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Nel 2004 il Prof. Scimia sconsigliava di mandare il Tfr nei Fondi Pensione

Publie le giovedì 4 gennaio 2007 par Open-Publishing
14 commenti

Ebbene sì, nel 2004 il Prof. Luigi Scimia, l’attuale presidente della Covip ( l’ente di vigilanza sui Fondi Pensione) nonchè ex Presidente del Fondo Pensioni dei lavoratori Bnl, di fatto sconsigliava l’investimento del Tfr nei Fondi Pensione.

E si tratta dello stesso personaggio che in questi giorni appare in tutte le tv e su molti quotidiani, abilissimo nello scansare le rarissime domande scomode degli intervistatori, per propagandare invece tutto il contrario, cioè l’invio, da parte dei lavoratori, del Tfr nei Fondi Pensione, strettamente privati o "negoziali" che siano.

Noi abbiamo scovato una sua dichiarazione del 16 Ottobre del 2004 al Corriere della Sera dove sosteneva il contrario preciso di quanto sostiene oggi.

Un altro buon motivo per evitare di affidare i propri risparmi a banche, assicurazioni e sindacati confederali, cioè i gestori degli stessi Fondi Pensione ed alla speculazione finanziaria.

Copiaincolliamo l’articolo in questione :

sabato, 16 ottobre, 2004 Corriere della Sera
PENSIONI
Pag. 029


«Il Tfr batte i fondi pensione»

Il presidente Covip, Scimìa: sono 2,7 milioni i lavoratori iscritti a gestioni e polizze
Negli ultimi cinque anni le liquidazioni hanno reso il 17,9%, le casse negoziali il 14,2%
Marro Enrico

ROMA - Hanno superato i 2,7 milioni i lavoratori iscritti a forme di previdenza integrativa, pari a circa l’ 11% della forza lavoro. Di questi poco più di un milione aderiscono ai 42 fondi negoziali (frutto di accordi tra imprese e sindacati), 371 mila ai 96 fondi aperti (offerti da banche e assicurazioni), 673 mila ai 510 fondi precedenti alla riforma del ’ 93 e 604 mila a polizze individuali pensionistiche. Le risorse complessivamente destinate alle prestazioni sfiorano i 37 miliardi di euro, il 2,9% del prodotto interno lordo. «Si tratta di dimensioni nell’ insieme ancora modeste, specie se paragonate alle esperienze internazionali», spiega Luigi Scimìa, presidente della Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione. Nel suo intervento al convegno organizzato ieri da Montepaschi Vita, Scimìa ha fornito gli ultimi dati sulla previdenza complementare mentre il governo si prepara a varare il decreto legislativo di attuazione della riforma delle pensioni che, attraverso il meccanismo del silenzio-assenso, dovrebbe convogliare il Tfr (trattamento di fine rapporto) maturando ai fondi. Il presidente ha sottolineato i non pochi problemi aperti, compreso quello delle risorse da trovare per coprire le previste agevolazioni fiscali e le compensazioni alle imprese che smobilizzeranno il Tfr. Una questione sottolineata ieri anche dal presidente dell’ Ania (assicurazioni), Fabio Cerchiai, in un’ audizione alla Camera: «Nella Finanziaria manca la copertura della spesa per la previdenza complementare». Va inoltre affrontato il tema di un’ adeguata informazione a tutti i lavoratori che, quando il decreto legislativo sarà varato, avranno 6 mesi di tempo per scegliere tra la liquidazione e i fondi pensione. Tra gli elementi decisivi che i lavoratori dovranno valutare c’ è quello del rendimento. Quello del Tfr è certo (1,5% fisso più il 75% dell’ inflazione), quello dei fondi dipende dall’ andamento dei mercati. Secondo i dati illustrati da Scimìa, nei primi otto mesi del 2004, il rendimento medio dei fondi pensione negoziali (quelli istituiti da accordi tra aziende e sindacati) è stato del 2,3%, leggermente sopra la rivalutazione del Tfr, pari al 2,1%. I fondi aperti (offerti da banche e assicurazioni) hanno invece reso in media l’ 1,8% (il 2,3% quelli con investimenti prevalentemente obbligazionari, l’ 1,4% quelli azionari). «Estendendo l’ orizzonte temporale all’ ultimo quinquennio - ha aggiunto il presidente della Covip - il confronto con il Tfr è tuttavia abbastanza critico anche per le gravi turbolenze che hanno accompagnato i mercati finanziari». Dal ’ 99 al 2004 i fondi negoziali hanno reso il 14,2%, quelli aperti il 5,2% (il 17,5% gli obbligazionari misti, l’ 1,2% gli azionari) mentre il Tfr si è rivalutato del 17,9%. Scimìa ha anche sottolineato che le commissioni a carico degli iscritti sono basse (sotto lo 0,5%) nei fondi negoziali mentre sono ancora alte (tra l’ 1,2 e l’ 1,8%) in quelli chiusi. Enrico Marro 2,3% Il rendimento realizzato dall’ inizio dell’ anno dai fondi pensione, il trattamento di fine rapporto ha invece garantito il 2,1% 11% La quota dei lavoratori che ha sottoscritto una polizza previdenziale integrativa o un fondo pensione aperto o negoziale (di categoria)

Messaggi

  • Previdenza integrativa: la truffa finanziaria del secolo contro i giovani lavoratori ?

    Premessa

    Dal 1995 al 2004 la pensione garantita di vecchiaia o d’anzianità (per tutti i lavoratori che hanno iniziato l’attività nel 1995) è passata dal 70% a meno del 40%. In compenso per raggiungere la pensione occorrono almeno 5 anni in più.
    Tutti (partiti, sindacati, istituzioni), quanti cioè hanno prodotto le controriforme previdenziali degli anni scorsi, affermano ora (con che faccia) che non avendo più la pensione un rendimento dignitosa, i lavoratori sui debbano finanziare una pensione integrativa attraverso i fondi pensione.
    Per accedere ad un fondo pensione (i lavoratori assunti per la prima volta dopo il 1995) devono obbligatoriamente versare mediamente circa il 10% della loro retribuzione.

    La legge prevede che i soldi siano obbligatoriamente investiti nei mercati finanziari. Non viene data alcuna garanzia sul buon esito degli investimenti. Tutto il rischio è a carico dei lavoratori, 14 miliardi di euro prelevati dalle tasche dei lavoratori e immessi nei mercati finanziari internazionali dai Fondi Pensioni.

    Un affare colossale a tutto vantaggio di banche, assicurazioni e società finanziarie. Dopo l’Argentina, la Cirio, la Parmalat, ecc. si chiede ai giovani lavoratori di avere fiducia piena nei mercati finanziari. Chi non si sottomette a questa prova di fede versando il 10% della retribuzione, viene punito con l’esclusione dalla previdenza integrativa ed andrà in pensione al massimo con il 40% dell’ultmo stipendio. Riceverà una pensione non dignitosa.

    Tutto ciò è giusto ? Che democrazia è quella che costringe ad avere fede cieca in un feticcio ? Il "mercato" diventa un dogma, una nuova divinità che minaccia inferno (povertà) ai miscredenti e paradiso (ricchezza) ai credenti, per dar luogo ad una specie di nuovo mostruoso integralismo religioso ?

    L’origine della grande truffa

    Il primo atto porta la data del 21 aprile 1993. E’ il decreto legislativo numero 124, preparatorio della cosiddetta riforma della previdenza complementare o integrativa.
    Fino a quella data esistevano limitati esempi di previdenza integrativa. Per lo più sorti da vecchi accordi fra sindacati e alcuni grandi istituti di credito e aziende a capitale pubblico che si proponevano l’integrazione garantita della pensione di vecchiaia a 100% dell’’ultimo stipendio percepito prima del pensionamento.
    Una previdenza garantista che aveva dato soddisfacenti risultati.
    Il lavoratore versava una quota mensile dello stipendio (1-2%) e altrettanto faceva l’azienda. Il trattamento di fine rapporto era escluso dalla trattativa e rimaneva interamente al lavoratore che lo incassava in unica soluzione al momento del pensionamento. Bastava questa quota per garantire, dopo 40 anni di lavoro, il 100% dell’ultimo stipendio. L’80% era corrisposto dall’INPS e ben il 20% dal fondo aziendale.
    Il fondo era gestito direttamente dall’azienda secondo la vecchia normativa, che prevedeva la tassativa esclusione dell’investimento in titoli azionari e speculativi. Le somme raccolte potevano essere investite solamente in immobili e titoli di stato.
    La controriforma del 1993 voluta apparentemente per tagliare la spesa previdenziale, attraverso la drastica riduzione delle pensioni future rivelava un altro obiettivo da raggiungere attraverso il D.M. 21 novembre 1996 dal titolo: “ Regolamento recante norme sui criteri e sui limiti d’investimento delle risorse dei fondi pensione e sulle regole in materia di conflitto d’interesse”.
    Lo scopo è palese, basta leggere l’art.1 che stabilisce la tipologia degli investimenti possibili. "L’investimento diretto in immobili è escluso e al suo posto entrano tutti i possibili investimenti finanziari esistenti, compresi quelli ad altissimo rischio, che negli articoli successivi sono giustificati come forme assicurative. Quindi il gestore autorizzato può investire in obbligazioni private, in azioni, in derivati e opzioni, in contratti di scambio pronti contro termini (swaps), in altri fondi aperti e chiusi, cambiali finanziarie, perfino quote di società a responsabilità limitata. In un modo o nell’altro può investire ovunque, dal Giappone all’America."

    Risulta palese lo scopo principale della riforma: lo sviluppo dei mercati finanziari internazionali.
    Una decisione presa a livello soprannazionale nell’interesse esclusivo delle grandi lobbie finanziarie mondiali. La dimostrazione evidente è che il cambiamento avviene quasi contemporaneamente in quasi tutti i paesi che si riconoscono nei valori del capitalismo.

    Le vittime della controriforma

    La scelta ricade sempre sulle giovani generazioni. Colpiti saranno coloro che hanno iniziato a lavorare dalla data della contro riforma, ma ancora più colpiti saranno coloro che hanno iniziato a lavorare da poco, grazie alle norme peggiorative introdotte dalla legge 23 agosto 2004 n. 243.
    Le finalità della legge sono ancora più scoperte. Non si tratta più di limitare la previdenza, ormai ridotta ai minimi termini. Rimane in piedi solo la seconda della finalità sopra citate: la destinazione d’ulteriori somme ai mercati finanziari internazionali con un flusso garantito costante.
    La legge, infatti, rende possibile la partecipazione del lavoratore alla pensione complementare solo nel caso che destini l’intera indennità di liquidazione al fondo, che obbligatoriamente la dovrà investire nei mercati finanziari internazionali. Nel caso che il lavoratore decida di tenersi l’indennità di liquidazione, oltre ad essere escluso dal fondo pensionistico, perde i contributi del datore di lavoro per la pensione complementare.
    Con questa legge il fondo pensione sarà alimentato, quasi esclusivamente dal salario mensile e differito dei singoli lavoratori. Il versamento dei datori di lavoro riguarda una percentuale minima rispetto alle somme che sono versate mensilmente dai lavoratori. Nella maggior parte dei casi il lavoratore versa circa il 90% dei contributi, contro il 10% circa dei datori di lavoro. La percentuale massima d’intervento di questi ultimi si registra con il 32%, ma si tratta di casi rari e condizionati all’adesione ad un determinato fondo. Fra questi “privilegiati” (fra virgolette) i dipendenti delle Province Autonome di Bolzano e Trento, ma solo se aderiscono al Laborfonds.

    Le garanzie

    A conti fatti il lavoratore per avere diritto ad una previdenza complementare deve versare un monte contributi di circa l’ 8-10% del salario differito e diretto percepito. A fronte di questa perdita di reddito che garanzie ha? Che pensione complementare percepirà? Di quanto integrerà la pensione garantita?
    Cominciamo dalle garanzie.

    Nonostante la previsione dell’art. 6 del D.M. 21-11-1996 n. 703 dal titolo: “Gestione accompagnata dalla garanzia di restituzione del capitale”, la stragrande maggioranza dei gestori non garantisce assolutamente nulla. La pensione dipende dall’andamento del fondo e non è esclusa la perdita dei contributi versati. In definitiva la pensione dei lavoratori dipenderà dalle bizze dei mercati finanziari e dalle capacità e serietà dei gestori.
    Al lavoratore si chiede d’avere fiducia nei mercati finanziari, nonostante tutto quello che è successo e che sicuramente succederà. Un atto di fede che non ha nessuna logica se non quella di destinare una parte di reddito ad un mostro sconosciuto e sperare nella sua riconoscenza.
    Per quanto riguarda il Fondo Pensionistico Regionale (Laborfonds), spacciato dai media locali, dai sindacati e dalla Province Autonome di Trento e Bolzano come il migliore dei fondi possibili, le garanzie non cambiano di molto.
    L’art. 3, comma 1 e l’art. 5 della legge regionale 3/97 stabiliscono che la Regione fornisca agli iscritti adeguate garanzie in ordine alle prestazioni erogate dai fondi pensione.
    Vediamole.
    1) “..nella fase di maturazione del diritto alla prestazione pensionistica complementare la garanzia del montante accumulato prima del pensionamento, indipendentemente dal periodo di permanenza del fondo pensione, con decorrenza di un periodo massimo di due anni prima del pensionamento”. Questa norma vale per i lavoratori che perdono il lavoro prima di andare in pensione e che non riescono a trovarne un altro per pagare i contributi. I due anni prima del pensionamento sono pagati dalla Regione.
    2) “..nella fase d’erogazione delle prestazioni, la garanzia della continuazione del trattamento pensionistico complementare per un periodo massimo di due anni nel caso d’insolvenza del fondo pensione e/o liquidazione coatta amministrativa della compagnia d’assicurazione incaricata da detto fondo all’erogazione delle prestazioni.”
    In parole povere, grazie alla magnanimità della Regione Autonoma, sono garantiti al massimo due anni di pensione, indipendentemente dai contributi versati.
    Il rischio a carico del lavoratore, che è stato privato di una parte consistente del proprio reddito, per quanto riguarda i contributi versati è quindi quasi totale.
    Nel caso di crollo dei mercati finanziari (ipotesi non tanto campata in aria) si perde tutto o quasi. La stessa cosa vale per truffe e malversazioni da parte dei gestori o dei lori dipendenti (eventi già verificatisi e che hanno riguardato perfino la banca dei reali d’Inghilterra).
    Per quanto riguarda le garanzie relative alla futura pensione ci sono altre zone d’ombra. Il lavoratore, ad esempio, al momento della maturazione della pensione non può richiedere una parte o tutto il capitale maturato a suo nome, ma deve convertirlo obbligatoriamente in una pensione. Da questo momento a carico del neo pensionato nasce un ulteriore rischio legato alla durata della sua vita. La reversibilità in favore del coniuge non è prevista, a meno di pattuirla anticipatamente al prezzo di un taglio consistente della pensione complementare.
    Con la maturazione della pensione la pratica del pensionato passa dal fondo Pensioni alla società assicurativa di fiducia che trasformerà il capitale finale in pensione, in base agli attuali parametri adottati dalle assicurazione e ai caricamenti previsti. Un affare per le assicurazioni i cui costi sono a carico dei lavoratori. Una perdita per il lavoratore che si deve sobbarcare nuovi oneri. Se si vuole qualcosa in più come la pensione di reversibilità si deve ancora pagare.

    L’operazione mediatica

    Il meccanismo è semplice. La maggior parte degli interessati non deve sapere a cosa sta andando incontro.
    La riforma è presentata come un atto dovuto, sulla cui convenienza non si può e non si deve discutere. L’opzione riguardante la destinazione del trattamento di fine rapporto è spacciata universalmente come unico rimedio (dopo i tagli apportati negli anni novanta) in grado di permettere ai giovani lavoratori una pensione dignitosa.
    Una scelta senza via di ritorno. O si versa l’intero ammontare dell’indennità di liquidazione in un fondo oppure si perde la possibilità di integrare la pensione INPS garantita, che, ben che vada, raggiungerà, grazie alle cosiddette riforme, al massimo (impossibile da raggiungere) il 56% dell’ultimo stipendio, dopo 40 anni di lavoro e almeno 65 di età. Questo è il ricatto. O rinunci alla liquidazione nella speranza di integrare la pensione con una quota incerta, indeterminabile, che dipende dall’andamento dei mercati finanziari mondializzati oppure ti devi accontentare di una pensione da fame e del trattamento di fine rapporto rivalutato di una parte dell’inflazione e di un minimo d’interesse.
    Il secondo meccanismo per convincere i giovani lavoratori a rinunciare all’indennità di fine rapporto è il bonus, il premio. Una percentuale variabile dall’uno al tre per cento dello stipendio mensile che il datore di lavoro dovrà versare nel fondo complementare del lavoratore.
    Il dilemma del giovane lavoratore quindi è semplice. Se esercito l’opzione e mi tengo l’indennità di fine rapporto perdo la pensione integrativa e il contributo dell’azienda e dovrò accontentarmi di una pensione da fame. Se decido di destinare la quota mensile, dovrò versare le quote di liquidazione che maturano in un fondo integrativo e sperare che siano bene amministrate in modo da ottenere alla fine un’integrazione di pensione decente.

    Il Laborfonds è veramente diverso dagli altri Fondi?

    Assolutamente no! Come gli altri fondi deve avvalersi di gestori che investono esclusivamente sui mercati finanziari internazionali. Il Laborfonds è un fondo monocomparto che investe ben il 40% delle somme raccolte in capitale ad alto rischio (azioni e altri titoli similari) e i gestori interpellati non garantiscono la restituzione del capitale versato. L’unico teorico vantaggio deriva dai contributi delle due province autonome volti a ridurre le consistenti spese d’amministrazione e gestione. Le garanzie le abbiamo viste sopra sono limitate al versamento di due anni di contributi prima della pensione e al pagamento di due anni di pensione nel caso di dissesto del fondo.
    Per il momento ci si deve accontentare della promessa che tra qualche tempo si provvederà ad un ulteriore comparto a basso profilo di rischio.

    Riepiloghiamo i motivi per i quali riteniamo il sistema della previdenza complementare una truffa.

    Innanzi tutto il presupposto della legge è un falso.

    Anche nel nuovo regolamento, approvato il 24 novembre 2005, all’art.1 si afferma che il “fine della legge è di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale”. Si noti la differenza attraverso l’uso del verbo “assicurare” piuttosto di “garantire.
    Questa menzogna ha le gambe corte, non solo perché lo scopo evidente ed esclusivo della controriforma è di trasferire una parte dei redditi da lavoro dipendente ai mercati finanziari (altrimenti la previdenza sarebbe garantita), ma anche perché se si volesse veramente elevare le coperture previdenziali, basterebbe semplicemente garantire una quota adeguata di pensione, attraverso l’INPS, senza la necessità di creare una serie di costosissime strutture che non garantiscono nemmeno la restituzione dei contributi versati. Non ci sarebbe stato bisogno della scandalosa opera mediatica che coinvolge quasi tutte le istituzioni, sindacato compreso.
    Ma facciamo un altro esempio di come si sarebbe potuta risolvere la questione senza dirottare le risorse nei mercati finanziari mondiali, assolutamente inaffidabili.
    Non era più semplice e molto meno costoso approfittare del fondo unico nazionale di tutti i lavoratori (L’INPS) già esistente ed investire i contributi in sicuri titoli di stato del tipo per fare un esempio del:
    BTPi scadenza 15/09/2014, cod.IT0003625909, dove lo stato garantisce agli investitori il 2,35 % d’interesse e la rivalutazione al 100% in base all’inflazione europea? Più della rivalutazione del TFR!
    La mala fede è evidente.

    Le finalità truffaldine sono ancora più evidenti nel comma 2 dell’art. 1 della legge, dove si dichiara che “l’adesione alle forme pensionistiche complementari disciplinate dal presente decreto è libera e volontaria”.
    Sarebbe libera e volontaria se lo stato garantisse ai giovani lavoratori una pensione dignitosa. Ma come abbiamo constatato, la controriforma previdenziale garantisce pensioni medie che difficilmente arriveranno al 40% dell’ultimo stipendio.
    Con la previsione di una pensione da fame come può essere l’adesione libera e volontaria?
    Con il ricatto dell’estromissione alla pensione complementare e ai contributi aziendali nel caso non si accetti di destinare l’intera indennità di fine rapporto al fondo pensionistico, come può essere l’adesione libera e volontaria?

    Cosa vi consigliamo?

    Innanzi tutto consigliamo ai lavoratori interessati a non aderire alla previdenza complementare e di tenersi stratta l’indennità di liquidazione.
    In secondo luogo di far sentire la propria voce all’interno di sindacati e partiti politici per creare un movimento di pressione tale da assumere rilevanza mediatica senza la quale purtroppo di questi tempi non si ottiene nulla.

    Asterisco / Asterisk

    www.coordinamentorsu.it

  • da La Stampa domenica 31 dicembre 2006

    Nessuno dice che i fondi comportano un rischio

    Tre domande a Severo Lutrario di Attac Italia

    Per qualcuno i fondi pensione non solo non convengono, ma sono addirittura una fregatura. Ne è convinto Severo Lutrario, consigliere nazionale di Attac Italia, l’associazione che fa capo alla rete internazionale per la tassazione delle transazioni finanziarie e l’aiuto ai cittadini.

    Perché diffidate i lavoratori dall’investire il TFR nei fondi pensione?

    Si tratta di un investimento finanziario come un altro: all’aumento di rendimenti attesi corrisponde una proporzionale crescita del rischio di perdita del capitale, in particolare per quanto riguarda i fondi aperti.

    Secondo lei i fondi pensione stanno dunque ingannando i lavoratori, promettendo rendimenti superiori al TFR e una pensione complementare?

    Tendono a tacere la componente aleatoria che accompagna gli investimenti, perché le speranze non compensano i rischi di perdite. I gestori dei fondi sono sempre gli stessi, banche, assicurazioni: colossi rispetto ai quali i piccoli risparmiatori sono inermi. Non si tratta di previdenza ma di risparmio gestito: chiamare pensione una rendita con un certo grado di rischio è una bugia.

    Eppure i fondi restano l’unica via per consentire ai futuri pensionati un reddito dignitoso, che la pensione obbligatoria non garantirà più.

    Se fosse solo questo il problema basterebbe aumentare di due punti la rivalutazione del TFR. I pensionati avrebbero un reddito maggiore e lo Stato non dovrebbe accollarsi i costi di compensazione per le aziende che lo perderanno e che potrebbero arrivare a sei miliardi di euro.

  • No coment!!! è impossibile che siate cosi ottusi , come si puo non capire l’utilità e la convenienza di questa riforma....
    Un Operaio

  • CONVENIENZA PER CHI ?

    PER LE BANCHE, PER LE ASSICURAZIONI E PER I SINDACATI CONFEDERALI !

    Questi sono in genere, e spesso in solido, i gestori dei Fondi Pensione ......che con questa squallida operazione fanno "l’affare del secolo".

    Non certo convenienza per i lavoratori ...........

    Rafaniello

  • L’INPS E’ IN ATTIVO

    Secondo i dati resi noti questa settimana dalla Corte dei Conti, nel 2005 l’attivo dell’INPS è stato di 2,03 miliardi €, nonostante il solito passivo delle gestioni di commercianti, artigiani ed agricoltori.
    E il patrimonio netto Inps raggiunge i 24,2 miliardi €. Questo malgrado 50 miliardi € di evasione contributiva annuale, il saccheggio dei decenni passati per finanziare padroni e Stato, la svendita e il furto del patrimonio immobiliare, e la mancata separazione di molte spese assistenziali che –illegalmente- non sono a carico dello Stato.

    RIFIUTIAMO DI DARE A LORSIGNORI
    21 MILIARDI € ANNUI DI TFR

    Padroni, sindacati di Stato, assicurazioni, finanziarie e speculatori di tutti i tipi vogliono solo mettere le mani sui nostri soldi; e non hanno neanche il diritto di nominare la parola TFR perché costoro cercarono già 25 anni fa di fregarci la LIQUIDAZIONE, ma i lavoratori raccolsero 800.000 firme e la difesero con un REFERENDUM.

    CROLLA LA BORSA? ADDIO TFR E FONDO PENSIONE

    Governo, sindacati di Stato, padroni, assicurazioni e finanziarie stanno raccontando un sacco di frottole sul rendimento dei fondi pensione.
    E non dicono che BASTA UN CROLLO DI BORSA di un giorno per far sparire tutti i soldi versati nel fondo pensione privato e /o "negoziale" che poi è sostanzialmente lo stesso privato in tutti i sensi.

    • Se ad esempio oggi crollassero del 90% i titoli nei quali lorsignori hanno investito i nostri soldi, e domani i titoli stessi risalissero del 90%, il risultato non sarebbe zero ma a -81%.
    Infatti, ipotizzando 50.000 € versati al fondo pensione, -90% di 50.000 è uguale a 5.000 e +90% di 5.000 è uguale a 9.500 €.

    L’INDICE DI BORSA E’ TORNATO A PARI, MA I NOSTRI SOLDI E IL NOSTRO TFR SONO SPARITI !
    • Il TFR invece, se non è regalato ai fondi pensione, continua ad aumentare ogni anno con gli interessi garantiti.

    PER UNA PENSIONE PUBBLICA DEGNA DI QUESTO NOME

    Lo Slai Cobas è al fianco di tutti i lavoratori per respingere il versamento del TFR nei fondi pensione, per pensioni pubbliche dignitose, per il ripristino del vecchio sistema di calcolo (retributivo), diminuire l’età per andare in pensione e aumentare le pensioni di chi è già pensionato.
    Per difendere le pensioni pubbliche i soldi ci sono:
    nel 2006 ci sono stati 41 mld € di profitti solo per 20 società;
    e 200mila mld annui di evasione fiscale.

    COSTITUIAMO IN TUTTI I POSTI DI LAVORO COMITATI CONTRO LO SCIPPO DEL TFR!

    Slai Cobas

    Sede nazionale: Viale Liguria 49, 20143 Milano,
    tel.fax 02/8392117, 3400021679

    @mail: slaimilano@slaicobasmilano.org http://www.slaicobasmilano.org

    Sede legale: Via Olbia 24, 80038 Pomigliano d’Arco (Na), tel.fax: 081/8037023, 3683600543

    @mail: cobasslai@fastwebnet.it http://www.slai-cobas.org

    DOMENICA 21 GENNAIO A ROMA COORDINAMENTO NAZ. SLAI COBAS
    CON LA PRESENZA DI TUTTE LE PROVINCIE

    • Scimia - Un chiaro conflitto di interessi ( da www.triburibelli.org )

      inviato da: aladino · il 6/1/2007

      Il Prof. Luigi Scimia, già molti anni fa dirigente della Banca d’Italia, è stato nominato dal governo Berlusconi nel 2005 Presidente della Covip, cioè l’authorithy incaricata di vigilare sui Fondi Pensioni.

      Ora si dà il caso che lo stesso Prof. Luigi Scimia sia stato, fino a un paio di mesi prima di tale nomina, Presidente del Fondo Pensioni Bnl.

      Sarebbe come, per intenderci, se il banchiere Matteo Arpe, attuale amministratore delegato di Capitalia, venisse eletto tra qualche mese Governatore della Banca d’Italia, che ha compiti di vigilanza sulle banche.

      O come se Montezemolo o Romiti, titolari oggi di aziende quotate in Borsa, venissero dall’ oggi al domani nominati presidenti della Consob, l’ente che vigila sulla Borsa.

      E’ vero che i giochi capitalistico/finanziari in genere non hanno bisogno di tali sotterfugi ed avvengono anche senza bisogno di nominare esponenti delle varie lobby negli organi di vigilanza.

      Ma non c’è dubbio alcuno che la nomina di Scimia a vigilare su qualcosa che ha diretto fino a poco tempo prima sia del tutto sconveniente, cioè rappresenti un inequivocabile conflitto di interessi.

      Non c’è poi da meravigliarsi troppo se, contraddicendo quanto diceva poco più di due anni fa, lo stesso Prof. Scimia si sia oggi trasformato in un agente pubblicitario dei Fondi Pensioni, anzichè un loro controllore .....

    • La vicenda di Scimia è ancora più grave

      sempre da www.triburibelli.org

      inviato da: Velver Revolver · il 7/1/2007 email: velvet.revolver@tin.it

      La vicenda di Luigi Scimia nominato da Berlusca Presidente della Covip ( nel 2004 e non nel 2005) è ancora più grave di come l’ha illustrata Aladino.

      Non c’è soltanto uno spudorato conflitto di interessi ma c’è pure il fatto che lo stesso Scimia, insieme a tutto il vecchio Consiglio di Amministrazione del Fondo Pensioni della Bnl, era allora ed è tuttora sotto processo alla Procura di Roma per una questione di malversazioni relative alla compravendita di alcuni alberghi da parte proprio del Fondo Bnl.

      Fermo restando il massimo del garantismo ( per cui ogni persona è innocente fino a che non è stata condannata in via definitiva) non mi sembra proprio che Scimia fosse, in questa situazione, la persona più adatta da mettere a vigilare (sic !) sui Fondi Pensioni !

      E infatti, i risultati si vedono !!!

    • Pensione complementare

      inviato da luigi misuraca · il 10/1/2007 · alle: 06:54 · www.triburibelli.org

      Quello che si è trascurato, non da parte di tutti invero, è il comportamento dei Fondi Pensioni Integrativi già esistenti da anni nelle Aziende che li avevano istituiti con il contributo del lavoratore e della stessa Azienda.

      Sintomatici sono i risultati di "Bilancio" di tali Fondi che vengono gestiti anche da rappresentanti di lavoratori e , per dirla in breve, i Sindacati della Triplce i quali, in forza della loro capacità "persuasiva" convincono i lavoratori di tutto e del contrario di tutto. Fondo Pensioni BNL, per esempio, ha deciso - un bel giorno - che i patti a suo tempo stipulati, non andavano più rispettati e cosa ha fatto ?

      Semplice, ha cambiato le regole del gioco ex-tunc e non ex-nunc come vorrebbe il rispetto dei diriti acquisiti. Nei fatti ha disdettato gli accordi che ha "reso inefficaci" sin dal giorno della prima stipula, adeguando al ribasso ogni previsione di rendimento pensionistico - in particolare per le donne che erano trattate benissimo e con disparità rispetto agli uomini pur a parità di versamenti contributivi -.

      Insomma, solo piccole - non tanto, ma schiacciate dal potere di CGIL CISL UIL - realtà Sindacali (Falcri BNL, per esempio) hanno cercato - riuscendovi - a limitare i danni per i lavoratori che hanno votato, a maggioranza ed "entusiasti", le riduzioni di prestazioni sin dall’origine pur in vigenza di accordi contrattuali fintanto, questi, non disdettati.

      Ora con la "novità" del TFR nei Fondi Pensione si prospetta una nuova stagione di "rischi" e non solo finanziari per la liquidazione.

      Ben vengano le iniziative atte a consentire ai lavoratori una scelta ragionata e ragionevole di destinazione della loro LIQUIDAZIONE e mai, in una Repubblica democratica fondata sul lavoro (?) sarebbe dovuta passata la regola del silenzio/assenso. E’ stata una "porcata" della quale dovrà rendere conto la coscienza del "legislatore" sempre che ne abbia una.

      Plaudo, perciò. ad ogni iniziativa che potrà aiutare il "gregge" dei lavoratori a scegliere quale erba brucare. Non sono ottimista, però, anche se ciò non vuol dire abbassare la guardia davanti al "lupo" imprenditore, ancor di più se veste anche i panni del Sindacato.

      Per Arlecchino (lavoratore ) bastava un solo padrone ( il datore di lavoro ) e non anche il Sindacato.

      Due padroni sono troppi oltre le rappresentazioni burlesche.

      Un ex-sindacalista (di minoranza).

  • 4 gennaio 2007

    Comunicato RdB CUB Pubblico Impiego - Ministero Economia e
    Finanza

    TFR nei Fondi? NO, grazie!

    Dal 1 gennaio 2007, è partito il furto del TFR.

    Per ora, sono interessati tutti i lavoratori in regime TFR ma, governo e
    CGIL, CISL e UIL, non aspetteranno molto per estenderlo ai dipendenti del
    pubblico impiego in regime TFS.

    Lo stesso ministro del lavoro, Cesare Damiano, diessino, ex sindacalista
    CGIL ed ex presidente del fondo previdenziale "Cometa" dei metalmeccanici,
    ha dichiarato al Sole24ore che ben presto il governo di centrosinistra è
    intenzionato a coinvolgere nella riforma del TFR (leggasi furto) anche i
    lavoratori del pubblico impiego che, attualmente, sono esclusi dalla
    applicazione della normativa del decreto legislativo 252/05.

    Sono già pronti, in concerto con il Ministero della Funzione Pubblica, a
    predisporre una normativa che consenta di realizzare anche per i lavoratori
    del pubblico impiego, in regime di TFS, una forma di previdenza
    complementare.

    Per questo, è necessario comprendere quello che sta accadendo ma,
    soprattutto, operare una capillare controinformazione finalizzata al
    boicottaggio dei fondi pensione, per la difesa del TFR/TFS e del sistema
    pensionistico pubblico.

    Nel 2004 il Prof. Luigi Scimia, attuale presidente della Covip (l’ente di
    vigilanza sui Fondi Pensione) nonché ex Presidente del Fondo Pensioni dei
    lavoratori Bnl, sconsigliava fermamente l’investimento del TFR nei Fondi
    Pensione.

    Si tratta dello stesso personaggio che, in questi giorni, appare in tutte le
    tv e su molti quotidiani.

    Abilissimo nello scansare le rarissime domande scomode degli intervistatori,
    astuto nel propagandare invece tutto il contrario, cioè l’invito, ai
    lavoratori, a destinare il proprio TFR nei Fondi Pensione, strettamente
    privati o "negoziali" che siano.

    In una intervista del 16 ottobre 2004, resa al Corriere della Sera,
    sosteneva tutto il contrario di quanto argomenta oggi.

    Secondo i dati illustrati da Scimìa, infatti, nei primi otto mesi del 2004,
    il rendimento medio dei fondi pensione negoziali (quelli istituiti da
    accordi tra aziende e CGIL, CISL e UIL) è stato del 2,3%, leggermente sopra
    la rivalutazione del TFR, pari al 2,1%. I fondi aperti (offerti da banche e
    assicurazioni) hanno invece reso in media l’ 1,8% (il 2,3% quelli con
    investimenti prevalentemente obbligazionari, l’ 1,4% quelli azionari).
    "Estendendo l’orizzonte temporale all’ultimo quinquennio, ha aggiunto il
    presidente della Covip, il confronto con il TFR è tuttavia abbastanza
    critico anche per le gravi turbolenze che hanno accompagnato i mercati
    finanziari".

    Dal 1999 al 2004, i fondi negoziali hanno reso il 14,2%, quelli aperti il
    5,2% (il 17,5% gli obbligazionari misti, l’ 1,2% gli azionari) mentre il TFR
    si è rivalutato del 17,9 % .

    Ora, la stessa COVIP (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), con una
    semplice circolare, ha deciso che tutti i Fondi uniformino i loro statuti,
    rendendo irrevocabile, per il lavoratore che dal 1 gennaio 2007 vi aderirà,
    il conferimento del proprio TFR ai Fondi pensione.

    Pertanto, il lavoratore che, dal 1 gennaio 2007, verserà il proprio TFR ai
    Fondi pensione, non potrà più uscirne ma potrà, esclusivamente e dopo due
    anni, cambiare Fondo e, in caso di licenziamento, recuperare la totalità del
    TFR versato al Fondo solo dopo 4 anni.

    La felicità di CGIL, CISL e UIL è alle stelle: dai 19 ai 21 miliardi di euro
    annui da amministrare in combutta con i padroni nei Consigli di Gestione dei
    Fondi.

    Quindi, i Fondi non hanno nulla del carattere solidale ed universale della
    pensione pubblica, sono esclusivamente delle rendite e, quindi, devono
    sottostare alle regole del mercato, quelle dettate dalle assicurazioni e
    dalle banche.

    Come quella, per esempio, che riguarda le donne.

    A parità di versamenti e di anni, considerato che le donne hanno una
    aspettativa di vita mediamente più lunga, la "pensione" integrativa sarà
    inferiore di circa il 30% rispetto a quella di un uomo.

    Insomma, dovremmo, secondo questo governo e i loro sindacati amici,
    arrenderci alle regole del mercato che tutelano non i lavoratori ma gli
    interessi degli speculatori finanziari.

    Questo, è un altro buon motivo per evitare di affidare i propri risparmi
    alla speculazione finanziaria e, cioè, alle banche, alle assicurazioni e a
    CGIL, CISL e UIL, gli stessi gestori dei Fondi Pensione.


    www.rdbcub.it

    • «Tfr entro gennaio anche per gli statali»

      www.corriere.it 9/1/2007

      Per il ministro delle Riforme la nuova normativa si applicherà da subito «Tfr entro gennaio anche per gli statali»

      Nicolais: «Siamo prossimi entro la fine del mese ad avere il Tfr anche per i dipendenti pubblici»

      ROMA - Un cambiamento epocale per tre milioni di dipendenti pubblici. Entro la fine del mese la nuova normativa sul Tfr dovrebbe essere estesa anche ai lavoratori del pubblico impiego. Lo ha detto il ministro per le Riforme, Luigi Nicolais, aggiungendo che nel governo si sta lavorando in questo senso. «C’è un gruppo di lavoro con il Ministero del Tesoro - ha confermato - la Commissione dovrebbe completare il lavoro in un paio di giorni, quindi siamo prossimi entro la fine del mese ad avere il Tfr anche per i dipendenti pubblici».

      Tranne nel caso della scuola i dipendenti pubblici non hanno al momento fondi di previdenza integrativa di categoria. Non è chiaro ancora se la nuova normativa ne imporrà la creazione o se i lavoratori pubblici saranno costretti a scegliere fondi aperti.

      La previsione di Nicolais sembra confermata anche dal segretario generale della Uil Luigi Angeletti: «Stiamo discutendo in modo approfondito di alcuni aspetti, ma credo che l’accordo sia vicino, pertanto penso che è questione di qualche settimana». La possibilità di un’intesa con i sindacati potrebbe aprire la strada alla creazione in tempi brevi dei fondi di categoria.

    • Riepiloghiamo:

      Luigi Scimìa, presidente della COVIP, eletto dal Consiglio dei Ministri su
      proposta del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con
      il Ministro dell’Economia e delle Finanze. La COVIP è l’organismo di
      vigilanza sui fondi pensione. La sua attività è rivolta alla tutela del
      risparmio previdenziale, alla trasparenza e al corretto funzionamento del
      sistema dei fondi pensione il cui scopo è quello di assicurare più elevati
      livelli di copertura previdenziale. Luigi Scimìa è stato presidente del
      Fondo Pensioni del personale della BNL.

      Cesare Damiano, Ministro del Lavoro della Previdenza Sociale, diessino, ex
      sindacalista della FIOM-CGIL, ex presidente del Fondo Previdenziale dei
      Metalmeccanici COMETA;

      Giovanni Pollastrini, diessino, lascia la Ras per assumere la carica di
      consulente del ministro del lavoro Cesare Damiano che lo ha chiamato negli
      uffici di via Veneto per occuparsi di previdenza complementare e
      integrativa. Torna così a collaborare con Cesare Damiano, dopo i primi anni
      ’90 quando il sodalizio condusse al varo di COMETA, il fondo pensione per i
      lavoratori metalmeccanici.
      Giovanni Pollastrini ricopre attualmente l’incarico di presidente di FonTe
      (il fondo del commercio, turismo e servizi) e di consigliere del Fondo
      Priamo (trasporto pubblico).
      Tutti e due i fondi (FonTe e Priamo) si affidano come gestore dei soldi dei
      lavoratori alla Ras.

      Ci dimenticavamo: il Ministro Tommaso Padoa Schioppa, ha controfirmato il
      decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, Cesare Damiano,
      che ha disposto il commissariamento dell’Ente previdenziale ENASARCO,
      designando quale commissario indovinate chi ?
      Il Sig. Giovanni Pollastrini.

      Conclusioni:

      Non vorremmo trovarci di fronte ad un "conflitto d’interessi" ma, sulla
      gestione di una materia così delicata e che riveste immensi interessi
      economici, le istituzioni dovrebbero, quanto meno, avere un minimo di
      decenza.

      NO ALLO SCIPPO DEL TFR/TFS
      BOICOTTA I FONDI PENSIONI

      Keoma

    • Rendimenti del TFR dal 1965 al 2004

      A cura di Severlo Lutrario ed Aldo Balestrieri

      A questo link i rendimenti ( tutt’altro che disprezzabili)

      del TFR dal 1965 al 2004

      http://www.coordinamentorsu.it/doc/altri2007/2007_0106_rendimenti.pdf