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N.2. La storia siamo noi. Le prossime manifestazioni
Publie le venerdì 16 novembre 2007 par Open-PublishingIL G8 DI GENOVA, LA DEMOCRAZIA SOSPESA
A Genova, nel luglio del 2001, per piu’ giorni fu abiurato lo stato di diritto. Le regole di base della democrazia furono ripetutamente calpestate.
Sono passati piu’ di sei anni e le ferite di quei giorni sono ancora aperte.
Non abbiamo avuto un processo per l’uccisione di Carlo Giuliani, precluso da un’inaccettabile archiviazione. Ministri e presidenti del consiglio non hanno mai chiesto scusa alla cittadinanza e alle vittime delle violenze e degli abusi - per strada, alla Diaz, a Bolzaneto, al Forte San Giuliano - compiuti dalle forze dell’ordine, nonostante ricostruzioni ormai inoppugnabili e alcune sentenze del tribunale civile che hanno obbligato lo stato a risarcire cittadini ingiustamente aggrediti durante le manifestazioni.
Gli operatori e i funzionari coinvolti in queste operazioni non sono stati sospesi; i massimi dirigenti sotto processo sono stati addirittura promossi.
Il parlamento ha finora rinunciato a istituire una commissione d’inchiesta, che peraltro sarebbe ormai depotenziata, ne’ si e’ messa in cantiere una riforma democratica delle forze di sicurezza, che appare sempre piu’ necessaria.
A Genova sono in corso alcuni processi, uno contro contro 25 persone accusate di devastazione e saccheggio, altri contro decine di appartenenti alle forze dell’ordine, per le torture nella caserma di Bolzaneto, il sanguinoso raid alla scuola Diaz e altri episodi. I pm hanno chiesto pene severissime - dai 6 ai 16 anni - per i 25 imputati, in applicazione di una figura di reato, devastazione e saccheggio, mai applicata prima del G8 di Genova alle manifestazioni di piazza e che puo’ prestarsi, come evidenziato da studiosi e giuristi, a pericolose limitazioni della liberta’ d’espressione e di manifestazione. Crediamo nell’indipendenza della magistratura e siamo convinti che ciascuno sia responsabile delle proprie azioni, e proprio per questo riteniamo che le pene richieste siano del tutto sproporzionate rispetto agli episodi contestati.
Per i processi contro oltre settanta agenti, funzionari e dirigenti della polizia di stato e delle altre forze dell’ordine, le sentenze di primo grado sono attese per l’anno prossimo, ma la prescrizione interverra’ prima della sentenza definitiva. Le vicende giudiziarie seguite al G8 rischiano dunque di concludersi senza colpevoli sia per Bolzaneto, sia per la Diaz, in aggiunta al mancato processo per l’uccisione di Carlo Giuliani; solo il processo contro i 25 arrivera’ fino al terzo grado.
Siamo convinti che il risarcimento per le violazioni costituzionali compiute nel luglio 2001 sia solo in parte competenza dei tribunali: e’ sotto il profilo etico, culturale e politico che dovrebbero arrivare i segnali piu’ importanti. Le istituzioni, finora, hanno fallito questo loro compito: le mancate scuse alla cittadinanza, le promozioni accordate agli imputati, il silenzio del parlamento sono li’ a testimoniarlo.
Percio’ riteniamo indispensabile proseguire ed intensificare il nostro impegno per la verita’ e la giustizia, per la difesa delle garanzie democratiche, per il diritto alla liberta’ d’espressione e di manifestazione.
Non possiamo accettare che la sospensione dello stato di diritto sia archiviata con tanta leggerezza.
Percio’ saremo a Genova: sabato 17 novembre parteciperemo alle manifestazioni e sabato 24 promuoveremo un incontro pubblico sul tema "Genova G8, democrazia alla prova".
Comitato verita’ e giustizia per Genova
www.veritagiustizia.it
GENOVA 2001 - GENOVA 2007. LA MEMORIA SPEZZATA
225 anni di galera. C’e’ voluta la scossa delle richieste del PM al processo contro 25 di coloro che, nel luglio del 2001, manifestarono a Genova contro il G8, perche’ si tornasse a parlare di quei giorni, perche’ scattasse la voglia di reagire, di andare in piazza in solidarieta’ ai compagni che rischiano lunghi anni di detenzione.
Quello che accadde e’ ormai parte della memoria collettiva: migliaia e migliaia di persone che scendono in piazza, la repressione feroce, il massacro della Diaz, le torture di Bolzaneto, l’assassinio di Carlo Giuliani.
I piu’ sono convinti che di quei giorni si sappia ormai tutto, che la verita’ su quello che accadde, che qualcuno vorrebbe relegata alle aule di tribunale o alle commissioni parlamentari, sia un patrimonio ormai acquisito.
Eppure non e’ cosi’. In questa storia vi e’ un convitato di pietra: un movimento che voleva mettere in discussione l’ordine del mondo e che e’ naufragato sul lungomare di Genova. Un naufragio che si e’ consumato a lungo, attraversando l’11 settembre, la guerra permanente, le leggi speciali, per giungere a questi giorni di follia e crudelta’, giorni di fascisti scatenati e di un governo che stringe il cappio della legge al collo dei poveri, degli immigrati, dei pochi che ancora si oppongono concretamente alla marea scura che avanza.
Il 19 20 21 luglio del 2001 venne elaborata la favola consolatoria di un movimento segnato da aurorale innocenza, vittima della violenza dello Stato, che massacra gli inermi e “lascia fare” chi attacca banche, supermercati, carceri. Il Blocco Nero in particolare e poi gli anarchici in generale sono trattati come corpi estranei, protetti dalla polizia, agiti da infiltrati che li guidano tra i non violenti per farli caricare.
Eppure erano ormai anni che i movimenti contestavano i vertici dei potenti dando vita a manifestazioni in cui convivevano anime diverse, che in piazza avevano differenti approcci. Ricordo i cortei tematici dei cortei praghesi o le zone delle manifestazioni canadesi. Tanti volti, tanti modi di esprimere la propria opposizione, ma un unico movimento. Anche a Genova avrebbe dovuto essere cosi’: tante piazze tematiche, tanti luoghi perche’ ciascuno potesse manifestare come preferiva.
La gran parte degli anarchici italiani, riuniti sotto il cartello “anarchici contro il G8”, decise di evitare il teatrino mediatico, l’assedio alla zona rossa e scelse di manifestare nel ponente genovese, a Sanpierdarena, storico quartiere operaio, mirando a coinvolgerne la popolazione.
Tutti gli altri optarono per la contestazione del vertice, cercando di violare le barriere della zona rossa. Ciascuno a suo modo. La risposta violenta delle forze del disordine statale avrebbe dovuto essere prevista.
Non molto prima in Svezia al vertice di Goteborg, per poco non c’era scappato il morto: un ragazzo di 19 anni aveva lottato per giorni tra la vita e la morte per le tre pallottole che un poliziotto gli aveva piantato in corpo.
Solo nelle favole sulla democrazia si racconta che assediare per giorni i padroni nel mondo asserragliati nei loro palazzi, circondati da uomini armati, sia una pratica indolore. Sebbene si rimanesse sul piano simbolico, poiche’ le varie strategie di piazza – da quelle non violente a quelle di attacco – avevano necessariamente una mera valenza comunicativa, tuttavia rendevano visibile una crisi di legittimita’ ampiamente condivisa.
A Genova accadde quello che era gia’ accaduto altrove, solo su scala piu’ ampia: la democrazia reale, non il fantasma che ci mostrano negli spot elettorali, si dispiego’ davanti a decine migliaia di manifestanti, picchiando di santa ragione tutti quelli su cui riusci’ a posare i propri manganelli, calci di fucile, scarponi. Gaso’ senza pieta’ i buoni e i cattivi, i moderati e gli estremisti. Sarebbe stata una buona occasione per guardare in faccia il potere e per capire che di poteri buoni non ce ne sono. Un’occasione perduta.
A Genova il movimento si spacco’ e rapidamente si estinse nelle inutili passeggiate romane contro la guerra. Piu’ facile accusare il Blocco Nero di connivenza con la polizia che guardare negli occhi la bestia.
A sei anni da quel luglio si torna a Genova e sulla nostra strada ci sono molte piu’ macerie di allora: milioni di morti in Iraq e Afganistan, la tortura come arma di guerra riconosciuta, le deportazioni degli indesiderabili, secoli di galera per chi si oppone. A Genova, come a Milano, come a Torino. Per tutti la stessa accusa: “devastazione e saccheggio”.
Nei prossimi mesi si giocheranno molte partite importanti: dal blocco della nuova base USA a Vicenza alla lotta contro le mille nocivita’ che ci affliggono, dall’opposizione alle leggi razziste, alla lotta contro la precarieta’ per legge.
Sara’ un banco di prova per tentare ancora di vincere la scommessa forte di ogni movimento che voglia vincere e non solo testimoniare: saldare radicalita’ degli obiettivi, radicamento sociale e capacita’ di mettere in rete solidale i tanti che, oggi come le luglio 2001, si oppongono all’ordine feroce del mondo.
Ripartendo da Genova, dalla solidarieta’ ai 25 compagni sotto processo, dalla riconquista di una memoria spezzata.
da Umanita’ Nova n. 37 2007
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ripreso da
http://www.masadweb.org