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Publie le venerdì 22 giugno 2007 par Open-Publishing

Non immaginavate che nel profondo, assai profondo del cuore sacro di Bondi Sandro - un tempo sindaco piccista meno trinariciuto, almeno nell’aspetto, di Ferrara Giuliano ma altrettanto pesantemente servile verso Silvio il Padrino – non immaginavate che in quel cuore fibrillasse la vena del Vate. Invece eccola la meravigliosa notizia, eccoli i versi sublimi: “Ignara bellezza/ rubata sensualità/ fiore reclinato (sic)/ peccato d’amore”. Ispirati da quale musa?
La nuova fiamma del Capo, da lui molto esposta e sospinta, la rossa (solo di crine e ci perdoni la Pantera di Goro per l’indebita usurpazione ideale). Maria Vittoria Brambilla, la nuova coscialunga della “Libera Casa del Fascio come Cazzo mi Pare” che è prepotentemente sul trampolino di lancio perché dei circolini giovanilini quella Casa ora detiene le libere chiavi assegnatele dal Capo estimatore.

Andiamo all’esegesi lirica. Il Vate chiosa: Ignara bellezza – fra le tante cose di cui lei la Nike non è consapevole è il concentrato di κаλός che c’è nella sua persona – rubata sensualità - rubata a chi? al chirurgo estetico, al corso di erotismo-liberal tenuto da Adornato? all’insegnamento navigato della Santanché? al manuale delle giovani marchette? E poi – fiore reclinato - è il verso più criptico, forse nella metafora floreale l’Aedo vede la di lei fluente chioma come petali discendenti. Fino a giungere al pirotecnico – peccato d’amore - che rappresenta l’esplosione finale dell’onanismo in versi che rivela come Bondi faccia ancora molto piangere San Domenico Savio per quella sua spinta pratica “manichea”. E soffra dello stesso malanno (eiaculatio precox) d’un altro servitore di Padrino Silvio: Emiliuccio Fede.

Sì, il tocco e l’esplosione di Bondi durano dai quattro ai sette secondi da quando, davanti l’immaginetta di Maria Vittoria, inizia le pratiche adulativo-masturbatorie col primo verso e le conclude col pensiero stupendo dell’ultimo. Uuuaaaooohhhh! Il Capo magnanimo comprenderà e approverà, perché se la truppa s’eccita con la sua dama dà ulteriore conferma di fedeltà al bastone. In più il Vate offre l’impareggiabile contributo neocon ai versi d’amore da troppo tempo appannaggio di libertari e marxisti maledetti. Prosegua le sue sovraesposizioni la Beatrice, la Laura, la Fiammetta nostra scosciandosi sulle scomode poltrone della florida tivù di Floris ammiccante anch’egli con l’occhietto languido. Il popolo nella sua saggezza vernacoliera sa che “tira più un pelo di figa che la famosa coppia di buoi maremmani” e applaudirà a cosce e a versi. Prosit!

Spartacus, 14 giugno 2007