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Manganelli caldi contro gli studenti

Publie le giovedì 23 ottobre 2008 par Open-Publishing

Manganelli caldi contro gli studenti

di Marco Sferini

Ora il governo ha paura. E quando si ha paura si reagisce con tutti gli strumenti che si ha disposizione per allontanare una minaccia da sé medesimi. Il decreto "Gelmini" sulla scuola, che da settimane è oggetto di durissime contestazioni di piazza, dove pacificamente sfilano decine di migliaia di studenti insieme ai loro insegnanti, ai genitori, non sarà ritirato. Almeno questa è l’espressa volontà del Cavaliere nero di Arcore che mostra un certo nervosismo nell’affrontare il tema del confronto con la piazza e con tutti quegli atenei che sono stati occupati anche qui con presenze protestatarie miste: rettori, docenti, studenti. Insieme per dire "NO" allo smantellamento dell’università italiana, alla decurtazione dei fondi che sostengono il traballante edificio della produzione del sapere nel nostro Paese:

Ma l’esecutivo, che vede crescere la mobilitazione in tutta Italia e che si rende benissimo conto che questa lotta cresce esponenzialmente di giorno in giorno, arriva a minacciare l’intervento della polizia per far sgomberare le università occupate, per ripristinare una legalità che nessuno di noi sente violata, per mettere fine a quella che il capo del governo ci presenta come un atto di forza e non di protesta da parte degli studenti.

Insomma, ancora una volta la libertà di riunione, espressione delle idee e di dissenso viene equiparata da un problema di sicurezza sociale, di stabilità democratica. Un allarme, un nuovo campanello che suona, una nuova tromba che grida all’assalto. In estrema sintesi siamo davanti all’alba della dimostrazione dello Stato di polizia contro un movimento spontaneo, civile e pacifico che - nel pieno rispetto della Costituzione - chiede a Palazzo Chigi di chiudere il capitolo della riforma Gelmini con l’azzeramento dei provvedimenti contenuti nel decreto.

Nella conferenza stampa di oggi, il Cavaliere nero di Arcore mi è sembrato accigliato, per l’appunto impaurito e graffiante con le unghie del potere. Di quel potere (di polizia) che molti italiani hanno potuto sperimentare nelle piazze e nelle vie di Genova, oppure durante le manifestazioni dei disoccupati e dei lavoratori a Napoli, oppure ancora a Vicenza nello svolgersi, pochi mesi fa, di un sit in - corteo contro la base militare americana "Ederle 2".

Ma senza andare troppo indietro con i tempi, basta rivedere le immagini delle manganellate prese ventiquattro ore fa dagli studenti di Milano che cercavano di oltrepassare il cordone di poliziotti che impediva l’accesso alla stazione ferroviaria.

E’ vietato interrompere un pubblico servizio. E’ vero. Ma è anche vietato distribuire manganellate a piacere sopra le teste di ragazzi e ragazze che non stanno facendo nulla di male, che sono lì solo per manifestare e che cercano il modo più efficace per farlo. La gestione della piazza, come si chiama in questi frangenti il mantenimento di quello che viene definito "ordine pubblico", è quasi sempre lasciata alla discrezione del questore che, invece di tenere a mente che ha davanti il suo stesso popolo, quelli che potrebbero magari essere anche suoi figli, si attiene meccanicamente ad una lista di ordini che gli provengono da prefetti e ministri. Ci vuole davvero poco a strangolare la libertà; ci vuole tutta la bravura di un eccellentissimo professore di medicina per rianimare la paziente mezza morta.

Se il Cavaliere nero di Arcore darà "indicazioni specifiche" (così le ha definite) a Maroni su come impiegare le forze dell’ordine contro gli studenti, se farà questo, allora da oggi, da domani o da quando ciò si verificherà, si aprirà una nuova stagione politica, sociale e morale in questo Paese. Sarà evidente il tuffo nel passato dei caroselli dei celerini e dei tanti "battaglioni Padova" disseminati in Italia: qualcuno parlerà di prevenzione di disordini, di gestione tutelare del governo nei confronti di una piazza impazzita.

Gli avvocati difensori del potere sono sempre tempisticamente pronti a venire in soccorso del proprio padrone. Vedremo se e quali regole di ingaggio darà il governo ai poliziotti. Ma una cosa possiamo già tranquillamente dirla: ogni manganellata o insulto o arresto o violenza di altro genere che dovessero subire coloro che occupano gli atenei e le scuole italiane per protestare contro il decreto Gelmini, sarebbe un colpo inferto alla vera natura democratica di un Paese che una volta aveva qualche remora a mostrarsi intollerante, campanilista all’eccesso, spavaldo e fiero di una economia che sempre più viene valutata negativamente da i più liberisti dei sostenitori del libero mercato.

Ogni manganellata, ogni insulto, ogni arresto sarebbe una nuova violazione dello Stato di diritto. Sarebbe infatti la fine di questo Stato e l’inizio di un altro: quello di polizia. Dove è la forza che regola le contraddizioni e non il dialogo o la comunanza sociale dei problemi.
Ciò che da noia al sovrano deve essere rimosso. Del resto, se abbiamo fatto un salto indietro ai tempi degli "scelbotti", possiamo anche farne uno fino a Luigi XIV: "L’Etat c’est moi!".

Chissà se il Presidende Napolitano vorrà spendere qualche parola di ammonimento nei confronti di governo che tratta il suo popolo, a seconda delle questioni e dei temi che sorgono, come un problema o come un serbatoio di voti? Noi speriamo di sì.

Lanterne rosse.it