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Non è una deriva, questo è un sogno

Publie le mercoledì 7 marzo 2007 par Open-Publishing
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7/3/2007 LA STAMPA - INTERVISTA A ORESTE SCALZONE

Il leader di Potere Operaio venerdì all’Askatasuna

“Le armi? Tutti le avevamo. Un altro ’77 è possibile”

LODOVICO POLETTO

TORINO

Noi eravamo contro il socialismo reale o capitalismo di Stato. E contro l’egualitarismo, inteso come quello al ribasso, che livella. Noi eravamo rivoluzionari. Ci attaccava il Pci perché eravamo con gli operai della Polonia. Noi dicevamo che l’odio di classe partiva dall’odio dell’operaio verso la sua indigenza e alienazione: noi eravamo operaisti». Parla Oreste Scalzone, anima e fondatore di Potere operaio, rientrato ufficialmente in Italia soltanto da pochi mesi. Parla e spiega il suo mondo, quello degli Anni 70, il Movimento del ‘77. Racconta la sua esperienza, e anticipa ciò che dirà agli autonomi di Askatasuna che lo hanno invitato a Torino a parlare di quegli anni. «Sui muri di Bologna, nel ‘77, comparve una scritta che diceva “Siamo il ‘77 e non il ‘68” con riferimenti all’operaismo e al movimento studentesco. Oggi la questione della precarizzazione non si può arrestare e non si può tornare agli operai. Oggi il terreno dello scontro è questo: la precarizzazione, la globalizzazione, Internet. Questo è 2007 non il 1977».

Insomma siamo a un deja vù, un salto indietro nel tempo?

«In fondo sì, mi sembra un po’ una ripetizione di ciò che accadde allora».

Secondo lei c’è il rischio di una deriva armata oggi?

«Io non la chiamerei deriva, ma sogno o delirio. Comunque se oggi ci fosse questa deriva, e la dico come direbbe Leo Valiani, si spazzerebbe via l’ordine costituito».

Però forse, allora, eravate molti di più?

«Eravamo 150 mila, non di più, anche se qualcuno dice che si era oltre 600 mila. Eravamo questi, anche se, forse, almeno un milione di persone era in qualche modo vicino a noi».

Ha senso, oggi, ripercorrere i fatti del ‘77 e di tutti gli anni che sono seguiti?

«Io vengo a parlare del ‘77 che potrebbe arrivare domani. O meglio, che a mio parere potrebbe arrivare. Oggi è inattuale, assolutamente: ma è lì. E io e sono disposto a raccontare pezzi della mia memoria: dagli Anni 60 in poi».

Viene ad anticipare i tempi?

«Assolutamente no. Questo incontro serve per tentare di capire quello che è stato».

Si sente nostalgico?

«No, non parlo per compiacermi. Non sono per nulla nostalgico. Mi dicono che vivo come allora, e se è vero che vivo così, non mi mancano certamente quelle sensazioni».

Si sente un cattivo maestro?

«Per quelli che mi dicono queste cose, in punto di morte, mi rammaricherò di non esserlo stato abbastanza. E se, per qualcuno, sarò stato un buon maestro, gli risponderò come diceva Gesù: “Tu l’hai detto”. Comunque, il mio vero pensiero è questo: beata la gente che non ha bisogno di maestri. Buoni o cattivi che siano».

Eppure lei, nella sua esperienza, ha impugnato le armi. Non è vero?

«Le armi, a me, sono passate per le mani: lo ammetto. A me come a molti altri».

A tutti quelli che hanno partecipato al movimento del ‘77?

«Guardi, provocatoriamente mi verrebbe da dire di sì. Se si va a spulciare le sentenze di processi vedrà che ci sono pacchi di condanne per reati dalla rapina in su. Insomma: ogni organizzazione ha avuto militanti passati nei gruppi armati. E si sarebbe disonesti nel dire che la questione delle armi, in quegli anni, riguardò soltanto Potere Operaio».

http://orestescalzone.over-blog.com/article-5920561.html

Portfolio

Messaggi

    • Larisposta di Oreste Scalzone alsindaco di Torino Sergio Chiamparino su :

      http://www.infoaut.org/news.php?id=137

    • "Continua la polemica venutasi a creare intorno all’incontro organizzato per stasera al csoa Askatasuna con Oreste Scalzone sul tema "1977-2007: il filo rosso della sovversione".

      Un’intervista a La Stampa rilasciata ieri dal centro sociale è stata pubblicata oggi dal quotidiano torinese in risposta alle minacce del sindaco Sergio Chiamparino. La riproduciamo qui nella sua interezza.

      "Più gente con Scalzone che con Chiamparino"

      I giovani di Askatasuna sfidano il sindaco: "Per noi contano soltanto i rapporti di forza"

      RAPHAEL ZANOTTI (La Stampa_9 marzo 2007)

      Non abbiamo alcuna paura di confrontarci e nemmeno di scontrarci. Anzi, riteniamo che lo scontro in città porti a uno sviluppo delle coscienze. Vediamo quanta gente seguirà Chiamparino e quanta noi». All’Askatasuna, il centro sociale che ospiterà stasera un incontro con il leader di Potere operaio Oreste Scalzone, si lavora in fretta. C’è da trovare un compagno che entro mezz’ora parta per Napoli. C’è da organizzare due auto per Copenhagen contro l’abbattimento di un centro occupato. E c’è da dare risposta al sindaco di Torino. Prima si rivolvono i problemi logistici, quindi si passa alla «teoria»: il sindaco. In cinque, seduti, si parla.

      Cosa pensate dell’appello del sindaco a isolarvi?

      «Una boutade perché come sindaco deve apparire. Da dieci anni facciamo politica e cultura a Torino. Abbiamo già organizzato in passato incontri con Renato Curcio e Prospero Gallinari e nessuno ha parlato. Il tentativo di isolarci è ridicolo. Il sindaco non si rende conto che lavoriamo sul territorio da tempo. I suoi riferimenti ai Verdi, a Caruso e a Rifondazioneche ci proteggerebbero sono patetici: non ci piace chi usa la politica per sistemarsi, per noi contano solo i rapporti di forza».

      Che forza è quella di Chiamparino?

      «È la forza della deriva autoritaria. Ha detto che è tollerante con gli intolleranti. In realtà siamo noi che non tolleriamo più la sua intolleranza nascosta dietro la faccia della democrazia e del buonismo, quella che vuole zittire tutte le voci fuori dal coro».

      Perché Oreste Scalzone?

      «Siamo convinti sia necessario raccontare gli anni ‘70 e le contraddizioni sorte allora nella società. Ci sono nodi irrisolti ancora oggi. Gli anni ‘70 sono un patrimonio di lotta che va raccontato, ma non - come vorrebbe Chiamparino - solo dalla voce dei giudici, la stessa da 30 anni, ma da quella dei protagonisti».

      Qualcuno potrebbe obiettare che non invitate mai i familiari delle vittime...

      «C’è già tanta retorica. Molti di quei familiari hanno trovato vetrine nella politica, nelle istituzioni, sui mass media. A noi interessa dare risalto a quella parte della storia che si cerca di rimuovere dalle università, dalla discussione. Poi, è chiaro, è anche una scelta di campo, politica. Siamo convinti che chi combatteva lo faceva per fini giusti».

      Lo faceva anche con le armi.

      «Bisogna essere chiari: non condividiamo la lotta armata, anche se è giusto che i popoli oppressi imbraccino le armi quando necessario. Non a caso ci chiamiamo Askatasuna, un riferimento alla lotta dei Paesi Baschi. La deriva armata, poi, è uno spettro che viene agitato per annientare gli avversari: Curcio, Gallinari, tutti hanno detto e ripetuto fino alla nausea che l’istanza della lotta armata è stata sconfitta. Quel che disturba Chiamparino è che queste persone non si siano arrese e continuino a lottare per ciò in cui credono».

      Si tenta di delegittimarli?

      «Siamo alla farsa. Tre bombette mediatiche esplodono alla Crocetta, un’azione che non ha nulla a che fare con la ricchezza dello scontro degli Anni 70 e che il gruppo armato più sfigato del ‘77 si vergognerebbe a rivendicare, e si parla di Anni di Piombo, di guerra. Ma la vera guerra è in Iraq».

      Dunque si va allo scontro?

      «Ripetiamo, non ci spaventa. La Tav, Vicenza e altre lotte hanno dimostrato quello che Scalzone dice: che c’è una crisi della politica costituita, della delega, della rappresentanza. Noi lavoriamo sul territorio, il sindaco no».

      www.infoaut.org