Home > Napoli under attack !

Napoli under attack !

Publie le venerdì 3 luglio 2009 par Open-Publishing

E’ la barbarie…..

E’ difficile provare a raccontare cosa sta accadendo a Napoli negli ultimi mesi. Senza dubbio non e’ un problema di collocazione temporale ma di contestualizzazione piu’ complessiva della drammaticita’ della situazione che questa citta’ vive.

La morte di Petru in una folle sparatoria in pieno centro, il pestaggio di piazza Bellini contro la comunita’ lgbtiq, l’agguato dei fascisti a Fuorigrotta, ed ora la devastazione dello Spazio Sociale Parco San Gennaro, un’ esperienza magnifica che da poco ha compiuto un anno di autogestione.

La brutalizzazione delle relazioni sociali, l’affermazione di un modello culturale votato alla violenza ed al sopruso, in pratica il declino definitivo di quella formazione culturale che in questa citta’ e’ sempre stata maggioritaria, fatta di tolleranza, integrazione, solidarieta’ sociale, che ha trovato linfa vitale nei movimenti del 2001 dal Global Forum in poi, e nel movimento no global successivamente.

Un modello culturale alternativo che si era affermato in una citta’ dove i centri sociali ed i presidi di movimento non sono tanti, ma erano stati sempre capaci di permeare il territorio. Oggi, le recenti lotte in difesa della salute e dell’ambiente ci consegnano solo pezzi di citta’ in cui sperimentare un paradigma culturale e sociale nuovo ed alternativo, mentre la gran parte della terza citta’ di questo paese e’ in preda ad un attacco di inaudita violenza.

E’ l’affermazione del paradigma camorristico come stile di vita, come modello culturale, come sentire comune. Oppure, forse, non e’ cosi’….E’ l’affermazione di un modello, quello camorrista appunto, che crea fascinazione e che tiene in sacco, a partire da una minoranza, la gran parte della cittadinanza.

In questa citta’ la vita non ha mai avuto un grande valore, ma oggi sembra averne ancora di meno…

L’imbarbarimento delle relazioni sociali ci racconta di una citta’ dove l’espressione di socialita’ sta trovando sempre piu’ la sua esplicitazione nella formazione del branco/banda oppure, come si dice da queste parti….paranze.

Le “paranze” sono piu’ propriamente le batterie di fuoco della camorra, ma per mutualita’ si associa questo termine, nella definizione piu’ comune, alle comitive di ragazzi. Un meccanismo di difesa ed attacco allo stesso tempo. L’attrezzatura necessaria per sopravvivere nella citta’ della barbarie.

Ed e’ naturale che davanti a questo cambio di scenario le esperienze di autogestione, le diversita’, le forme biopolitiche della vita quotidiana, insomma gli attrezzi stessi di quel modello culturale fino a poco tempo fa vincente in questo territorio sono i primi ad essere sotto attacco.

A questo si aggiunge, per paradosso, un mutamento delle organizzazioni criminali di alcune zone della citta’, in particolare quelle del centro. Smantellate le vecchie famiglie e le vecchi e consolidate gerarchie, oggi le organizzazioni criminali del centro risultano essere un surrogato delle gang americane e londinesi. Bande di giovanissimi che seminano il terrore. Mosse , ovviamente, dalla possibilita’ di fare soldi, guadagni facili, nella citta’ dove l’impatto della crisi ha significato un peggioramento ulteriore delle condizioni di vita. A Napoli c’e’ la miseria, davanti alla quale, anche gli ammortizzatori sociali eccezionali che in citta’ ci sono stati, risultano insufficienti, di conseguenza la barbarie e’ dietro l’angolo..

In questo scenario possiamo dire che siamo sotto attacco. Un attacco di un nemico sempre piu’ invisibile, acefalo, fatto di commistioni complesse, che si caratterizza attraverso un tratto biopolitico fatta di nichilismo ed annientamento sociale. Non c’e’ un filo diretto che lega tutti i recenti episodi, ma e’ la registrazione di un clima complessivo che ci impone una risposta che in nessun modo pio’ essere estemporanea, ma che necessariamente deve ripartire dal rilancio dei processi di autorganizzazione e autogestione. Davanti alla crisi il solo modo che abbiamo per difendere cio’ che siamo e’ l’avanzamento stesso del conflitto che deve aggredire il nodo delle condizioni materiali di vita. Per questo la Campagna Tutti a Casa per il diritto all’abitare, non e’ solo un pezzo del conflitto sociale in citta’, ma significa ripartire con uno stile diverso dell’intendere lo stare in movimento ai tempi della crisi.

Il Parco San Gennaro e’ un esperimento, in uno dei quartieri piu’ degradati della citta’, il Rione Sanita’. Un esperienza di autogestione che e’ partita dai bambini, dal recupero dei minori a rischio, da un idea diversa di socialita’, su un lavoro appunto culturale, a cominciare dai piu’ piccoli. Ben presto pero’ lo Spazio Sociale Parco San Gennaro e’ entrato nella Campagna Tutti a Casa, diventandone una delle sedi, partecipando al blocco della vendita di alcuni appartamenti interessati dalla dismissione del patrimonio pubblico proprio in quel quartiere, e poi aprendo le liste di occupazione delle case. Tutto dal basso, senza guadagnarci una lira, senza speculazioni, affermando un modello culturale diverso in un quartiere gia’ regno della barbarie. Ed a qualcuno questo da fastidio.

Per questo l’attacco allo Spazio Sociale Parco San Gennaro non e’ semplicemente un atto vandalico, o la bravata di qualche ragazzotto di strada ma è qualcosa di piu’ e di piu’ complesso.
In questo clima, i groppuscoli fascisti che fino a pochi mesi fa erano esattamente dove devono stare, ovvero nelle fogne, trovano coraggio e linfa per aggredire in 9 contro 2, due compagni dei centri sociali, pedinandoli, e picchiandoli con mazze e cinte, e solo per puro caso non sono partite le coltellate. Sebbene questi groppuscoli non rappresentano un problema per incidenza e proporzione si inseriscono nel contesto piu’ complessivo di attacco alla citta’.

Una citta’ che sembra finalmente essere stanca della barbarie. Senza dubbio i movimenti hanno sempre inteso in maniera errata e senza fine giudizio alcune esperienze siciliane di lotta alla mafia, considerandole troppo semplicisticamente delle espressioni legate a lobby o potentati politici. Il movimento di lotta alla mafia in Sicilia e’ fenomeno concreto, che esiste, che e’ radicato. A Napoli ed in Campania non abbiamo un esempio simile, ma senza dubbio oggi comprendiamo la necessita’ non della parafrasi di quel modello, ma della necessita’ di un sentimento di indignazione popolare necessario. Noi lavoriamo su questo. Lavoriamo spesso in solitudine, spesso senza soldi, senza possibilita’ di essere capaci di mettere in campo attrezzature di alto livello. Lavoriamo nei conflitti, nell’affermazione di un modello culturale diverso, nella costruzione di welfere autogestito, nella costruzione di comunita’ altra. Lo facciamo prendendoci tutti i rischi e tutte le conseguenze che questo comporta in uno scontro davanti alla barbarie, dove forse al momento non siamo attrezzati per incidere su dei rapporti di forza che sono sproporzionati nei termini dello scontro.

Lo facciamo perche’ sappiamo che non siamo noi sotto attacco ma e’ la citta’ vera.

Lo facciamo perche’ l’altro mondo possibile indicatoci dai cicli di lotta precedenti, abbiamo capito che dobbiamo provare a costruirlo prima a casa nostra, qui a Sud. Lo facciamo perche’ quella voglia irriducibile di cambiare il mondo sappiamo che è un processo reale che ha bisogno di inneschi, e noi proviamo a costruire i migliori inneschi possibili.

Lo facciamo perche’ la capacita’ che abbiamo avuto di costruire comunita’ resistenti dall’Onda a Chiaiano c’ha dato forza e speranza, c’ha insegnato tanto e c’ha fatto vedere almeno un po’ quella luce in fondo al tunnel.

Per questo, con gli occhi rossi e gonfi di lacrime di rabbia possiamo gridare sereni :
Noi non abbiamo paura !

http://www.globalproject.info/it/in_movimento/Napoli-under-attack-/1173