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Noam Chomsky. Il bene comune

Publie le domenica 30 dicembre 2007 par Open-Publishing

“IL BENE COMUNE”, uscito in Italia nel 2004, riprende una famosa intervista del ’98 di David Barsanian per il circuito di Alternative Radio Station, in cui Chomsky, in 5 conferenze radiofoniche, smaschera i miti delle false democrazie occidentali.
Il tema “il bene comune” non fu scelto da Chomsky, ma gli fu proposto,

Nelle societa’ a modello americano si sventolano volutamente astrazioni illusorie e mai praticate, parole vuote di significato come “democrazia”, “mercato” o “liberta’ “, mentre nei fatti esiste solo il potere di poche multinazionali, aliene da qualsiasi regola di mercato, da qualsiasi principio di democrazia e da qualsiasi principio di liberta’, lobbyes che non hanno ne’ un’etica pubblica ne’ una morale privata e che distorcono la reazione dei cittadini focalizzandola su paure abilmente orchestrate, cosi’ da impedire una critica costruttiva al potere.

Il risultato e’ il progressivo allontanamento dal “bene comune”, in una caduta desolante di valori di equita’ sociale e di morale individuale. Lo Stato privo di coscienza sociale che alimenta cittadini privi di coscienza partecipativa, in cui l’egoismo delle bande finanziarie si mescola all’egoismo dei furbetti privati.

Questo tipo di Stato, che ormai ha invaso anche la nostra Europa, e’ sempre piu’ lontano dalla democrazia attiva e dal controllo degli elettori, e sempre piu’ distrugge il welfare, diluisce i diritti umani, rinnega le conquiste sociali, sventra le Costituzioni, snatura la scuola, lascia senza protezione il mondo del lavoro. (E, contro un simile regresso sociale, etico e culturale, tutto quello che la Chiesa cristiana sa fare e’ attaccare l’Illuminismo!? Meglio sarebbe che si chiamasse il nemico col suo nome: neoliberismo, ovvero il predominio solipsistico sul mondo di una cricca di 200 plutocrati che vogliono piegare ogni esistente alla propria spaventosa avidita’ di lucro).
Il neoliberismo e’ il feroce impossessamento degli Stati da parte di un gruppo ristretto di potentati economici che impongono la schiavitu’ non solo dei consumi ma anche delle idee.

Chomsky esamina molti temi: le illusioni delle false democrazie, le bugie del mercato, le manipolazioni dei media, la delinquenza, la globalizzazione, il debito del terzo mondo, il Sudamerica, il Medio Oriente, l’India, le organizzazioni internazionali, la destra e la sinistra…

La democrazia non e’ una realta’, e’ un mito e piu’ spesso e’ un imbroglio.
Gli Stati uniti si presentano al mondo come il campione della democrazia, in realta’ l’hanno contrastata fin dagli albori. Piu’ che i diritti e le liberta’ degli uomini sembrano difendere, dice Chomsky, il famoso Comma 22, che da’ loro “il diritto di fare tutto cio’ che non possiamo impedirgli di fare”. Questo e’ il meccanismo perverso che sta a base della tanto decantata democrazia americana.

Se uno Stato volesse davvero essere democratico, affronterebbe il problema di una maggiore partecipazione popolare al potere, di una migliore distribuzione della ricchezza fra i cittadini e di una crescente tutela dei loro diritti.

Ora e’ chiaro che, se in uno Stato c’e’ troppa ricchezza accentrata in troppe poche mani, siamo molto lontani da una democrazia. Il nascente Stato americano fu creato con questi obiettivi? Pare proprio di no, visto che Chosmky ricorda l’illuminante soluzione di uno dei Padri Fondatori, James Madison: “Il Governo proteggera’ la minoranza dei ricchi della maggioranza che vince le elezioni”. Per cui non conta poi molto chi vince, due fazioni di ricchi sono a confronto e si palleggeranno il potere tra loro. Gli esclusi, comunque votino, resteranno esclusi. E se non votano resteranno esclusi lo stesso.

Quando si costitui’ il nuovo Stato americano, la ricchezza proveniva dalle manifatture, ma l’aristocrazia del denaro che ne nacque divenne in due secoli padrona di tutto.
“Oggi le corporation e gli executive di Wall Street, con la complicita’ di un sistema mediatico studiato apposta per addormentare le addomesticare e coscienze, tendono a ridurre i cittadini a semplici spettatori e a consumatori passivi. E quando l’unico imperativo morale ed etico di uno Stato democratico diventa il profitto ad ogni costo, e’ facile comprendere perche’ su 300 milioni di americani, piu’ di 43 milioni siano privi di assistenza sanitaria.” (Ora sono 50 milioni).

Comunque vada, i cittadini sono esclusi dalla partecipazione democratica della gestione dello Stato. “Non sia mai che “nella testa della gente nasca l’idea “negativa” che tutti possano lavorare insieme, essere coinvolti nel processo democratico e prendere delle decisioni!” Cosi’ nel tempo i due partiti americani sono diventati quasi simili in un processo comune “di totale asservimento del lavoro al capitale”, “i partiti del business”, sempre meno “i partiti della democrazia”.

“Lo scopo e’ arrivare a una societa’ di base in cui l’unita’ sociale e’ costituita da te col tuo televisore”, dopodiche’ il gioco e’ fatto. L’isolamente dell’individuo e’ fondamentale. “Ai fini del potere e’ molto meglio creare un mondo in cui la gente agisce individualmente e il piu’ forte (loro) vince”.

A questo tendono anche i discorsi denigratori della previdenza sociale che e’ presentata sempre sull’orlo del fallimento, quando “basterebbe un sistema tributario leggermente piu’ progressivo per mantenere in vita la previdenza sociale per un tempo indefinito” (o, come in Italia, basterebbe la separazione tra previdenza e assistenza per riportare allo Stato e ai lavoratori quello che a ognuno spetta).

L’intervistatore chiede: “Dunque stiamo passando dall’idea che un’ ingiustizia al singolo e’ un’ingiustizia a tutti all’idea che un’ingiustizia al singolo e’ solo un’ingiustizia a un singolo individuo?”
“Quelli sono gli ideali di una societa’ capitalistica, eccezion fatta per i ricchi. Ai consigli di amministrazione e’ permesso di lavorar insieme, alle banche, agli investitori, alle corporation. Ai poveri no. Per loro non e’ prevista alcuna forma di cooperazione”.

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Nuova Masada n. 600

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