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N.3 . La storia siamo noi. Le prossime manifestazioni
Publie le venerdì 16 novembre 2007 par Open-PublishingGENOVA: LA NOSTRA STORIA
Il processo di Genova dal punto di vista concreto, materiale, comporta la prospettiva di pene detentive per 225 anni di carcere. Da sei a sedici anni per una rappresentanza, una piccola campionatura, di quelle centinaia di migliaia che si opposero alla illegittimita’ del G8 nel 2001. Ma piu’ di ogni altra cosa la requisitoria dei pm Canepa e Canciani rappresenta la determinazione a riscrivere la storia a uso e consumo del potere. Perche’ la storia di Genova e’ la nostra storia.
Rendere la manifestazione del 17 novembre un momento non simbolico, non una sorta di commemorazione, ma farne una scadenza effettivamente rappresentativa della complessita’ senza precedenti che diede vita alle giornate di sei anni fa e’ indispensabile per tutelare il destino giudiziario di 25 capi espiatori. Davanti all’aberrazione delle richieste dell’accusa deve costituire uno strumento forte di pressione e orientamento nei confronti del tribunale e contestualmente di paralisi dell’operazione di riscrittura della storia che il potere, con grosse difficolta’, sta tentando di portare avanti.
Una storia che ha una svolta decisiva nelle giornate di Seattle del novembre 1999, quando la terza riunione del WTO, l’organizzazione mondiale del commercio, fallisce rovinosamente in ragione dell’opposizione che una moltitudine senza precedenti mette in campo, utilizzando come arma esclusivamente i propri corpi. Smascherando la falsificazione che consente a pochi potenti di riunirsi periodicamente per varare regole a loro piacimento e vantaggio, decidendo e influenzando l’andamento delle politiche e dei mercati mondiali. Svelando un sistema criminale di regole inique, che opera con procedure assolutamente antidemocratiche attraverso il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, una esigua congrega di amministrazioni nazionali a vantaggio delle societa’ transnazionali e a discapito delle genti e dei paesi piu’ poveri. Il conflitto sociale che affolla strade e piazze, che attacca nei simboli e nella materia i luoghi del governo e del dominio mette in corto circuito la regia della concertazione capitalistica, che riesce solo a consegnare agli eserciti e alle polizie la gestione di questo nuovo e originale conflitto.
Quest’eco informa le chiavi di lettura e le pratiche di opposizione dei movimenti europei in occasione della riunione del Fondo Monetario Internazionale a Praga, nel settembre 2000. Un movimento enorme e composito assedia i delegati attraverso pratiche di disobbedienza e di resistenza contro forze di polizia ormai trasformate in esercito da guerra interna. Gli strumenti di difesa si aggiornano: dai caschi, agli scudi, ai gommoni, alle protezioni piu’ disparate.
A Napoli, nel marzo 2001, il Global Forum sulla e-governance si conclude con un’ anticipazione in sedicesima di cio’ che attende i movimenti a Genova: polizia, carabinieri e guardia di finanza creano una vera e propria trappola per i manifestanti, li aggrediscono con cariche e lacrimogeni scatenandosi in una caccia all’uomo che dura ore, ostacolando i soccorsi ai feriti persino negli ospedali, infliggendo ai fermati violenze fisiche e psicologiche.
A Goteborg, nel giugno successivo, la contestazione del Consiglio Europeo vede nuovamente in campo pratiche di disobbedienza volte a delegittimare il vertice. Nuovamente la polizia si accanisce violentemente contro manifestanti inermi: un ragazzo viene ferito gravemente alla schiena da un colpo di pistola sparato da un agente.
Quello che e’ avvenuto a Genova lo sappiamo. L’ esplosione di un movimento enorme e determinato a contestare i potenti in maniera radicale, unendosi e dando continuita’ a un movimento globale che da Seattle in avanti ha percorso tutto il mondo e l’Europa, ha segnato un’epoca, ha indicato una direzione. Un movimento che ha creato le basi per nuove esperienze e nuove pratiche di conflitto che hanno come risultato tangibile il cambio dei governi in America Latina; che ha fatto assumere la globalizzazione come il terreno da rovesciare per costruire la globalizzazione della comunicazione, della cooperazione, dei diritti.
Contro l’impero.
Da Genova e’ partito un modo nuovo di affrontare il terreno della democrazia, della lotta per la democrazia diretta contro quella fasulla che divora gli spazi della nostra vita: la democrazia della casta globale. Genova ha reso visibile il rifiuto di un sovrano determinato dal mercato e da questo autorizzato a decidere della vita e della morte di miliardi di persone in questo pianeta. Ha affrontato il tema del conflitto in maniera attuale, contemporanea, non caricaturale, non ideologica.
Ora la sentenza del tribunale puo’ decidere di seppellire sotto due secoli di galera una manciata di quei soggetti che ha sedimentato nella coscienza collettiva il diritto alla resistenza contro la violenza omicida delle polizie/esercito. Ora questa determinazione giudiziaria si rivolgera’ a tutti i movimenti in lotta, dalla Val di Susa a Vicenza passando per i centri di permanenza temporanea sparsi per tutto il paese.
Per questo e’ imperativo essere a Genova il 17 novembre.
Per tutti quelli che c’erano il 19, 20, 21 luglio del 2001.
Per tutti coloro che credono che cambiare il mondo non solo sia giusto, ma sia doveroso e possibile.
Per tutti quelli che lottano per i loro bisogni, nei posti di lavoro, nei quartieri, nelle universita’, nelle scuole.
Per tutti quelli che si battono contro la devastazione dei territori e dei beni comuni.
Per tutti quelli che intendono impedire che vengano chiusi gli spazi di movimento di oggi e di domani.
Per tutti c’e’ ancora qualcosa da fare prima del 17.
Allargare la partecipazione.
Garantire il diritto a manifestare.
Garantire il diritto a raggiungere Genova.
Liberitutti GLOBAL NETWORK
TORNARE A GENOVA PER CHIUDERE I CPT E CANCELLARE IL DECRETO SULLA SICUREZZA
Saremo a Genova il 17 novembre. Cammineremo di nuovo su quelle strade come il 19 luglio del 2001, quel giorno una grande manifestazione per i diritti dei migranti attraverso’ la citta’ e apri le giornate di contestazione al g8 con le stesse parole d’ordine che ci uniscono ancora oggi. Sono passati alcuni anni da quel giorno, sono cambiati i governi, abbiamo continuato a lottare e abbiamo sentito molte promesse, ci hanno raccontato che i Cpt potevano essere " superati" e " umanizzati". Ma i Cpt, nelle loro varie forme e sperimentazioni, non solo continuano ad esistere ma la logica della detenzione amministrativa e del controllo sociale continua ad espandersi fuori le mura di quelle strutture inumane. I migranti continuano a essere reclusi in quelle galere etniche, continuano a essere trattati come una questione di "ordine pubblico" e a morire. Una sorta di "diritto speciale" contro la liberta’ di circolazione dei migranti. Cosi’ come il recente decreto sulla sicurezza varato dal governo che permette deportazioni di massa, assegna poteri eccezionali ai prefetti e criminalizza intere comunita’. Non si puo’ emendare il razzismo e la xenofobia. C’e’ un filo che lega la legislazione d’emergenza contro i migranti e la volonta’ di ricostruire nelle aule dei tribunali, con centinaia di anni di carcere, la storia dei movimenti sociali. La liberta’ di movimento e il conflitto sociale devono essere controllati, disciplinati, confinati e infine repressi. Facciamo appello a tutte le reti e associazioni dei migranti e antirazziste ad essere a Genova per far sentire la nostra voce, per dire che i cpt vanno chiusi e il decreto sulla sicurezza cancellato.
Assemblea nazionale delle Reti migranti e antirazziste
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