Home > MORTI SUL LAVORO: PER CHI SUONA LA CAMPANA
Cinque, ben oltre il trevirgolaottantasette della media. Il lunedì nero della mortalità da lavoro, che purtroppo rischia di essere superato da altri giorni nefasti, fa fatica a trovare spazio e non molto ne trova nella cronaca dei media sempre attenti al sangue e ai fatti criminali. C’è l’Italia che parla del pericolo romeno e i politici che discettano su come organizzare le espulsioni. Noi non siamo necrofili ma l’allarme per un fenomeno tanto diffuso e assolutamente reiterato, che ha avuto anche l’autorevole voce del Presidente della Repubblica, sembra inascoltato dal Parlamento e dagli organi preposti a controlli e repressioni delle copiose inadempienze imprenditoriali. I dati di incidenti e vittime da lavoro continuano a essere inquietanti, rappresentano una delle moderne guerre italiche, uno dei tumori del vivere sociale. Eppure non producono reazioni. Assieme a criminalità, corruzione, evasione fiscale, inquinamento, droga divulgano acquiescenza e rassegnazione che diventano un vero male dell’anima. Se inevitabilmente siamo destinati a morire, non lo siamo di lavoro. Non in giovane età, né queste morti sono un segno del destino.
Storie diverse e identiche che purtroppo si ripetono. Cadute da impalcature, soffocamenti per smottamenti di terra, per fuoruscita di acidi, per schiacciamento, folgorazioni ma anche stritolamenti da impastatrici che non accadono sempre in nuclei operativi sperduti di pochi addetti ma nelle fabbriche, in grandi multinazionali che dovrebbero essere controllatissime. Come la Fiat Mirafiori dov’è inaccettabile parlare d’imponderabilità. E se nessun’impresa, nessun manager possono addurre attenuanti men che meno possono farlo i Marchionne dell’industria italica. Ascoltando i racconti dei familiari delle vittime la pelle s’accappona e l’indignazione cresce. Se sei l’attualmente odiato romeno - pur lavoratore – la situazione si complica perché nell’edilizia spesso operi in nero oppure in condizioni garantite per legge che raggirano la possibilità di ricevere un’indennità Inail per infortunio o decesso. Se sei italiano, visti i bassi salari, le pensioni di reversibilità risultano insufficienti alla sussistenza di figli e consorte. Prendere o lasciare, è la fabbrica del Terzo Millennio e il sindacato, se non si chiama Fiom, gira lo sguardo altrove o solidarizza. Con l’azienda.
Ogni categoria ha il suo campo di battaglia, alcune sono indubbiamente la fanteria come sulle trincee del Carso della Grandeguerra. A spararti alle spalle se non prosegui il quotidiano assalto alla baionetta sono i moderni Carabinieri: gli addetti alle Risorse Umane che ti sbolognano o gli efficentisti del lavoro flessibile di matrice confindustriale o sindacalconcertata. I lavoratori italiani e stranieri, comunitari ed extra, attendono ancora da Epifani-Bonanni-Angeletti-Polverini (ormai è quadruplice l’intesa) uno sciopero generale sul tema delle morti sul lavoro. Invece il vuoto. Proclamucci e lacrime di coccodrillo per una sostanziale connivenza con un governo, un’opposizione, un Parlamento che tanto discutono ma non di questa strage quotidiana. Ripetiamo tutt’altro che casuale. Si svegli la Sinistra di sinistra, i suoi onorevoli anziché scaldar poltrone mettano il loro mandato al servizio di chi per mille o anche meno euro mensili è destinato a morire di lavoro e non riceverà mai neppure una statua, un epitaffio, una misera prece.
Enrico Campofreda, 8 novembre 2007 pubblicato su Alternativ@mente.info