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Manifestazione storica e bugie di Ferrando

Publie le sabato 23 giugno 2007 par Open-Publishing
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Per una volta, riferire l’aggettivo "storica" ad una manifestazione non appare una forzatura. Le decine di migliaia di persone che hanno invaso le strade di Roma lo scorso 9 giugno hanno scritto una pagina collettiva che segnerà la storia di questo Paese, non meno di quanto abbiano fatto quelle che sono scese in piazza a Vicenza pochi mesi or sono. D’altro canto, l’incredibile fallimento della contromanifestazione governista di Piazza del Popolo contribuisce a rafforzare la sensazione che il 9 giugno 2007 abbia sanzionato la chiusura di un ciclo politico, quello dell’identificazione - per quanto critica - dei movimenti e dei lavoratori con la sinistra "radicale" di governo, i cui dirigenti sono stati lasciati impietosamente soli sull’enorme palco montato in piazza.
Sarebbe un errore pensare che la manifestazione del 9 giugno sia stata un’esplosione imprevista ed estemporanea, perchè quello che è avvenuto affonda le sue radici in un episodio di quasi un anno fa, quando, in un torrido sabato di fine luglio, alcune migliaia di uomini e donne manifestarono per le strade di Roma per gridare forte la protesta e l’indignazione verso la bestiale aggressione israeliana al piccolissimo Libano e per salutare l’eroica resistenza popolare contro quell’aggressione. Quel giorno, in testa alla manifestazione - indetta dal Forum Palestina e dalle comunità libanesi e palestinesi in Italia - c’era Stefano Chiarini, che calcava fieramente in capo un berrettino rosso con il simbolo di Hezbollah; per molti di noi, quella è stata l’ultima volta in cui abbiamo visto questo grandissimo compagno e splendido giornalista, prima che una morte inaccettabile privasse noi e gli oppressi del mondo di una voce coraggiosa ed instancabile.
Mentre Stefano guidava quella manifestazione, gli stessi che nemmeno due settimane prima avevano giurato e spergiurato sul loro "No alla guerra senza se e senza ma" tradivano vigliaccamente chi gli aveva dato credito, votando il rifinanziamento delle missioni militari italiane in Iraq e in Afghanistan. Pochi mesi dopo, gli stessi personaggi concederanno il bis, votando una Legge Finanziaria che, oltre a massacrare quel poco che resta di Stato sociale, aumentava del 13% le spese militari italiane.
Ora, molti di quelli sono tornati sui propri passi ed hanno contribuito alla riuscita della manifestazione del 9 giugno. Non solo: si segnalano sempre più numerosi casi di rappresentanti istituzionali locali che abbandonano Rifondazione Comunista, rifugiandosi nei vari gruppi misti o, dove possono, dando vita a nuovi gruppi consiliari.
Crediamo che, nel percorso fra la manifestazione del 27 luglio 2006 e quella del 9 giugno scorso, lo snodo decisivo sia stato l’immenso corteo di Vicenza contro il raddoppio della base U.S.A. fortemente sostenuto dal governo Prodi, lo stesso che mantiene l’embargo contro il popolo palestinese e l’accordo di cooperazione militare con Israele. Quella manifestazione è stata un brusco risveglio per molti e l’anticipazione di quello che sarebbe successo, di lì a pochi mesi, nelle urne della tornata elettorale di primavera, che hanno visto il PRC perdere in un colpo solo il 60% dei voti ottenuti solo un anno prima, registrando anche un crollo di consensi da parte del PdCI. Il vuoto intorno al palco di Piazza del Popolo è stato la sanzione definitiva di questo processo, attraversato anche dalla gelida freddezza degli operai di Mirafiori e dalla calda contestazione degli universitari romani verso gli esponenti del PRC.
Ora, veramente, il re è nudo. Il popolo del 9 giugno ha segnalato la fine della sinistra di governo (che da questo colpo non si riprenderà più) e la necessità di un’altra sinistra, di altre forme di organizzazione e di rappresentanza dei bisogni e degli interessi di milioni di lavoratori, giovani, donne che non ne possono più della precarietà, della guerra, dei sacrifici, dei regali ai padroni, della politica della forza contro i deboli e dell’arrendevolezza verso i forti. la responsabilità che pesa sulle spalle degli organizzatori della manifestazione del 9 giugno è dunque enorme, e non possiamo che augurarci che si mostrino tutti all’altezza della situazione. I precedenti storici non autorizzano nessun ottimismo, stante l’apparentemente irresistibile vocazione della sinistra italiana al settarismo ed all’autoreferenzialità, ma va detto che l’assoluta novità del momento che stiamo vivendo sconsiglia di guardare alla realtà di oggi con gli occhi del passato. La deriva politica e morale, la vera e propria bancarotta della sinistra governista apre uno spazio inedito all’iniziativa politica di chi si propone, oggi, di ridefinire concretamente i termini dell’organizzazione e della rappresentanza dei subalterni, degli sfruttati, di quello che non possiamo che continuare a definire il proletariato. E non solo: la bancarotta dei vari bertinotti e diliberto, con le loro fameliche salmerie al seguito, rende esplicita la necessità della riorganizzazione dei Comunisti, di quelli che non si arrendono al capitalismo come unico mondo possibile.
Non ci permettiamo di indicare percorsi predefiniti, perchè non è il nostro compito e perchè non ci sembra che ve ne siano. Daremo spazio (nei limiti delle possibilità di un piccolo strumento artigianale, quale è questo sito) a tutti quelli che intendono avventurarsi con onestà e responsabilità lungo la strada della ricostruzione di una forza politica anticapitalista ed indipendente in questo Paese, come abbiamo sempre cercato di fare da quando, ormai quasi sei anni fa, queste pagine hanno visto la luce. In questi sei anni, siamo passati dai mille contatti scarsi al mese agli oltre 45.000 attuali, il che - francamente - un po’ ci spaventa, perchè significa che Arcipelago ha una platea di lettori pari, se non superiore, a quella di giornali come Liberazione, e siamo perfettamente consapevoli di non essere in grado di svolgere adeguatamente la funzione che ci viene richiesta. Tuttavia, faremo del nostro meglio, e questo vuol dire anche che non daremo spazio a chi già cerca di sciacallare su quanto sta avvenendo, offrendo un’immagine di sé troppo diversa dalla squallida realtà che abbiamo avuto modo di conoscere e - sempre nei limiti delle nostre possibilità - di far conoscere.
In parole povere, come già avvenuto con la sezione dedicata al PRC, fermiamo quella aperta sul sedicente Partito Comunista dei Lavoratori, perchè siamo disgustati dalle bugie e dalla protervia dei responsabili di quell’organizzazione, brutta copia in miniatura di tanti gruppuscoli settari che hanno inquinato la storia del movimento comunista negli ultimi decenni. Nato per opporsi alla deriva governista del PRC e per ricostruire l’opposizione di classe, il PCL ha conosciuto una rapidissima involuzione settaria ed autoritaria, arrivando all’espulsione di massa dei dirigenti e dei militanti che avevano (ingenuamente?) preso sul serio l’invito a discutere ed a contribuire alla definizione della "nuova" organizzazione. Non contento di questa operazione in perfetto stile staliniano, marco ferrando - da oggi, minuscole pure per lui - continua ad inondare di frescacce tutti gli organi di stampa che gli danno spazio, dal Corriere della Sera al Manifesto, passando per il Giornale, rendendo ridicolo sé stesso (del che, sinceramente, poco ci interessa) e l’idea stessa di costruzione di una nuova organizzazione dei comunisti, il che, invece, ci preoccupa parecchio. Uno che ha la faccia di bronzo di definire, in un intervento sul Manifesto, "lusinghiero" il risultato elettorale di un partito che rimedia 296 voti in una città di 257.000 abitanti (Reggio Calabria), 1.440 in una di 615.000 (Genova) e appena 18 in una di 45.000 (Rieti), o è un bugiardo patologico o è affetto da pericolose forme di delirio di onnipotenza. Propendiamo per la seconda ipotesi, anche alla luce di quanto lo stesso personaggio ha dichiarato al Giornale il giorno dopo la manifestazione romana: "Abbiamo una sede in ogni capoluogo di regione. Abbiamo avuto un riscontro elettorale significativo alle ultime amministrative, con l’1% dopo nove mesi dalla nostra nascita. Democrazia proletaria arrivò a quel risultato in 10 anni. Stiamo capitalizzando tante energie militanti deluse. Raccogliamo la rabbia operaia contro questo governo". Per amore di verità (che continua ad essere rivoluzionaria) dobbiamo dire che D.P. quel risultato lo otteneva presentandosi in tutta Italia, non solo in una decina di città e paesini, dove comunque la percentuale di voti ottenuti dal PCL è lontanissima dall’ 1% farneticato da ferrando. Ma la farneticazione tocca il punto più alto con la disinvolta affermazione sulla presenza delle sedi del PCL in ogni capoluogo di regione: invitiamo ferrando, se dovesse leggere queste righe, a comunicarci gli indirizzi delle sue sedi a Roma (Capitale d’Italia, oltre che capoluogo del Lazio), a Venezia (capoluogo del Veneto), a Perugia (capoluogo dell’Umbria), a Napoli (capoluogo della Campania), a Potenza (capoluogo della Basilicata), a Bari (capoluogo della Puglia), nonché a Palermo e Cagliari (capoluoghi, rispettivamente, di Sicilia e Sardegna). Di simili millantatori non solo non abbiamo bisogno, ma sono deleteri: il fatto che, dalle pagine del Manifesto, indirizzino i loro strali contro ogni progetto che si ponga l’obiettivo di riunificare i comunisti attorno ad un programma politico anticapitalista, ci appare emblematico di una miseria politica che ben si sposa con una smisurata e delirante autopromozione personale, che gode - inspiegabilmente - di un supporto mediatico decisamente sproporzionato.
L’orizzonte è finalmente in movimento, e la splendida giornata del 9 giugno ha spostato in avanti il livello del dibattito politico, impegnandoci tutti al massimo sforzo per definire in tempi politicamente brevi un percorso credibile di organizzazione dell’opposizione di classe e di sinistra al governo Prodi ed ai governi dei poteri forti che, con o senza Prodi, caratterizzeranno il periodo che abbiamo di fronte. La politica, come la vita stessa, oggi corre molto più velocemente di quanto molti di noi siano abituati a concepire: lo hanno capito e dimostrato le persone che hanno animato le mobilitazioni degli ultimi mesi e determinato la sconfitta della mistificazione dei partiti "di lotta e di governo". Oggi più che mai, dobbiamo farci carico della necessità storica della sinistra di opposizione, senza se e senza ma.

Messaggi

  • Ferrando non è un bugiardo patologico, come tutti i finti Leader, accortosi che il PCL non avanza ma anzi arretra in quanto ad adesioni, cerca di tenere alto il morale della truppa inventandosi circoli che non ha, o compagni che non ha(come ha fatto con Lucio Manisco,il quale poi lo ha smentito il giorno dopo dichiarando che Ferrando aveva detto una bugia e che lui non ha intenzione di aderire al PCL). Vedrete che da qui all’autunno gonfierà anche il numero degli iscritti( iscrivendo parenti, nonni, zie di ogni militante) in vista del congresso del Partito. Altrimenti un congresso di partito con solo 530 compagni che votano nei circoli(come è accaduto nell’assemblea nazionale) sarebbe davvero ridicolo e smaschererebbe questo finto leader.