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NoTav, come opzione alternativa
di Ugo Baghetta, responsabile Trasporti Prc
Il documento finale dell’Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione ha suscitato gran clamore e la solita canea delle lobbies politico-affaristiche per la costruzione delle infrastrutture interpretando l’accordo stesso come un via libera all’Alta Velocità. Sui giornali di oggi alcuni sindaci hanno smentito quest’interpretazione. Come stanno effettivamente le cose?
La lettura del documento in realtà darebbe ragione a tutti poiché, per un verso evidenziando la necessità di una serie di interventi per migliorare e cambiare in modo significativo la mobilità nell’area torinese fino al confine, dall’altra, in più punti, si fa riferimento ad un "nuovo collegamento". In altre parti, inoltre, si puntualizza la necessità della contestualità della cura da dedicare alla valorizzazione dell’esistente quanto ai nuovi interventi. Nessuno, tuttavia, può sinceramente pensare che i signori del traforo siano disponibili ad investimenti onerosi per le opere di valorizzazione delle infrastrutture attuali e di soluzione dei "colli di bottiglia" se non in funzione della costruzione della nuova linea. Ciò rende problematica l’affermazione contenuta nel documento ove si afferma che l’impostazione del documento «supera ogni logica compensativa».
In questo senso la pregevole proposta Fare (ferrovie alpine ragionevoli ed efficienti) rischia di essere un esercizio progettuale encomiabile e forse vano come molti progetti alternativi, ma anche "compensativo" all’Alta Velocità. Solo la decisione di potenziare la linea attuale renderebbe questo progetto alternativo e finanziariamente realizzabile; basti vedere la situazione nei nodi attuali dell’Av e del trasporto locale: ferroviario e non.
In quale contesto si situa poi questo documento? La vittoria del governo Berlusconi è avvenuta un’altra volta anche all’insegna del decisionismo infrastrutturale. Tant’è che il Ponte, la tirrenica, le pedemontane sono in cima alle priorità del governo. Il solo (solo?) problema come sempre sono i soldi: scarsi quelli italiani, scarsi quelli europei. In secondo luogo, al solito, non sembra che questo governo sia interessato a proseguire nell’elaborazione del Piano Generale della Mobilità (ora poi sono indaffarati a ricostruire il ministero Trasporti e Infrastrutture diviso dal governo precedente).
E’ solo in quel contesto, in realtà che si potrebbe/dovrebbe decidere della necessità di una nuova linea ferroviaria verso la Francia. Se proseguirà il tutto gomma, come sta accadendo nonostante il caro petrolio, quella linea non serve. Sul piano più complessivo inoltre, il progetto della costruzione della linea ferroviaria che collegherebbe la Cina con l’Europa attraverso la Russia, dovrebbe portare a guardare al potenziamento ferroviario (non Av ma per le merci) verso Est.
Infine, dal nostro punto di vista, dovremmo conquistare la centralità politica, sociale e ambientale per la trasformazione radicale della mobilità delle persone e merci nelle aree metropolitane. La situazione del costo dell’energia, gli impatti ambientali, sanitari, sociali e finanziari sempre più imponenti e devastanti renderebbero quest’opzione strategica e alternativa alle grandi opere sbagliate. Sarebbe una scelta di buon senso se non fosse per la cialtroneria dei cosiddetti gruppi dirigenti di questo paese. E per la nostra incapacità; ma questo è un altro argomento.
3 Luglio 2008