royal Navy"

Publie le domenica 7 gennaio 2007 par Open-Publishing

“Londra affonda la Royal Navy”
a cura di Paolo De Gregorio – 6 gennaio 2007

Quando i giornalisti della nostra “libera stampa”, affrontando temi internazionali, trattano la questione dell’imperialismo la mettono sempre tra virgolette facendoci credere che è una definizione da estremisti e non corrispondente al vero, ma in rare circostanze come quella di oggi, 6 gennaio 2007, il Corriere della Sera si sbraca in un raro sussulto di verità, nel commentare a pag, 13: la crisi economica inglese costringe Londra a “ridimensionare la flotta che dominò il mondo” (parole del corrispondente da Londra Guido Santevecchi).
Il rammarico che trasuda da tutto il servizio per la fine del ruolo imperiale britannico, ci rivela quanto sono false quelle virgolette che il più autentico giornale reazionario italiano ordina ai suoi pennivendoli di mettere quando si parla di “imperialismo”, perché l’articolo gronda calde lacrime proprio sul fatto che la flotta di Sua Maestà sarà dimezzata e ridotta al rango di forza di “difesa costiera”.
Faccio notare che la flotta di un paese non imperialista e democratico avrebbe il preciso ed unico dovere di difendere le coste della propria nazione da attacchi di eventuali (ed improbabili) nemici, e qualunque altra funzione, peraltro svolta dalla flotta inglese dal Navigation Act dal 1651 (con una decisione che assegnò alla flotta inglese la più grande cifra mai stanziata)fino ai giorni nostri, ha garantito la penetrazione coloniale inglese in mezzo mondo, che gli stessi inglesi definivano impero britannico.
Ma il disegno della stampa di minimizzare le responsabilità dell’imperialismo non è affatto una questione minore, esso tende ad oscurare il fatto che situazioni di tensioni e di guerre nel mondo, affondano le loro origini nella politica coloniale ed imperiale delle potenze anglofone, a cominciare dall’Irak, amministrato dal 1920 dall’Inghilterra, che tracciò confini che non rispettavano le varie culture ed etnie, la stessa Inghilterra si inventò un suo protettorato nel confinante Kuwait, innescando problemi nazionalistici e territoriali che sono all’origine della destabilizzazione di quell’area.
Per non essere da meno, nel 1980 i fratelli di sangue e di imperialismo americani riempirono di armi il loro alleato Saddam Hussein per fargli fare una guerra per procura contro l’Iran che con la rivoluzione komeinista aveva colpito gli interessi petroliferi Usa. Faccio notare che il dittatore Saddam andava benissimo agli Usa quando faceva la guerra all’Iran, come Bin Laden quando per conto degli americani faceva il terrorista in Afghanistan contro i russi.
Le passione per la democrazia in quegli anni era un po’ attenuata nella anglofona casa di tutte le libertà.
Di origine imperiale è anche l’appoggio alla costituzione dello Stato di Israele che oggi fa parte dell’asse Usa-Inghilterra-Israele e ci ha regalato 50 anni di guerre.
Di origine imperiale è la questione di Taiwan, territorio da sempre cinese, dove gli Usa nel 1949 collaborarono a trasferire due milioni di seguaci del generale Chaing Kai-shek sconfitto dalla rivoluzione maoista e all’Onu votarono una risoluzione che riconosceva Taiwan e il suo governo come l’unica Cina legittima.

E come non sottolineare l’ultimo fronte di guerra aperto in Somalia dalle truppe etiopiche appoggiate dagli Usa con denaro e consiglieri militari, per fermare il le “Corti islamiche”, che avevano vinto la guerra civile durata 10 anni contro i “signori della guerra” alleati degli Usa.
E si potrebbe proseguire per molte pagine, come è riportato nell’imperdibile libro dello statunitense William Blum: “Con la scusa della libertà”.
Le radici dell’odio antioccidentale sono vere, giustificate, e, se si prendesse atto di questa elementare verità,che esse hanno origine nella politica imperiale e colonialista,
nell’interventismo, nell’ingerenza nella vita di altri popoli, la via d’uscita è lì, chiara e semplice, finirla con la costosissima prepotenza militare, ritirare tutti gli eserciti, smantellare ogni installazione militare e rinunciare alla pretesa di orientare e dirigere il mondo secondo i propri interessi di bottega.
La riflessione che invito a fare riguardo l’argomento della crisi dei finanziamenti alla flotta britannica e il conseguente ridimensionamento delle residue ambizioni imperiali, è che esso non è originato da dissenso, né da sopravvenuto pacifismo, ma da un dato economico che non consente più quelle spese assurde.
Tale risultato è il frutto di tutte quelle lotte di liberazione che in vari modi hanno distrutto l’Impero britannico diminuendo gli enormi profitti che venivano dalle ruberie imperiali, e l’altro è l’emergere di poli economici di prima grandezza come la Cina, l’India, il Giappone, che hanno sottratto grandi fette di mercato al dominio delle multinazionali anglofone e sono considerate economie in forte espansione a fronte di una stagnante economia occidentale.
Sono questi gli elementi che fanno la storia: il sangue e l’economia, e lasciamo i “pacifisti” occidentali trastullarsi con le loro illusione e la loro impotenza.
Mentre sarebbe importantissimo organizzare un boicottaggio di tutte le merci che provengono dall’asse Usa-Inghiltera-Israele per accelerare la loro crisi e il loro declino.
Paolo De Gregorio