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Malabarba lascia il posto ad Heidi Giuliani

Publie le giovedì 12 ottobre 2006 par Open-Publishing

"Torno alla militanza. Non si fa il parlamentare a vita"

Con 186 sì e 106 no, l’assemblea del Senato ha finalmente approvato le
dimissioni di Gigi Malabarba, dopo diversi tentativi andati a vuoto. Come da
accordi pre-elettorali, il senatore del Prc verrà sostituito a Palazzo
Madama da Heidi Giuliani, madre di Carlo ucciso nelle manifestazioni contro
il G8 di Genova. Per i compagni del partito e del movimento, Malabarba,
operaio dell’Alfa Romeo di Arese, ha un messaggio: "Chi va a fare il
parlamentare o il dirigente di partito non è passato dall’inferno al
paradiso: bisogna fare in modo che chi è stato parlamentare o dirigente
torni ad una situazione di militanza perché non c’è posto di dirigente a
vita.".

Come giudichi la tua esperienza al Senato?

"Primo, è stata sicuramente una esperienza segnata dal fatto che, nella
passata legislatura, Rifondazione aveva in Parlamento una pattuglia
ristretta di rappresentanti, soprattutto al Senato dove eravamo in tre. È
stata un’attività molto faticosa e impegnativa che però ha permesso, negli
anni di Genova, di poter far arrivare anche all’interno di una istituzione
largamente dominata dal centrodestra la forza del movimento di questi anni.
Quindi, pur nella modestia della rappresentanza, c’era la possibilità di far
sentire la forza presente nel paese: ciò ci ha permesso di giocare un ruolo
politico superiore a quello che era il numero dei nostri rappresentanti al
Senato".

Ma c’è un’altra faccia della medaglia.

"Sì, dall’altro lato c’è un senso di frustrazione per il fatto che ciò che
si costruisce nella società, le aspettative che vengono dal mondo del lavoro
faticano ad essere recepite da una istituzione molto lontana dalle nostre
preoccupazioni. C’è un elemento da prendere in considerazione: è paradossale
che sia nel centrodestra che nel centrosinistra siano poco rappresentate le
categorie più numerose all’interno della società, a partire dal mondo del
lavoro. Senza voler definire automatismi tra le presenze nella società e gli
eletti, c’è da considerare che nella scorsa legislatura c’era un solo
operaio in Senato, più qualche impiegato; il resto erano manager, dirigenti,
avvocati e professionisti. Ripeto: nessun automatismo tra fasce sociali ed
eletti, ma evidentemente c’è qualcosa che non funziona, la separazione è
fisicamente visibile anche in questa legislatura. E’ clamorosa l’assenza
totale nelle istituzioni della grande maggioranza della società che la
sinistra vorrebbe rappresentare".

Parlavi del movimento: adesso è più debole rispetto a qualche anno fa. Il
lavoro della senatrice Giuliani sarà più difficile?

"Con la nuova legislatura la situazione è modificata. Hai rovesciato la
situazione, potresti disporre di una maggioranza di segno diverso ma non hai
più la pressione del movimento. Però, è straordinaria l’occasione che
abbiamo concretizzato con l’avvicendamento tra me e Heidi: la sua figura
politica ha più carte da giocare per riuscire in una battaglia seria non
solo per l’istituzione della commissione di inchiesta sul G8, che resta l’
obiettivo prioritario, ma per affermare quelle battaglie per la democrazia
che riguardano il funzionamento delle forze dell’ordine. Ricordo il caso
Aldrovandi a Ferrara, i pestaggi degli immigrati... Heidi ha più carte anche
per l’impatto simbolico della sua figura e per le sue capacità di riuscire a
tenere la barra ferma su queste questioni. Sappiamo delle resistenze anche
all’interno della stessa Unione, per esempio sulla commissione di inchiesta
sul G8, ma sarà più duro dire di no a chi rappresenta fisicamente quella
vicenda".

Ora cosa farai?

"E’ il messaggio che voglio dare ai compagni. Chi va a fare il parlamentare
o il dirigente di partito non è passato dall’inferno al paradiso: bisogna
fare in modo che chi è stato parlamentare o dirigente torni ad una
situazione di militanza perché non c’è posto di dirigente a vita. Bisogna
invece garantire una rotazione nei ruoli e negli incarichi, dimostrando
nella pratica che si può riformare la politica partendo dai propri
comportamenti. Anche un capogruppo al Senato può tornare a fare il militante
nelle realtà territoriali. Quanto a me, continuerò la battaglia per i
diritti nel mondo del lavoro. Avrei voluto continuarla all’Alfa Romeo, la
fabbrica dove lavoravo. Ma nel frattempo l’hanno chiusa, quindi torno in
mobilità, come i miei colleghi. Ma è in quel mondo che voglio tornare, è
quello il terreno in cui sento di voler continuare la mia attività politica.
Non da funzionario o da parlamentare, ma da militante dei movimenti sociali.
Il palazzo non è la politica. Anche lì c’è la politica, ma soprattutto
bisogna farla nella società. Ecco perché garantire una rotazione dei ruoli
dovrebbe essere una modalità normale, soprattutto per noi che vogliamo
cambiare la politica. Se non lo facciamo, contribuiamo a separare la sfera
istituzionale dalla società concreta". (a.m.)