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Ma i pacifisti sono divisi: "E’ logica militare"

Publie le mercoledì 23 agosto 2006 par Open-Publishing

Pax Christi, Cobas e Ferrando dicono no alla missione, ma Tavola della pace e Arci appoggiano la decisione di inviare truppe in Libano. Tutti andranno domenica 26 a Assisi

di Alessandro Braga Roma

Missione di pace sì, missione di pace no. «La missione Onu ha come unico scopo la trasformazione del Libano in un protettorato americano». «No, è un primo passo importante verso la costruzione della pace in Medio Oriente». Se non litigano, le varie realtà del movimento pacifista italiano- a pochi giorni dalla manifestazione di Assisi dedicata a Angelo Frammartino e indetta per il 26 agosto, che avrà al centro del dibattito la crisi mediorientale - almeno si interrogano su come valutare la risoluzione delle Nazioni unite. Il giudizio non è unanime. Anzi. Dopo le difficoltà dello scorso giugno sul rifinanziamento delle missioni italiane all’estero, ora il mondo pacifista si trova di fronte a un altro dilemma: appoggiare o no la scelta del governo di mandare i nostri militari in Libano, all’interno della forza di interposizione delle Nazioni unite. E si spacca.

C’è chi boccia a priori la risoluzione delle Nazioni unite. Marco Ferrando, del Partito comunista dei lavoratori, non ha dubbi: «Come si può intendere un gigantesco dispositivo militare di navi da guerra, mezzi corazzati, reparti d’assalto, elicotteri da combattimento, come missionario di pace? E’ impossibile, a meno che non si voglia avallare l’ipocrisia di un ’militarmente umanitario’ contro cui è nato il movimento pacifista italiano». C’è altro da fare: le forze che si riconoscono nel pacifismo devono incontrarsi per discutere seriamente della politica estera del nostro paese. Per questo Ferrando propone la formazione di un comitato unitario nazionale contro la spedizione in Libano, come strumento di mobilitazione e controinformazione. E lancia l’idea di un appuntamento a breve, entro fine agosto, per concordare un calendario di iniziative comuni. «Il governo e il parlamento devono sapere che il movimento è vivo, ed è contrario all’ipotesi di un voto congiunto della maggioranza con il centrodestra.

Perché così l’asse della politica internazionale si sposterebbe necessariamente a destra», puntualizza il fondatore del Partito comunista dei lavoratori.
Una contrarietà alla risoluzione espressa anche da Piero Bernocchi, dei Cobas: «Non è una missione di pace. Semplicemente si passa da una guerra unilaterale a una guerra concordata». Che sempre guerra è. E quindi inaccettabile. «L’unico che si oppone con argomenti di sinistra alla scelta è Giulio Andreotti - sottolinea Bernocchi - E’ sconcertante l’assoluta tranquillità con cui il governo e la sinistra radicale accettano con entusiasmo l’invio delle truppe, dopo che l’Onu non ha discusso della questione palestinese. Il compito di un governo di centrosinistra dovrebbe essere dire chiaramente a Israele che, se non si discute di Palestina, non si interviene in Libano».

Che il punto centrale sia la questione palestinese emerge anche dalle dichiarazioni di Salvatore Cannavò, deputato di Rifondazione comunista: «La missione continua a non convincermi. E’ necessario arrivare in parlamento dopo una discussione seria, in cui si metta in evidenza il nodo della Palestina. Una scelta secca, sì o no alla missione, non mi sembra che si possa prendere». In barba alle indicazioni della segreteria del suo partito, che proprio ieri «invitava» i gruppi parlamentari a esprimersi «con un orientamento favorevole» nel merito delle risoluzioni proposte dalle commissioni. Che, letto tra le righe, può significare: questa volta niente dissidenti.

Ma la risoluzione raccoglie anche consensi all’interno del mondo pacifista. La Tavola della pace, promotrice della manifestazione del 26 agosto, appoggia la scelta di mandare militari italiani in Libano. E argomenta il perché di questo appoggio. «La nuova missione Unifil si differenzia nettamente da missioni internazionali come Enduring Freedom o Isaf in Afghanistan. In primo luogo per la forte legittimazione giuridica dovuta al fatto di essere sotto l’egida delle Nazioni unite», dice Flavio Lotti. Ovviamente devono essere posti chiaramente i limiti della missione: il comando deve essere sotto il controllo diretto dell’Onu, cioè del segretario generale in stretta collaborazione con il consiglio di sicurezza. Inoltre i diritti umani devono essere posti in primo piano, rispettati e protetti.

Se ci saranno questi presupposti, la missione sarà veramente «un primo passo importante per la costruzione della pace», commenta Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci. Che sottolinea come si sia già ottenuto il cessate il fuoco e la tutela delle popolazioni interessate.
I pacifisti italiani sono in fermento, dopo un periodo in cui hanno faticato a farsi sentire, forse anche a causa della salita al potere di un governo «amico».

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