Home > Nairobi, affare che puzza
…e l’odore si sente in Italia. E’ il caso dello studio (721mila euro) per la bonifica della discarica di Dandora. Coinvolta una societa’ italiana, con personaggi rappresentanti in Kenya di aziende armiere. Lo scontro al ministero dell’Ambiente.
C’e’ una societa’: Eurafrica management and consulting. Sede legale a Napoli, operativa a Roma, con filiale a Nairobi. Capitale sociale, 10 mila euro.
C’e’ la piu’ grande discarica di Nairobi: Dandora, un inferno di rifiuti che “avvelena” circa 700 mila persone, quelle che vivono nei dintorni, compreso lo slum di Korogocho.
C’e’ uno studio di fattibilita’ che ha come oggetto la bonifica e lo spostamento della discarica: costo 721 mila euro.
C’e’ un ministro, Alfonso Pecoraro Scanio, che di fatto sfiducia l’azione del direttore generale (Corrado Clini) del suo stesso ministero (Politiche ambientali).
Ci sono attori che ruotano sull’asse Roma-Nairobi, avvolti nella nebbia di tanti punti interrogativi, ma attratti dal business milionario della gestione dei rifiuti.
Sono gli ingredienti dell’ennesima storia all’italiana. I cui tratti salienti sono stati denunciati da padre Alex Zanotelli e padre Daniele Moschetti, due comboniani che conoscono a fondo la realta’ di Korogocho (il primo ci ha vissuto per 12 anni, il secondo opera ancora in quella baraccopoli) e della discarica.
Tutto ha inizio nel novembre scorso. Scende a Nairobi Pecoraro Scanio per il vertice mondiale sui cambiamenti climatici. Il 16 novembre firma con il collega kenyano una convenzione per la bonifica di Dandora, nell’ambito dei contributi previsti dall’ accordo di Kyoto. Sono anni che le organizzazioni locali, con i comboniani in testa, chiedono che quella discarica venga chiusa e spostata, visto che i suoi fumi e il suo inquinamento minaccia la salute delle persone (vedi il recente studio del Programma Onu per l’ambiente – Unep – da cui risulta che la meta’ dei ragazzi esaminati ha tassi di piombo nel sangue superiori ai livelli accettati internazionalmente). Spostamento che deve salvaguardare, tuttavia, quelle persone che con la discarica ci vivono, grazie al recupero e alla selezione dei rifiuti.
Il ministero mette a disposizione per lo studio di fattibilita’ 721 mila euro. Un’enormita’. Anche perche’ di progetti simili ce ne sono gia’ conservati nei cassetti del municipio di Nairobi: studi giapponesi e studi italiani, come quello della Jacorossi. A gestire da Roma direttamente l’affaire e’ il direttore generale del ministero dell’Ambiente, Corrado Clini. Sara’ lui personalmente che il 14 e il 15 agosto scorsi scendera’ a Nairobi per incontrare le autorita’ locali e gli stessi comboniani, per convincerli della bonta’ dell’operazione e del suo nuovo protagonista. Perche’ nel frattempo, come dal nulla, compare una societa’, l’Eurafrica appunto, a cui e’ stato affidato lo studio di fattibilita’.
E qui i misteri iniziano a infittirsi. Innanzitutto, non e’ chiaro chi le abbia assegnato l’incarico. Clini, nei suoi documenti, scarica la responsabilita’ sui colleghi keniani. I quali cascano dalle nuvole. Sembra, comunque, che una bozza dell’affidamento sia stata redatta in Italia.
Poi gli interrogativi investono la stessa societa’ prescelta. Eurafrica fa riferimento a due persone, marito e moglie: Bruno Calzia e a Tiziana Perroni. Una societa’ (con sedi ufficialmente a Napoli e a Roma) che non ha competenze specifiche in materia. Tanto che per espletare quell’incarico si sarebbe appoggiata a due partner di peso e di grande esperienza in Kenya: la Atkins e la Howard Humphreys, societa’ di ingegneria inglese e keniana. «Ma allora perche’ non ci si e’ rivolti direttamente a queste due», si e’ chiesto retoricamente padre Moschetti.
Bruno Calzia, nato in Somalia, non e’ un perfetto sconosciuto. Fa parte della squadra di consulenti del ministro per le politiche agricole Paolo di Castro ed e’ stato da poco piazzato dal ministro Emma Bonino nell’Ice, l’istituto per il commercio estero. Eurafrica Kenya, inoltre, avrebbe reclutato soggetti che a Nairobi, e in genere nel Corno d’Africa, si sanno muovere assai bene. E’ il caso, ad esempio, di Renzo Bernardi, conosciuto per essere il rappresentante in zona della Oto Melara, della Beretta e di altre societa’ europee legate alla produzione di armi.
Un quadro complesso (societa’ “neofita”, sedi ballerine, soggetti dal curriculum curioso, assegnazione diretta dell’incarico per lo studio di fattibilita’…) che ha fatto balenare qualche dubbio. Padre Moschetti e altri hanno iniziato a porsi – e a porre – domande. Timori gonfiati, poi, da cio’ che sarebbe stata la seconda parte dell’operazione: la gara vera e propria per la gestione dei rifiuti di Nairobi. E qui le cifre s’aggirano sulle decine e decine di milioni di euro.
Dubbi che sono stati sottoposti anche al ministro Pecoraro Scanio. Che li ha condivisi. Tanto da sospendere l’affidamento dello studio a Eurafrica in attesa di chiarimenti, assegnando all’agenzia del ministero, l’Apat , il compito di controllare quanto meno la bonta’ tecnica dello stesso studio.
Ma la vicenda non si chiude affatto qui. Padre Zanotelli e padre Moschetti chiedono con forza che la magistratura apra un fascicolo. Che ci metta il naso in questa storia, che puzza troppo di gia’ visto. Un gia’ visto sulla pelle degli ultimi.