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di ANDREA COLOMBO
Meglio non farsi ingannare dai frequenti ma vuoti richiami a George W. Bush. La campagna propagandistica approntata da Silvio Berlusconi e anticipata dalla conferenza-show di ieri non punta affatto sui «valori» cari al presidente americano. Non è la crociata truce e integralista del «cristiano-rinato» che occupa la Casa bianca. E’ la favola bella e rassicurante raccontata da un grande imbonitore che ha ritrovato tutto il suo ipnotico talento. Se si mettono a confronto le scorse conferenze stampa berlusconiane di fine d’anno con quella di ieri, non si può non concludere che il cavaliere è apparso per la prima volta in piena forma. Ha evitato le puntigliose tirate sui magnifici risultati del suo governo e le impennate stizzose per muoversi sul registro che conosce meglio: quello del venditore porta a porta. In questo caso un mercante di sogni, che per quasi tre ore, senza mai essere seriamente contrastato dalle domande dei cronisti, ha cercato di convincere gli italiani di vivere in un paese diversissimo da quello in cui effettivamente vivono.
Un paese dove il potere d’acquisto è in crescita invece che in picchiata, dove la disoccupazione è ai minimi storici e dunque l’insicurezza è bandita, dove i risultati soddisfacenti di questo «anno di transizione» autorizzano a sperare in una imminente, e va da sé «epocale», svolta per l’anno prossimo. Un paese dove lo Stato, nonostante la mole elefantiaca del governo, si appresta a diventare «leggero», sgravando così i contribuenti dall’obbligo di mantenere una burocrazia tanto folta quanto inutile. Un paese la cui economia sarebbe già pronta al decollo, se solo non fosse appesantita da quel patto europeo di stabilità che l’opposizione non combatte con la dovuta solerzia, dimostrandosi così «anti-italiana».
Agli italiani, o più precisamente agli elettori, Silvio Berlusconi ha descritto ieri un paese che non esiste, ma che è precisamente quello in cui vorrebbero vivere. Ha cercato di vendere un sogno, e non è affatto escluso che ci sia riuscito, o che ci riesca nei prossimi 18 mesi di campagna elettorale. Conosce il suo mestiere, a differenza dei rivali dell’opposizione impegnati in una strenua campagna propagandistica a suo favore.
Di sfuggita, con un sorrismo smagliante e toni convincenti, il premier ha fatto filtrare alcuni annunci e trasparire alcuni scenari tra i più inquietanti.
Ha spiegato che la par condicio verrà di fatto eliminata. I partiti più grandi, incluso il suo, avranno più tempo a disposizione per la propaganda e chiunque potrà acquistare spot a volontà. Non sulle «tv commerciali» per sanare «l’anomalia italiana che vede il capo di un grande partito padrone anche dell tv commerciali». Magnanimo, re Silvio si accontenta della immensa sproporzione economica che c’è tra il suo partito e tutti gli altri.
Ha annunciato che verranno finalmente eliminati i «difetti» della attuale legge elettorale. Il ritocco consisterà di fatto in una riforma in piena regola. Renderà impossibile il voto disgiunto nella quota proporzionale e in quella maggioritaria. Vuole il caso che quel voto disgiunto penalizzi soprattutto la coalizione di cui il «riformatore» è capo e padrone.
Infine, il capo del governo ha di fatto candidato alla presidenza della repubblica il suo più stretto collaboratore, Gianni Letta, esaltato ieri con insistenza persino imbarazzante.
Resta da chiedersi cosa abbia permesso a un leader politico che pochi mesi fa pareva destinato a certa sconfitta di recuperare tanto terreno. La riposta è doppia. Ieri, per la prima volta dalle elezioni del 2001, Berlusconi si è presentato alle amate telecamere con la certezza di aver domato una volta per tutte le ribellioni all’interno della sua maggioranza. Ma soprattutto le lacerazioni suicide della Gad gli hanno reso possibile accreditare al meglio quella che da sempre considera la sua principale arma di propaganda elettorale: la longevità inaudita del suo governo. Da mesi il premier cerca di spacciare tanta longevità, il primo governo di legislatura nella storia repubblicana, come un valore in sé. Ma è solo grazie alla foga autodistruttiva dell’opposizione che ora, per la prima volta, vede il risultato a portata di mano.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/31-Dicembre-2004/art39.html




