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Nicola Nicolosi: "l’11 in piazza l’occasione per uscire dal torpore sociale"

Publie le giovedì 9 ottobre 2008 par Open-Publishing

L’11 in piazza l’occasione per uscire dal torpore sociale

Lavoro Società/Cambiare rotta, l’area organizzata della sinistra sindacale in Cgil aderisce alla manifestazione nazionale dell’11 ottobre

Fabio Sebastiani

Lavoro Società/Cambiare rotta, l’area organizzata della sinistra sindacale in Cgil aderisce alla manifestazione nazionale dell’11 ottobre. Liberazione ha intervistato il portavoce nazionale Nicola Nicolosi.

Quali sono i motivi della vostra adesione alla manifestazione dell’11 ottobre?

Siamo convinti che bisogna uscire dal torpore sociale in cui siamo caduti dopo la sconfitta elettorale. E le mobilitazioni che sono già partite nel mese di settembre nella scuola, e quelle organizzate il 27 di settembre dalla Cgil, ci mettono nella condizione per essere presenti e quindi aderire alla manifestazione condividendone i punti che sono stati, diciamo, l’elemento base su cui si è costruita l’iniziativa nazionale. Temi che abbracciano varie questioni, vari elementi di aggregazione. Dalla pace al disarmo, alla difesa delle retribuzioni e delle pensioni all’azione per contrastare la politica del governo Berlusconi sui temi sociali. Ancora, sulla scuola pubblica e sull’Università per contrastare l’autoritarismo che si sta sviluppando nel paese dentro un clima di una sorta di caccia al diverso. Tutti coloro che non sono dentro uno schema di ordine sociale stabilito vengono considerati come un elemento di disturbo. C’è poi il tema della democrazia che viene sempre di più corroso dalla pratica di questo Governo. E quindi va recuperato per intero il concetto della partecipazione ai temi che interessano la stessa libertà di stampa. E mi riferisco ai tagli del Governo. Non rimangono fuori, ovviamente, le questioni della precarietà, e quello che intende fare il governo rispetto al diritto del lavoro. Mille motivazioni che ci inducono a dire che bisogna essere in piazza e ridare voce alla piazza. D’altronde quando non si ha voce in Parlamento la piazza diventa il luogo di incontro di coloro che sentono il bisogno di manifestare il proprio pensiero e far sentire la propria voce. Da questo punto di vista c’è la nostra piena condivisione dello spirito e dei contenuti che il comitato promotore ha voluto sviluppare attorno a questa manifestazione. E quindi saremo in piazza.

Un autunno un po’ anomalo questo, con una tensione sociale che monta pur in assenza della classica finanziaria, una sinistra alla ricerca di una via d’uscita dopo il colpo elettorale e un sindacato non certo in buona salute. Intanto, dopo il crollo della borsa si fanno più concrete le prospettive di crisi anche per le classi medie.

Sta cambiando il mondo su cui abbiamo costruito le nostre analisi e le nostre riflessioni. Il nuovo liberalismo ha consumato tutti i suoi guai, compreso l’aver utilizzato la propria corda per impiccarsi. Quello che sta succedendo nel mercato finanziario mondiale ci dice che una stagione politica sta per finire. Il dato drammatico è che oggi le istituzioni internazionali sono silenti, non hanno una idea su come uscire da questa crisi. Siamo invece all’interno di una fase su cui bisognerà lavorare per costruire un ruolo nell’economia su cui il soggetto pubblico deve poter intervenire come centro che abbia la capacità di mediare tra i diversi interessi. Quindi ridare alla politica il ruolo di intervento, rimettere la politica al centro e fare assumere all’economia non più un ruolo di direzione come ha cercato di fare in questi ultimi trent’anni, questo processo deve essere invertito. In modo particolare, contro i fallimenti del mercato.

Si potrebbe anche prospettare una composizione sociale inedita contro le politiche liberiste?

Se il ruolo pubblico diventa di mediazione tra i diversi interessi si può determinare anche un processo che interessa la democrazia consensuale che consente agli attori sociali e alle rappresentanze sociali di essere una parte nel contesto più generale della condivisione di come organizzare uno Stato moderno dove la politica deve poter fare le proprie scelte e dove il livello di partecipazione diventa il paradigma della democrazia matura. Da questo punto di vista gli attori sociali se non hanno risposte debbono farsi sentire, perché il rischio è, visto che gli attuali governi in Europa sono quasi tutti di centrodestra, che il solo interesse in campo sia salvare il mercato finanziario per mantenere lo status quo. Noi dobbiamo dire basta a questi trent’anni di neoliberismo e quindi ridisegnare una nuova narrazione della politica e dell’economia, e anche delle relazioni sociali.

Conflitto sociale...

Il sindacato è stato un soggetto timido nella controversia e nello scontro con le politiche neoliberali. E’ stato timido perché non ne ha saputo cogliere la dimensione distruttiva. Tanto è vero che i processi contro la globalizzazione non sono nati per volontà e capacità di analisi dei vecchi movimenti sindacali legati alla tradizione del movimento sindacale internazionale. Ma il processo di lotta nasce dai movimenti diversificati in giro per il pianeta. Tanto è vero che un altro mondo è possibile non nasce dalle corde del movimento sindacale. Questo elemento di crisi del movimento sindacale internazionale che ha recuperato tardi un ruolo di partecipazione nei movimenti, oggi si deve mettere al centro per rivendicare una nuova dimensione del pubblico contro l’egoismo proprietario e contro l’egoismo dell’economia finanziaria per favorire l’economia produttiva. E per fare questo c’è bisogno non solo di nuove regole, ma di un nuovo ruolo dello stato che non sia totalizzante ma che metta in relazione i diversi interessi per sviluppare l’interesse generale collettivo mettendo la persona al centro e prima degli affari e dei profitti.