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Nairobi-Un’isola in mezzo alla guerra / World Social Forum 2007 (foto)

Publie le martedì 23 gennaio 2007 par Open-Publishing

La prima edizione del Forum Sociale Mondiale in Africa si apre in un contesto politico pieno di contraddizioni e conflitti estremi. Il processo di costituzione del comitato organizzatore e la costruzione degli eventi hanno gia’ generato notevoli critiche soprattutto per quanto riguarda la rappresentativita dei soggetti che hanno in mano la direzione dell’evento. La figura piu’ visibile e’ Onyango Oloo, “attivista professionista” e scrittore, nato nel 1960 nella provicia della Rift Valley, ma non emerge un soggetto politico collettivo alle spalle della sigla del Kenya Social Forum.

Un altro capitolo riguarda i fondi donati dalla Cooperazione Italiana per il Comitato Organizzatore che ammonterebbero a 400.000 dollari in totale, ai quali bisogna aggiungere un altra quantita imprecisata da parte del ministero degli Affari Esteri francese. Il fatto che un evento come il Forum venga finanziato direttamente da due paesi del G8 nonche’ ex potenze coloniali, toglie ogni dubbio sul fatto che almeno quest’anno questo evento faccia fatica a porsi come un soggetto politico autonomo. E’comunque un evento inedito e fondamentale per comprendere quali siano stati gli effetti del processo di democratizzazione formale che ha investito molti paesi africani, compreso il Kenya che ha avuto le sue prime vere elezioni libere nel 2002, negli ultimi dieci anni.

Volendo poi guardare oltre queste difficolta’ iniziali e oltre le evidenti difficolta’ organizzative, e’ evidente fin da subito come questo Forum Mondiale evidenzi tutti i grandi limiti che i modelli di cooperazione e di aiuto allo sviluppo hanno creato in Africa. Il Kenia e’ un paese in cui e’ presente una importante classe media, concentrata soprattutto nella metropoli di Nairobi e dintorni, ed e’ proprio a questa classe media cresciuta nell’indotto della cooperazione e degli investimenti multinazionali che fa riferimento il concetto di societa’ civile, soggetto politico predominante nei discorsi pubblici di questa edizione del Forum.

Ma Nairobi e’ solamente il pallido ricordo delle verdi colline descritte da Karen Blixen. Due milioni e mezzo di abitanti appartenenti a decine di gruppi etinici e religiosi, di cui la meta’ che vive con all’incirca un dollaro al giorno, lottano per la quotidianita’ dentro un sistema di corruzione endemica e diffusa che nonostante gli sforzi molto pubblicizzati del governo di Mwai Kibaki in carica dal 2002 e’ percepita dalla maggioranza come il limite piu’ grande allo sviluppo economico e sociale del paese.

Ieri, mentre a pochi isolati centinaia di delegati e delegate soprattutto europei e statiunitensi facevano la coda per registrarsi pagando una quota di 80 euro a testa, a pochi isolati di distanza si svolgeva un’altra scena di un dramma che dura da 20 anni.
Obonyo Odoy uno dei portavoce del LRA/LRM, l’esercito di liberazione del Signore/movimento di liberazione del Signore, il famigerato esercito di soldati bambini di Joseph Koni, ricercato dal tribunale penale internazionale dell’Aia per crimini contro l’umanita’, ha annunciato in conferenza stampa la rottura del dialogo con il governo ugandese patrocinato dal vice presidente del sud Sudan Reik Machar.

La situazione in nord Uganda e’ tesissima: l’esercito Ugandese ha spostato le sue truppe alla frontiera pronto ad entrare in sud Sudan per attaccare i ribelli che sembra siano piuttosto indeboliti. Questi, non nuovi a rappresaglie sulla popolazione civile, minacciano velatamente di attaccare i campi profughi nel nord Uganda ed allo stesso tempo chiedono insistentemente la pace e un negoziato a Nairobi e non più in Sudan.

In Kenya si aprirebbe dunque una possibilita’ per la pace. Sebbene sia difficile pensare a un negoziato con un esercito comandato da criminali di guerra, il costo della ripresa delle ostilita’ a cavallo del triplice confine di Sudan, Uganda e Kenya sarebbe infinitamente peggiore per una delle regioni piu’ martoriate del continente.

Allo stesso tempo sui giornali locali si leggono notizie di grandi mobilitazioni dell’esercito e della polizia del Kenya per chiudere la frontiera a possibli infiltrazioni delle Coorti Islamiche e di uomini di Al Quaeda. Nonostante pero’ il Kenya sia una base operativa dell’Africom, il comando africano delle forze USA, e’ palpabile una critica alla escalation degli USA nella regione, che minaccia di riattivare altri nodi del complesso equilbrio regionale che vede quattro conflitti aperti: Somalia, Tchad, nord Uganda e Darfur in regioni che come il Kenya sono abitate da un mosaico di gruppi etnici e da una percentuale di mussulmani vicina alla meta’ della popolazione.

L’epoca delle lotte di liberazione nazionale e delle grandi ideologie in Africa e’ tramontata da molto tempo. La governance capitalista si manifesta in uno stato di guerra permanente e diffusa che non impedisce pero’ lo sfruttamento intensivo delle grandi ricchezze del continente. La democrazia formale si scontra con la complessa relazione tra etnicita’ e cittadinanza dove la prima viene giocata da una elite di governanti senza scrupoli per mobilitare le grandi masse di giovani disoccupati e senza terra.

In questo scenario oggi scendono in piazza i movimenti degli slums con un corteo che partendo dalla immensa baraccopoli di Kibera arrivera’ fino a Uhuru Park, nel centro commerciale della citta’ dove si svolgera’ l’evento di inaugurazione del Forum. La manifestazione e’ indetta contro la guerra e per affermare la pace come necessita’ per sconfiggere la miseria e l’esclusione sociale. Questo evento sara’ una prima misura dello stato di salute della democrazia keniota e della possibilita’ per la societa’ civile delle ONG di uscire dall’empireo della auto rappresentativita’ verso i terreni accidentati della democrazia presa in mano da quelli che in un’epoca passata Franz Fanon chiamava con rabbia e passione “i dannati della terra”.
www.globalproject.info

Participants hold on to a bronze statue of a pregnant teenager during the opening of 2007 World Social Forum (WSF) in the streets of Nairobi January 20, 2007. The statue’s Danish sculptor, Jens Galschiot, said it was a protest against the Catholic Church’s stance against contraception. Glue-sniffing street-boys, men on camels, and women balancing clay pots on their heads marched from one of Africa’s biggest slums at the start of an anti-capitalist fest hosted by the continent for the first time. More than 10,000 people from around the globe descended on the massive Kibera shanty-town home for 800,000 of Kenya’s poorest — to dance, beat drums, chant and wave placards at the kick-off of the seventh annual World Social Forum. Antony Njuguna (KENYA)

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