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MORTE DI UN FASCISTA E MORTE DELL’ANTIFASCISMO
Publie le martedì 12 dicembre 2006 par Open-Publishing1 commento
Non è da condividere il giubilo di tanti cileni per la scomparsa del boia fascista Augusto Pinochet.Una morte che ha sopravanzato il passo lento della giustizia, impedendo al Cile di fare i conti anche materialmente con il proprio intollerabile passato. E’ scandaloso che l’infame aguzzino di migliaia e migliaia di cittadini, il torturatore al servizio del grande capitale nord- e sud-americano, l’oppressore della libertà individuale e collettiva sia riuscito a morire nel suo letto, appartato e quasi immune dal giusto disprezzo, dalla rabbia doverosa di quanti ha condannato al dolore e all’infelicità. Si contano in tremila le vittime ufficiali, in dieci volte di più quelle reali, ma l’offesa alla terra cilena, alla sua dignità e all’umanità intera prescinde da qualsiasi quantificazione. L’11 settembre, quello vero, sulla cui tragica portata non si addensano dubbi ma soltanto drammatiche certezze, è l’11 settembre del 1973: il giorno della morte nel sangue della democrazia e della libertà. Nessun processo e nessuna condanna avrebbe mai ripagato i familiari degli assassinati e degli scomparsi, certamente, tuttavia processi ed eventuali condanne servono ad altro: a restituire una causalità umana agli eventi al di là della folle bestialità che li determina, a reintrodurre nella sofferenza un metro di giudizio condiviso sul quale rifondare la speranza. Ciò che esprimono le borghesie privilegiate scese in piazza a manifestare affetto e gratitudine al cadavere di un persecutore è appunto la negazione di qualsiasi speranza di riscatto per il Cile e per l’uomo. Costoro difendono con crudeltà le proprie postazioni di potere, lucrate sulla sofferenza e sullo sfruttamento altrui, senza macchiarsi le mani bensì investendo un mastino sanguinario del compito di tutelare con la forza patrimoni spesso illeciti e vantaggi sempre indebiti. Pinochet ha incarnato questo mastino ringhiante così come lo hanno incarnato tutti i leader dei tanti fascismi che la civiltà (?) ha conosciuto. C’è da rabbrividire alle lacrimose effusioni inscenate in memoria del massacratore di Stato dai cileni altolocati, affiancati (come succede ovunque) dal sottoproletariato lavorativo e spirituale che individua nella brutalità violenta di un “capo” il riscatto dalle proprie debolezze economiche e sociali. Rabbrividiamo ancora una volta per questo paese lontano, e però non così lontano dal metterci al riparo da evoluzioni consimili. In questa società italiana di inizio secolo il fascismo squadrista non è più un pericolo strisciante, una fiamma che cova sotto la cenere di una storia (Storia) acclarata e definitiva, quanto un rigurgito attuale, tangibile, di fronte a cui solo gli ipocriti e gli stolti possono far finta di nulla. Fascisti in piazze ufficiali, insieme a migliaia di benpensanti, teschi e gagliardetti fra i bambini chiamati a strepitare ingiurie “contro la finanziaria”. Fascisti in combutta cogli evasori fiscali, come sempre, tollerati e protetti dall’impresa in quanto caposaldo e avamposto dell’offensiva contro i lavoratori. Fascisti avocati a sé dalla politica, da partiti e statisti che ignobilmente seguitano a declinare con lascivia il sostantivo “libertà”. Fascisti negli stadi, investiti di una gestione monopolistica del “tifo” che è (nel deserto sociale indotto via tv) la più potente molla di captazione del consenso. Che a un palazzinaro ignorante faccia comodo così non meraviglia, né che un presunto convertito alla democrazia (qual è Fini) possa in questo modo instaurare un afflato sia con la destra per bene che coi seguaci delle camicie nere (tanto può l’incultura accoppiata al cretinismo sociale!). Ma che neanche la sedicente sinistra si faccia troppi scrupoli francamente fa cadere le braccia. Invece di esprimere la riprovazione più netta, di tacciare i disvalori della destra in quanto tali, di denunciare i manipolatori della verità storica, questi glissano, minimizzano, ci vanno perfino a discutere ai congressi! Come se “fascismo” fosse una delle tante opzioni ideologiche (al pari di liberismo, o socialismo…) sulla scena, e non invece la reductio ad unum di qualsiasi violenza intollerante resa manifesta dalle epocali tragedie vissute nel secolo trascorso. Quanti Pinochet continueranno a morire nel loro letto senza che i nostri politici spendano una parola di giustizia? E quanti potenziali Pinochet ci sono fra di noi in circolazione, osannati e riveriti in omaggio a un populismo (meno tasse, più forche, tanti stadi e tanti varietà televisivi…) dilagante e incontrastato? Ha ragione Giuliano Amato nell’evocare lo spettro di una demagogia peronista fondata su livori irrazionali, ha ragione almeno quanto ha torto nell’individuarne il contrafforte in un presunto “partito democratico” fumoso, vacuo, incentrato su contenuti vaghi e cangianti. Chissà se tra questi contenuti rientrerà almeno (come fu per la repubblica nascente) l’antifascismo come patrimonio unificante e irrinunciabile?
Messaggi
1. MORTE DI UN FASCISTA E MORTE DELL’ANTIFASCISMO, 20 dicembre 2006, 20:33
speriamo che non abbia la stessa fortruna berlusconi!
che siano gli elettori italiani a cacciarlo a pedate (politiche) e la giustizia