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Ma quale incubo! C’è bisogno degli anni ‘70

Publie le martedì 23 gennaio 2007 par Open-Publishing

di Piero Sansonetti

Quest’anno cade il trentesimo anniversario del 1977, ecosì tutti i giornali rievocano quell’anno, che fu un po’ il momentodi svolta nel decennio settanta. E rievocando quell’anno - e ilmovimentodi massa molto radicale e ribelle che lo caratterizzò, e che segnòprofondamenteuna generazione intera - rievocano anche tutto il decennio. Lo fanno inmodo abbastanza grossolana, limitandosi a descriverlo come il decenniodella violenza e dell’irrazionalità, e indicandolo come un incubo, una stagione da condannare, maledire e mai far tornare.

Sembra che non sia nemmeno ammessa la discussione: è scontato che gli anni ’70 sono ilmale,come si sa che l’acqua è liquida, il fuoco scalda, il Colosseo sta aRoma.Pensoche questa analisi sia un rovesciamento completo della verità, e credoche questo rovesciamento della verità non sia dettato da distrazione opoco approfondimento, ma dalla necesità di seppellire l’enorme carica diinnovazione in tutti i campi - quello sociale, quello della cultura, deisentimenti, dell’immaginazione, quello della critica al potere, quellodella libertà e dell’egualitarismo, quello della lotta tra i generi, delfemminismo, quello della concezione della democrazia, quello delriformismo,quello della consapevolezza ambientalista, quello della battaglia controi totalitarismi e lo stato oppressore, eccetera eccetera eccetera - cheil decennio settanta portò in Italia e nel mondo occidentale.

Ieri l’Unità ha pubblicato in prima pagina un articolo del mio amico Vincenzo Vasile- in genere osservatore acuto sui fatti della politica italiana - chelasciadi stucco. Un susseguirsi di luoghi comuni della destra, vecchi,sorpassati(c’è anche la critica ai vestiti di Bertinotti e la contrapposizione traeskimo e grisaglia, che una volta, qualche decennio fa, era il cavallodi battaglia del ”Tempo” di Angiolillo...) e poi il linciaggio morale di Oreste Scalzone, di Toni Negri, di Francesco Caruso (accostati aibombarolie liquidati come ex latitanti), infine la richiesta perentoria alla sinistradi porre fine al dissenso e di allinearsi all’ordine governativo. Non c’èspazio per scherzare - dice Vasile, superando le tradizionali posizionidi Cofferati - o si governa o si protesta.

Altrimenti - sai come vannole cose - ” il confine tra disobbedienza e culto dell’illegalità èlabile...anchenegli anni ’70 ”si cominciò con gli epiteti, si passò ai sampietrini, einfine alle P38 e alle mitragliette armate di geometrica potenza...”.Speriamo che sia solo un articolo, magari sfiggito di penna, quello che abbiamocitato, e che non sia la nuova linea dell’Unità (che nei primi anni ’80,mi ricordo, cioè nei tempi della più dura contrapposizione tra il Pci eil movimento, fece una campagna di stampa per chiedere la liberazione diOreste Scalzone, dal momento che non lo riteneva un terrorista).

OresteScalzone, come Toni Negri, furono arrestati nel 1979 e scontarono alcunianni di carcere (Negri ne scontò circa 10) e decine di anni di esilio,accusati del reato di partecipazione a banda armata, cioè un reato associativo- politico, di opinione - senza accuse specifiche significative, senzaprove, e di conseguenza - qualunque sia il giudizio che si dà sul lorooperato e sul loro pensiero - sono stati perseguitati politici.In ognicaso è chiaro che non sarà facile in questi mesi rompere la cappareazionariache ci descriverà gli anni ’70 come la stagione dei delitti politici.Noi cercheremo di spiegarvi che non fu così.

Dal 6 febbraio (per dodicisettimane consecutive) tutti i giovedì accluderemo al quotidiano un fascicolodi 64 pagine, interamente dedicate al racconto, al ricordo e alla discussionesu quegli anni. Scriveranno molti dei maggiori intellettuali Della sinistra italiana, le immagini saranno tutte curate da Tano D’Amico, uno degli artisti (fotografo) più significativi di quel periodo, e prese dal suo archivio.Perché questa iniziativa? Per dirvi che la violenza negli anni ’70 ci fu: ma non ci fu solo quella e non fu la violenza l’aspetto politico fondamentale.

Sono anni straordinari nei quali la sinistra - non solo in Italia –produce la parte più avanzata del suo pensiero e - seppure con grandi tensioni,lotte, divisioni - produce un modello avanzatissimo di società, e prova,in parte, a realizzarlo. Sulla spinta formidabile del movimento che veniva dagli ultimi anni del decennio precedente, e che durò a lungo, più a lungo che in ogni altro paese - movimento giovanile, di classe, di genere -si scompagina la burocrazia dei partiti e dei sindacati, si impongono temi nuovi, sogni nuovi, comportamenti nuovi, nuove culture, abitudini,valori.

Poi ci fu la sconfitta. Qui da noi la batosta della Fiat, la riscossa Della borghesia, altrove Reagan, la Thatcher. E la ritirata fu precipitosa, devatsante.Abbiamo lasciato nel decennio settanta un patrimonio enorme di idee e distrumenti politici dei quali oggi abbiamo assolutamente bisogno peraffrontarela crisi del neoliberismo. Dobbiamo tornare a prenderceli.


L’Unità 19/01/2007 PRIMA PAGINA

Eskimo e grisaglia

Vincenzo Vasile

Abbiamo un problema. Un problema, tra gli altri. Che potrebbe diventare un grosso problema. In pochi giorni sono rimbalzati inprima pagina e sui teleschermi le immagini di un vecchio, bruttofilm. Intendiamoci, l’effetto minestrone è soprattutto mediatico, e nel raccontare il sommario di uno dei tanti tg (pubblici e privati)sappiamo di mettere in fila episodi di natura e origini diverse ecomplesse.

Ecco cosa dice il telegiornale, senza battere ciglio. Dice che il ministro Padoa Schioppa è stato accolto l’altra sera all’Università di Torino da petardi e fumogeni perché ritenuto un pericoloso «agente delle multinazionali». E lo stesso tg mostra uno striscione con la «A» dell’anarchia davanti a un corteo abbastanza pacifico di gente abbastanza pacifica che non vuole l’«allargamento»della base Usa a Vicenza. E ci sono le bombette, inesplose, ma innescabili, firmate dagli «insurrezionalisti» e «separatisti» sardi recapitate a due sottosegretari.

E si rivede, in collegamento daParigi, Oreste Scalzone, che annuncia una sua prossima turnè italiana per rilanciare «nelle nuove condizioni vecchie battaglie». Sempre sumaxischermo il professor Toni Negri riappare in un’altra epifaniatelevisiva per insultare Sergio Cofferati, sul tema - guarda un po’ -della legalità. Per indebito ossequio dei conduttori dei talk show edei programmi di «approfondimento», costoro - «ex-latitanti» -possono fregiarsi dell’eufemismo ammiccante di «ex-rifugiati». Ildeputato Caruso che a quei tempi era sul passeggino s’è entusiasmatoper l’aria di revival che tira, al punto da annunciare la presenza dibombe molotov nel cortile di Montecitorio.

Si annuncia da altre fontianche un blitz anti-Prodi per il prossimo fine settimana. In attesadel prossimo notiziario, interi scaffali di biblioteche e archivigiudiziari ci possono far riflettere sul confine labile tradisobbedienza, culto dell’illegalità, sovversivismo, pericoli ditenuta democratica. Chi non li ha vissuti, quegli anni cui alludono ivecchi/nuovi disobbedienti che affollano i nostri telegiornali, nonsa che a quei tempi si cominciò con gli epiteti, si passò aisampietrini, e infine alle P38 e alle mitragliette armate digeometrica potenza. Stavolta c’è una novità: a differenza delpassato, essi sono i beniamini di una Destra ad alto tasso becero chesi rispecchia e gode di tante immagini deformate, e può sentenziareche il governo sarebbe «ostaggio» delle spinte e delle forze più «radicali».

È questo un discorso che vorremmo fare sommessamentesoprattutto a chi - a sinistra - corteggia, anche solo con ilsilenzio, i laudatori del brutto tempo andato, e i loro più o menoconsapevoli giovani seguaci. Sia chiaro. Nulla da dire se ilpresidente della Camera Bertinotti proclama in queste ore il suopacifismo: non ci sembra che con ciò stia violando i vincoli del suoincarico istituzionale. Ma dovrebbe spiegare meglio che cosa volesseintendere, intervistato l’altra sera da Grparlamento, quando ha dettoche «ogni atto» che impedisca il rafforzamento di basi militari «èbuona cosa». A noi pare che non solo Bertinotti abbia detto qualcheparola di troppo.

Ma che finora un po’ tutti - ed è una riflessioneda farsi senza insulti - ci eravamo illusi che dando «rappresentanza»a un certo mondo, come, per esempio, con certe candidature di«indipendenti» nelle file di Rifondazione, se ne potessero smorzarespinte e velleità agitatrici. È questo un tema che la sinistraradicale che sta al governo, diciamo la sinistra radicale che vestein grisaglia, o quanto meno in giacca e cravatta, dovrebbe porsi conmaggiore serietà e coerenza di quanto non stia mostrando in questeore confuse. Vogliamo segnalare questo punto critico.

E preveniamo,anche, una prevedibile risposta. Se si vuol dire che profonde sono leragioni che spingono una parte forse marginale della sinistra ainseguire vecchi e ambigui miti, siamo d’accordo. Ma se ci fermiamosu questa soglia giustificazionista, non ne usciamo. L’auto-assoluzione ideologica è un vecchio vizio, comune alle nostre diverseanime. Nella Giornata dello scrutatore , splendido racconto-pamphletdegli anni del primo centrosinistra, Italo Calvino raccontava diquella «compagna» che ripeteva che «ben altro» era/è il problema: lasinistra riformista degli anni Sessanta, non si accorse, rinviando a«ben altro», come le suore democristiane portassero in cabinaelettorale al Cottolengo vagonate di ciechi e di dementi.

Oggi c’èuna questione urgente, che riguarda invece la sinistra cosiddetta«radicale», e ancora una volta non si può rinviare tutto allasoluzione di «ben altro». Eskimo e giacca e cravatta, indossatiassieme, non stanno bene addosso a nessuno, formano un lookpasticciato che non si addice a nessuna forza politica che abbiascelto la strada del governo del paese. Anzi, bisogna convincersi chel’eskimo di Oreste Scalzone è semplicemente un capo d’abbigliamentofuori tempo: per quel che ricordiamo, anche quand’era in augeassorbiva unto e umidità, non riparava dal brutto tempo. Megliometterlo in soffitta.