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Montevideo oggi

Publie le mercoledì 9 marzo 2005 par Open-Publishing

Dazibao America Latina

di Antonio Graziano

Sorvolare il Rio della Plata da Buenos Aires a Montevideo in aereo significa rimanere 45 minuti sospesi in volo con un aereo che si destreggia tra venti e correnti atmosferiche in modo da portare i passeggeri a destinazione all’aeroporto internazionale di Carrasco. Carrasco è il nome di un quartiere periferico della capitale Uruguaiana, il quartiere più ricco, nella parte orientale della città con ville e casette circondate da parchi e giardini.

Il viaggio continua verso il centro, percorrendo per molti chilometri la Rambla, il lungo mare, con una suggestiva vista sul Rio della Plata.

Il paesaggio cambia. Le ville si trasformano in edifici moderni utilizzati dall’industria del turismo come alloggi di vacanza o come abitazioni permanenti, fino a giungere alla Città vecchia, antico cuore commerciale, costituito da palazzi fatiscenti dell’epoca coloniale, alcuni dei quali mantengono ancora il loro fascino. Dalla città vecchia si è sviluppato, nel tempo, il resto della città. Avenida 18 de Julio è il punto di riferimento per turisti ed abitanti. Fast foods, ristoranti, negozi, sale da gioco offrono, insieme ai locali della città vecchia, vari tipi di svago.

L’Uruguay, nella prima metà del ‘900, era considerato la Svizzera dell’America Latina. Vi giungevano immigranti europei, soprattutto italiani e spagnoli, che fuggivano dalla povertà in cerca di una vita migliore. Camminando per le strade ci si accorge che qualcosa è cambiato. Non è difficile incontrare intere famiglie che chiedono l’elemosina, persone che vivono della raccolta dei rifiuti, infilandosi nei bidoni della spazzatura, bambini di strada fermi ai semafori che mettono insieme qualche peso.
Spostandosi verso la periferia occidentale la città cambia radicalmente. Si attraversa il Cerro, un quartiere povero caratterizzato da svariati episodi di violenza, dove di tanto in tanto un bus di linea viene assaltato da persone armate spesso con conseguenze letali. Continuando il cammino, ai confini del Cerro si giunge a Santa Catalina.

Santa Catalina

Santa Catalina è un’area di circa 10.000 abitanti che negli ultimi hanni ha visto crescere la sua popolazione con la creazione di nuovi insediamenti, costituiti di baracche in legno e lamiera, che si sono aggiunte a quelle più “lussuose” di mattoni. Il quartiere si trova in una posizione spettacolare dal punto di vista paesaggistico. Sorge su una piccola baia, su un cui estremo è stato costruito il porto del reverendo Munn, miliardario capostipite di una setta religiosa che col suo patrimonio ha creato una struttura che sarà utilizzata per il trasposto di legname all’estero, con conseguenze ambientali e sociali devastanti. Deforestazione, inquinamento delle acque e diminuzione della pescosità sono danni principali previsti ad attività avviata.
Sant Catalina è un esempio del declino che oggi vive il paese.

Il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP/PNUD) posiziona l’Uruguay al 46esimo posto in relazione allo sviluppo umano (l’Italia è 26esima). La povertà è andata avanti negli ultimi anni, accentuata dalla crisi argentina del 2002 e dalla situazione economica che vive tutta la regione sud americana. Per far fronte all’emergenza è intervenuto il Banco Interamericano di Sviluppo (BID) i cui prestiti superano, nel paese, quelli della banca Mondiale. I fondi prestati dal BID, che in ogni caso incrementano il debito estero, sono utilizzati per gestire il Plan Caif. Il piano ha l’obiettivo di ridurre la denutrizione e assistere le donne in gravidanza, soprattutto le più giovani, mediante i centri di attenzione all’infanzia ed alla famiglia (Caif), alcuni dei quali già esistenti da anni grazie a fondi statali. Nell’insediameno più povero di Santa Catalina, grazie ai fondi del BID, da poco è nato un nuovo Caif, gestito dall’associazione H20, che già da anni lavora a favore della popolazione povera sul territorio. Qui il tasso di denutrizione infantile è pari al 26%.

In altre parole 26 bambini su 100 possiedono da 1 a 3 chilogrammi in meno rispetto alla norma. Eppure, secondo l’UNDP, la denutrizione infantile (da 0-5 anni) è pari all’5%. (rapporto sullo sviluppo umano, 2004). “I fondi del BID bastano solo ad accogliere i bambini nel centro 2 volte alla settimana. Fornire un pasto completo 2 volte alla settimana non è sufficiente a combattere la denutrizione infantile. Un bambino denutrito, pur nascendo sano, svilupperà un ritardo nella sua crescita fisica e mentale che si porterà avanti per tutta la vita” Questa è la denuncia dell’associazione H2O, che chiede che i fondi del Plan Caif siano incrementati per rispondere alle reali esigenze della popolazione.

Intanto da pochi giorni in Uruguay c’è un nuovo governo. Chissà se i bambini di Santa Catalina lo hanno saputo...