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Mica vero che il nascente Partito Democratico non abbia radici, le ha eccome, profondissime. Prendete l’ultimo ganglo storico di cui si fregia il segretario in pectore Veltroni. Le radici di quel maestro di pensiero che porta un nome antico e santo – Ciriaco – risalgono saecula saeculorum sino alla Magna Grecia. Luogo di cultura vastissima e d’altrettanto spiccata propensione al bello estetico ed eccelsa meditazione indicato per lui dall’avucat che, si sa, possedeva un fiuto formidabile. E meglio dell’ex segretario Dc (capace di tener testa nientemeno che al ras Bettino che riuscì a turlupinarlo solo col patto del Caf con altri famigli del Grande Centro) chi può esser depositario di tanta magnifica progenie? Superando Timeo e Pittarco il filosofo di Nusco ne sapeva una più di Zeus e anche pelata, rotondità, pacatezza l’hanno sempre mostrato uomo pacifico e pacificato.
Discettava di Buongoverno molto prima del Cavaliere con richiami – udite – alla saggezza di Solone, al senso dello Stato di Pericle. Certo, appena si grattava nel programma del governo suo e degli amici emergevano, come vestigia ellenistiche, clientele. Talune dell’era prima scudocrociata, archeologie degasperiane, fanfaniane, morotee di cui sapeva con profitto ereditare forma e contenuto. Fra le infarciture del suo buoncostume di governo qualche peccatuccio c’era, chessò gli ingressi nei gangli dell’informazione di comparielli di suoi fidati arpionati in Rai per il mezzobusto parlamentare. Poi, buongesù, bisogna pensare un poco alla famiglia e Ciriaco tiene famiglia pure numerosa da piazzare. Innanzitutto in un bel superattico, superblindato alle pendici del Quirinale. Pagava lui sì, poche centinaia di biglietti da mille lire manco abitasse nei lotti di Tor Bellamonaca.
Poi il povero figliuolo Giuseppe doveva fare qualcosa di divertente nella vita, o no? Allora da buon padre Ciriaco chiamò Cragnotti (prima del crack Cirio) per sistemare il pargolo nella società calcistica. Non a giocare al calcio ma a fare danni peggiori con l’Ufficio Stampa. Dove il Gran Maestro ha potuto esprimere ogni sfaccettatura della sapienza acquisita è nell’interpretazione di quel segno del cielo che fu il terremoto dell’Irpinia. Lì il Padreterno fece fare il suo corso alla natura e i politici del Grande Centro, da ottimi uomini di fede, interpretarono che fosse giunta l’ora di realizzare il proprio corso. E giù a costruire decumani e boulevard anche in paesini appenninici, palazzine e villettine, viadotti simili ad acquedotti coi denari straordinari dello Stato versati ad aziende di malaffare. Però se lo ricordate Ciriaco s’oscura, perde l’aplomb bonario, lancia lamenti come avesse dolori addominali acutissimi. Veltroni li sente o crede si tratti della cicala di Eunomo?
Spartacus, 5 settembre 2007