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Modelli contrattuali ..... aria di pasticcio
Publie le lunedì 20 ottobre 2008 par Open-Publishing1 commento
La firma tra Cisl, Uil e Confindustria di un "avviso comune" sui modelli contrattuali rappresenta di fatto la nuova alleanza (patto) che sancisce nella forma la fine di una "concertazione" ormai nella sostanza morta e sepolta (nei fatti) da anni, e stabilisce un nuovo piano di regole che se da un lato elimina le residue ed ormai esauste tutele salariali e normative dall’altro rende centrale (celebrandolo) il ruolo e l’interesse delle organizzazioni al di sopra degli interessi che dovrebbero rappresentare.
Potremmo dire che il modello neocorporativo si afferma ora compiutamente nelle relazioni sindacali dopo i precedenti tentativi falliti o non riusciti che vanno dal "Patto di Natale" del 1998" al "Patto per l’Italia" del 2002, passando tra i tanti "Patti territoriali" e Categoriali (ultimo il "Patto sociale sui trasporti" del gennaio 2008), e sopratutto da una prassi contrattuale che dal 2002 si è di fatto limitata a far quel che succede ed incapace di affermare cose diverse da quanto ideologicamente e concretamente veniva sostenuto da Confindustria.
La stessa logica concertativa, ma sopratutto questi ultimi 10 anni di confusione sindacale, hanno di fatto preparato quello che oggi Confindustria sta riuscendo ad ottenere e cioè la totale subordinazione del lavoro all’interesse di capitale.
Avere forza lavoro disponibile ad ogni condizione possibile (le mille forme della precarietà e della flessibilità), remunerata essenzialmente e quasi solo in funzione del suo rendimento, senza più alcuna vera e seria tutela previdenziale ed assistenziale, e oltretutto ricattata e pressata da continue campagna ideologiche che denunciano una pretesa "prigrizia" e "fanulloneria" innata della forza lavoro che ricordano il periodo Sovietico (tanto criticato dai nostri nuovi e vecchi liberisti) in cui l’operaio buono era solo l’operaio "stakanovista" quello cioè disponibile a lavorare giorno e notte, a lavorare sempre e comunque (a scapito della sua sicurezza e della sua salute), senza protestare, senza scioperare, ....... per il bene del paese e dell’impresa.
Ovviamente ciò è reso possibile non solo dalla particolare fase di debolezza concorrenziale del lavoro ma anche e sopratutto dalla disponibilità delle organizzazioni ad assumere nella contrattazione le regole che il Capitale vuole imporre, naturalmente in cambio di un maggior riconoscimento formale al ruolo delle organizzazioni che accettano di riconoscersi in questo contesto.
Sia l’ipotesi di accordo sul nuovo modello contrattuale ultimamente e provocatoriamente presentata da Confindustria, sia l’avviso comune firmato da Cisl e Uil, sono di fatto il manifesto delle nuove relazioni sindacali di stampo neo-corporativo.
La Cgil, giustamente non ha firmato...... ma !!??
E’ importante la presa di posizione della Cgil ma lascia pensare la sua decisione di non abbandonare comunque il tavolo di confronto.
Diverse cose sembrano legare le mani alla Cgil.
Certo pesa una valutazione politica sul Governo e le pressioni del PD affinchè la Cgil mantenga in fibrillazione il rapporto sindacato-governo (senza però arrivare a rompere visto che Il PD sembra sempre convinto di poter arrivare ad un Patto col centrodestra), ma in primis vi è il fatto che comunque la Cgil insiste a dichiarare la sua fedeltà alla piattaforma unitaria (per altro mai discussa ed approvata dai lavoratori) concordata con Cisl e Uil. Certo è che l’avviso comune firmato da Cisl e Uil peggiora l’impianto di quella piattaforma ma non ne intacca la sostanza e cioè che il baricentro salariale si deve spostare sul livello decentrato privilegiando quindi l’aumento della quota variabile di salario in rapporto a quella fissa. Sui parametri di adeguamento della residuale quota fissa del salario l’avviso comune chiarisce (certo peggiorandolo) e conferma l’assenza di un legame della contrattazione all’inflazione reale, come per altro già accettato nella piattaforma sindacale.
Stride quindi la contraddizione evidente tra le affermazioni roboanti della Cgil sulle motivazioni della non firma e la decisione di non abbandonare il tavolo dichiarandosi vincolata alla piattaforma unitaria.
A seguire le argomentazioni assunte dal direttivo nazionale della Cgil sarebbe sembrata ovvia e scontata la decisone della Cgil di rompere la trattativa anche perchè quelle argomentazioni si discostavano oggettivamente dalla stessa piattaforma sindacale a suo tempo concordata tra le segreterie di Cgil Cisl e Uil.
Ma i nodi vengono ora al pettine e si potrà misurare cosa veramente la Cgil vuole.
L’avviso comune firmato da Cisl e Uil pesa come un macigno poichè in assenza di una piattaforma alternativa e di una convinta mobilitazione generale della Cgil, rischia di rimanere la base di partenza per qualsiasi futuro accordo.
Ora la Confindustria ha dichiarato la sua fretta ad un accordo da firmare anche senza la Cgil. Bonanni della Cisl dichiara già la sua disponibilità ed invita la Cgil a parlare ora, a farsi avanti se ha proposte per migliorare quell’avviso comune, altrimenti Cisl e Uil firmeranno da sole.
Il tutto condito da un tantam ideologico che poggia sull’idea che l’attuale crisi finanziaria rischia ora di intaccare la produzione che, se non ora quando, va sostenuta senza condizioni. Un concetto ben sostanziato dalle battute giornalistiche del tipo ... "lavorare di più ... e senza rompere i coglioni". I Padroni vogliono tutto e subito, soldi e finanziamenti pubblici (a scapito della spesa sociale), deroghe sui loro impegni a rispettare l’ambiente, e lavoratori zitti e subordinati a tutto ciò che loro pretendono e nelle forme da loro indicate.
Di sicuro Confindustria, Cisl e Uil stanno per chiudere il cerchio e la Cgil dovrà decidersi a sostanziare il suo dissenso mettendo in campo una nuova e diversa piattaforma, una nuova mobilitazione generale, oppure cederà accontentandosi di inserire nell’avviso comune qualche ritocco, emendandone il testo qua e la giusto per giustificare la sua riottosità iniziale (della serie .... tanto rumore per nulla).
Una retromarcia (anche se si farà di tutto per chiamarla .. vittoria) da parte della Cgil sarebbe la fine di ogni possibile immediata resistenza all’affermazione delle nuove regole neocorporative e condannerebbe il mondo dal lavoro ad un progressivo ed ulteriore arretramento delle sue aspirazioni di emancipazione normativa, salariale, occupazionale e sociale.
La Cgil ha di fronte ora una responsabilità enorme e qui si misurerà la vera indipendenza dei suoi apparati, la loro capacità di non sentirsi attratti solo dalla loro autoreferenzialità, e la loro capacità di rappresentare gli interessi veri e generali del mondo del lavoro. Ma, nella peggiore delle ipotesi, si vedrà anche la consistenza della sinistra sindacale in Cgil (ovunque collocata) a fronte di quello che a quel punto deve diventare l’obiettivo principale da conquistare.... il congresso straordinario su documenti veramente alternativi
16 ottobre 2008 COORDINAMENTO RSU
Related Link: http://www.coordinamentorsu.it
Messaggi
1. Modelli contrattuali ..... aria di pasticcio, 21 ottobre 2008, 12:25
CONFINDUSTRIA, CISL E UIL CONCORDANO UNA RIFORMA DEL SISTEMA CONTRATTUALE CHE RIDUCE I SALARI, I DIRITTI E LA CONTRATTAZIONE
DICIAMO NO OVUNQUE
La Confindustria, la Cisl e la Uil hanno siglato assieme la condivisione di un documento che definisce “linee guida per la riforma della contrattazione collettiva”. Questo documento è un attacco alla contrattazione, ai diritti, al salario dei lavoratori.
Infatti:
1. Il documento programma la riduzione dei salari nel contratto nazionale, perché:
– il contratto durerà 3 anni, invece che 2;
– gli aumenti salariali potranno essere solo ed esclusivamente legati a un indice definito da un’autorità terza, che in ogni caso dovrà togliere l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime importate;
– gli aumenti si calcoleranno in ogni caso su una paga di riferimento più bassa di quella su cui oggi vengono calcolati gli aumenti contrattuali nelle principali categorie dell’industria;
– il recupero di un’eventuale inflazione più alta di quella definita, avverrà sempre togliendo l’aumento dei costi della benzina e dei beni energetici;
– non ci sarà nessuna certezza della decorrenza del contratto nazionale dalla data di scadenza, si dovrà procedere esattamente come oggi con le una tantum, di fronte ai gravi ritardi nei rinnovi contrattuali.
In concreto, con un’inflazione ufficiale al 3,8% e con un aumento reale dei prezzi di prima necessità intorno al 6%, sulla base di queste linee guida si farebbero rinnovi contrattuali con aumenti attorno al 2%: ogni anno si avrebbe una perdita di potere d’acquisto sulle buste paga.
2. Sulla contrattazione aziendale, che dovrebbe essere quella che viene favorita dall’accordo, si stabiliscono invece vincoli, limiti e punizioni, che la rendono ancora più difficile rispetto ad oggi.
Perché:
– tutto resta come prima, non c’è nessuna estensione della contrattazione né in azienda, né a livello territoriale;
– il salario dovrà essere ancora più flessibile e incerto di oggi, tanto è vero che già in alcune vertenze aziendali le imprese hanno detto no al consolidamento dei premi o all’aumento della parte fissa, usando il documento sottoscritto tra Confindustria, Cisl e Uil;
– è vietato chiedere nelle vertenze aziendali ciò che è stato già discusso nel contratto nazionale. Orari, precarietà, normative sull’inquadramento, non potranno essere più discusse a livello aziendale, pena “punizioni” per le organizzazioni e le rappresentanze che lo fanno.
3. Tutto il sistema viene centralizzato, la Confindustria e le confederazioni sindacali firmatarie avranno il compito di controllare dall’alto tutto il sistema della contrattazione, nazionale e aziendale. L’arbitrato deciderà su eventuali controversie. Gli Enti bilaterali amministreranno sempre di più aspetti decisivi della condizione di lavoro.
4. Passa per la prima volta il gravissimo principio per cui a livello aziendale o territoriale si possono fare sconti sul contratto nazionale. Così le imprese o i territori in difficoltà potranno minacciare la chiusura delle aziende o i licenziamenti per ottenere sconti e deroghe sulle condizioni minime stabilite nel contratto nazionale. E’ questo un meccanismo persino peggiore del ritorno alle gabbie salariali.
Confindustria, Cisl e Uil auspicano poi che ci sia la riduzione del peso del fisco sui salari, ma in realtà lo chiedono solo per il salario flessibile e non per quello certo e garantito a tutte e a tutti.
Questo documento è un peggioramento delle stesse regole già negative dell’accordo del 23 luglio 1993 e, se applicato, porterà a una nuova riduzione dei salari per la grande maggioranza dei lavoratori mentre pochi potranno guadagnare qualcosa in più solo a prezzo di un maggiore sfruttamento.
Diciamo e facciamo dire di no nelle assemblee,
nelle manifestazioni, ovunque tra le lavoratrici e i lavoratori alla controriforma della contrattazione.
NO all’attacco al contratto nazionale
e alla contrattazione dei diritti,
Sì all’aumento del salario
e al miglioramento delle condizioni di lavoro.
RETE28APRILE Roma, 15 ottobre 2008