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Cosa accadrebbe se qualcuno prendesse sul serio l’editoriale del direttore del TG2 Mazza mentre collega i vaffa grilliani alle P38? Non c’è pericolo, nessuno seguirà le sciocchezze del bellimbusto televisivo. Né il comico che comprendendo come quell’intervento prandiale fosse dettato da crisi bulimica (ma allora perché Mazza alle tredici non si consola con pastaececi senza far rimporre il cibo agli italiani?) né tantomeno il camerata Fini che della carriera fatta fare all’amico di merendine è l’assoluto mallevadore. Imbarazzato e algido il leader postfascista ha fatto sapere che gli avrebbe inflitto una tiratella d’orecchie. Pur piazzato nel TG della Destra per meriti di saluto romano e rievocazioni del Ventennio, stavolta Mazza ha ecceduto nello zelo fazioso. Straparlando, che è qualcosa peggiore delle chiacchiere vuote di alcuni destorsi italici, o del ripetere nostalgiche litanie. Dell’ultimo Grillo si possono dire tante cose, anche molto critiche, quelle dette da Mazza confermano una pochezza d’argomenti e di spirito riconosciute e censurate dallo stesso padrino.
Ha voglia Mazza a stilare memorialetti e amarcord di luoghi indecenti frequentati in età goliardica come fu la redazione del “Secolo d’Italia”, che vedeva appassionatamente avvinti cameratelli giudicati vigliacchetti da certi militanti missini. Perché mentre quest’ultimi s’adoperavano a sparare e ammazzare in piazza ma rischiavano anche pettinate di ronde antifasciste, loro i paragiornalisti parculetti tenevano le terga in caldo scribacchiando per Almirante e pensavano al calcetto. Fini, Malgieri, Storace, Gasparri, Moffa, Mazza, Soccillo ottima formazione. Piacioncino e autocelebrativo il direttore ha definito via Milano un “fortino da cui scrutava il mondo”, elargendo quella fedeltà a Fini che gli è servita per ottenere un posto al sole davanti alle telecamere. E’ lì che da un lustro s’impettisce e discetta di politica per compiacersi, ma quel che riesce a proferire sono “mazzate” che ormai irritano il suo protettore.
Alcuni compagni di scuola giurano che Mazza le sparava grosse anche a diciott’anni ma stava più acquattato. Un periferico liceo d’un quartiere popolare non era luogo dove esporsi e si fingeva democratico e infoiato di belle lettere; gli fossero serviti gli anni di studio avrebbe compreso le deficienze dell’ideologia abbracciata. Invece nisba, eccolo realizzarsi alla corte della Reazione con lo spiccato gusto per l’arrivismo. Non ci fossero stati gli sdoganamenti berlusconiani che hanno fatto di Fini uno “statista” anche lui non sarebbe arrivato così in alto, però nel carrozzone Rai c’era già, baciato dalla lottizzazione che nella corporazione pennivendola premia indistintamente a Sinistra e a Destra. Grato del grado nella tivù pubblica il direttore ha fatto del suo meglio per servire padroni e protettori. Era certamente in buona compagnìa. Eppure stavolta supera se stesso, sbalordisce maestri d’ogni colore e soprattutto fa venire il cimurro al suo boss. Sarà il suo un incompreso atto di ribellione? Che alla fine Mazza si scopra bolscevico?
Spartacus, 20 settembre 2007