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MANIFESTAZIONE A LONDRA CONTRO BLAIR E LA GUERRA IN IRAQ - 31/10/2006

Publie le mercoledì 1 novembre 2006 par Open-Publishing

Hundreds of anti war protesters demonstrate outside Houses of Parliament in London, Tuesday, Oct. 31, 2006. Prime Minister Tony Blair faced a new challenge to his authority Tuesday as lawmakers debated the role of coalition troops in Iraq for the first time since the 2003 U.S.-led invasion and planned to vote on a proposal for an immediate inquiry into Britain’s role in the conflict. (AP Photo/Sang Tan)

Blair come Chamberlain: vince una battaglia ma perde la guerra
Marzia Bonacci, 31 ottobre 2006

Esteri In discussione alla Camera una mozione presentata da diverse forze politiche che richiede al governo una commissione di inchiesta sulla guerra in Iraq. Per il premier non è necessaria, e molto probabilmente non verrà votata, ma il caso rischia di trasfromarsi per lui in una futura spina nel fianco

Il premier laburista Tony Blair ha già fatto sapere di essere contrario, dichiarando la propria chiusura di fronte alla richiesta, sostenuta trasversalmente da diverse forze politiche del paese, di avviare un’inchiesta parlamentare relativa alla guerra in Iraq e alle sue conseguenze. Nonostante la posizione del primo ministro, oggi pomeriggio alla Camera dei Comuni la mozione a sostegno dell’inchiesta verrà comunque discussa e votata, all’interno di quello che si presenta come il primo dibattito ufficiale dal 2004 tenuto in relazione alla vicenda irachena. In base alla distribuzione complessiva dei voti, per il momento il documento è destinato a non passare, sebbene la discussione all’interno della Camera e nella società inglese sia destina ad assumere uno spazio sempre più crescente.

La mozione promotrice dell’inchiesta sul caso Iraq è nata da una convergenza politica che ha visto partecipi il gruppo dei Conservatori, i nazionalisti scozzesi e gallesi dello Scottish National Party e del Plaid Cymru, oltre ad una quarantina di "ribelli" laburisti contrari e scettici riguardo al ruolo giocato dal proprio paese all’interno della missione mediorientale. Alla base della loro richiesta ci sarebbe il trasversale convincimento di dover in qualche modo chiarire le responsabilità rivestite dal governo nella preparazione del conflitto, ma anche la sua strategia per quel che ha riguardato l’invasione militare dell’Iraq e la fase di "normalizzazione" del dopoguerra.

Sulla realizzazione dell’inchiesta, sui suoi tempi e soprattutto sul soggetto delegato ad attuarla, però, il comune fronte dei sostenitori si divide: per i due partiti nazionalisti dello Snp e del Pc - promulgatori del documento in corso di discussione oggi alla Camera dei Comuni - la commissione investigativa dovrebbe essere affidata ad un comitato di sette saggi scelti fra i parlamentari e dovrebbe essere attiva da subito; diversamente, i Tories sostengono la necessità di coinvolgere personaggi estranei al Parlamento, come ex militari e funzionari dello stato, oltre a quella di rendere operativa l’indagine soltanto quando si sarà attuato il completo ritiro delle truppe inglesi dal paese. Una scelta, quella del gruppo conservatore, che richiama alla memoria la cosiddetta "inchiesta Franks", l’indagine condotta sulla guerra delle Falklands-Malvine combattuta dall’esercito inglese della "Lady di ferro" Margharet Tacheter nel 1982 contro l’Argentina.

Per il premier britannico, comunque, l’inchiesta proposta da questo schieramento politico misto -unito nell’intento nonostante le diverse concezioni con cui intende realizzarlo-, non ha ragione di esistere, soprattutto perché rischierebbe di "compromettere il lavoro delle truppe sul campo di fronte ad un nemico che cerca di cogliere ogni segnale di debolezza". Una motivazione strategica dunque, che schiera Blair e la maggioranza del suo partito su posizioni di chiusura.

Mentre il leader tory David Cameron ha avvertito che se l’esecutivo dovesse cedere sulla questione, allora i conservatori sono pronti a dare sostegno alla mozione nazionalista che richiede un’indagine immediata sulla vicenda irachena.

Per ora il dibattito è acceso, e sebbene Blair sia comunque in una posizione difficile, si esclude per lui un possibile voto contrario. Al di là della dichiarazione di intenti compiuta dai tories e al di là dei 40 dissidenti interni al suo partito, alla Camera dei Comuni il Labour Party blairiano conserva ancora una maggioranza schiacciante (300 deputati contro 250), che non dovrebbe consentire l’approvazione della mozione relativa all’inchiesta. Eppure, come ha osservato il leader dei nazionalisti scozzesi Alex Salmond, se anche Blair riuscisse a spuntarla, "si troverebbe nella stessa posizione di Neville Chamberlain, ovvero di vincere una battaglia ma di perdere una guerra". Con la sola differenza, per altro aggravante, che Chamberlain (premier durante la Seconda guerra mondiale dimessosi per lasciare il timone di comando a Winston Churchill), aveva almeno le spalle coperte da un’Europa unita nel comune intento di contrastare - anche se all’inizio troppo debolmente- il nazismo tedesco, mentre il povero Tony Blair è ormai rimasto internazionalmente solo, unico sostenitore della guerra preventiva inaugurata dal presidente americano George Bush .

E se il conflitto iracheno è destinato a trasformarsi sempre più marcatamente in terreno di dialogo acceso e aspro, ad avvelenare ulteriormente il clima nazionale contribuisce anche la crescente preoccupazione per il fenomeno delle milizie private inglesi operanti sul territorio iracheno. Secondo l’ong nazionale "War on Want", infatti, ci sarebbero tre guardie private per ogni soldato inglese attualmente presente in Iraq, per un totale di quasi 22 mila uomini al soldo di compagnie di sicurezza private. Proprio quest’ultime, la loro attività e i loro rapporti con il governo inglese, sono stati al centro dell’analisi promossa da una conferenza tenutasi nei giorni scorsi a Londra, durante la quale le stesse formazioni di sicurezza privata a pagamento hanno dovuto ammettere di godere di scarsa stima nell’opinione pubblica del paese, insospettita dal loro frequente coinvolgimento in vicende di abusi sulla popolazione civile irachena. Il meeting è stata anche l’occasione però per denunciare la scarsa collaborazione esistente con l’esecutivo, incapace di presentare in Parlamento una proposta di legge per la loro regolamentazione.

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A demonstrator from Stop the War Coalition stands outside the Houses of Parliament in London as Member of Parliament debate a motion calling for an inquiry into the Iraq war October 31, 2006. British Prime Minister Tony Blair, U.S. President George W. Bush’s strongest ally in the Iraq war, may face a damaging defeat in parliament on Tuesday over his handling of the conflict. REUTERS/Stephen Hird (BRITAIN)


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