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Onore al partigiano Giuseppe Albano, il "il gobbo del Quarticciolo"

Publie le sabato 25 aprile 2009 par Open-Publishing
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LA BANDA DEL GOBBO

ROMA 31.8.1943 - 16.1.1945

( Nella foto l’ingresso del Mausoleo delle Fosse Ardeatine a Roma)

Con questa denominazione - che pero’ divenne d’uso comune soltanto nel dopoguerra - si indica quello che probabilmente fu, nei nove mesi dell’occupazione tedesca nella capitale, il piu’ attivo e determinato gruppo partigiano operante a Roma e provincia.

Il nome deriva da Giuseppe Albano, meglio noto come “il gobbo del Quarticciolo” che fu sicuramente in quei mesi il partigiano piu’ ricercato da nazisti e fascisti .

Nato il 5.6.1927 a Gerace Superiore (Reggio Calabria), a soli sedici anni inizio’ la sua lotta partigiana nelle giornate tra l’8 e il 10 settembre 1943 dove, prima a Porta S.Paolo e poi nella zona di Piazza Vittorio, insieme ad un gruppo di giovanissimi, quasi tutti di origine calabrese e tutti abitanti nelle borgate romane di Centocelle e Quarticciolo, impegno’ pesantemente i tedeschi che invadevano la citta’ di Roma.

Giuseppe Albano era appunto “gobbo” e la sua malformazione fece si’ che, pur non identificandolo per nome e cognome, i nazisti lo riconoscessero con sicurezza in ogni azione partigiana cui partecipava al punto che in certo periodo, intorno all’aprile del 1944, il Comando tedesco arrivo’ ad ordinare l’arresto di tutti i “gobbi” di Roma.

Va comunque detto che se Giuseppe Albano fu senz’altro il capo riconosciuto dei giovani guerriglieri di Centocelle e Quarticciolo e se sicuramente il suo eroismo in azione e l’odio che gli portavano nazisti e fascisti ne fece in quei mesi un personaggio carismatico, egli non fu mai il vero responsabile della banda.

Questa figura fu invece assunta da Franco Napoli, nome di battaglia “Felice”, suo compaesano e vecchio militante socialista, gia’ negli anni trenta arrestato per un tentativo di attentato a Mussolini in Calabria.

Fu infatti Franco “Felice” Napoli che negli ultimi giorni di Agosto del 1943, in una riunione clandestina in una scuola di Piazza Vittorio, diede vita alla banda partigiana che assunse infatti , anche nei documenti ufficiali dell’ANPI, il nome di “banda Napoli”.

All’inizio il gruppo fu del tutto autonomo dai partiti antifascisti e fu di fatto l’unico gruppo organizzato che insieme a qualche centinaio di militari antifascisti e a qualche decina di “volontari” civili, impegno’ appunto per tre giorni i tedeschi che invadevano Roma.

In una foto famosissima, che tra l’altro fara’ da copertina ad uno dei primi libri che analizzo’ la resistenza romana (“Il sole e’ sorto a Roma” di Giorgio Amendola) si vede il “gobbetto”, in pantaloncini corti e col gembiule di garzone di farmacia, mestiere che svolgeva, combattere riparato dietro un carro armato a Porta S.Paolo.

Durante quelle giornate Franco Napoli fu arrestato e condannato a morte, ma riusci’ ad evadere il 13 Settembre 43, insieme ad altri partigiani, da Villa Wolkonsky, allora sede del comando tedesco.
Successivamente alla compiuta invasione di Roma, buona parte del gruppo si trasferi’ nella zona dei Castelli, fondendosi con un’altra banda partigiana operante in quella zona, banda formata quasi esclusivamente da membri della famiglia Ferracci, anch’essi vecchi militanti socialisti. Il trasferimento avvenne dopo che Franco Napoli e Giuseppe Albano avevano giustiziato, in Piazza dei Mirti a Centocelle, un ufficiale tedesco.

Una parte dei partigiani del gruppo fu catturata dai tedeschi nel dicembre 43 nella zona di Lanuvio e rinchiusi a Villa Dusmet, comando tedesco di Frascati.

Una altro scontro tra la banda e i tedeschi avvenne il 26.12.43 e fu chiamato “la battaglia di S.Cesareo”, vi mori’ un compagno di Zagarolo, CLAUDIO SCACCO, e furono catturati 13 partigiani, rinchiusi, sempre a Frascati, in Villa Torlonia, sede messa a disposizione dei nazisti dal “fascistissimo” duca Alessandro Torlonia.

Il 1 Gennaio 1944 la banda attacca Villa Torlonia e libera tutti i prigionieri.

Il 13 Gennaio i nazisti per rappresaglia uccidono i partigiani arrestati a Lanuvio.

I morti furono :
MARZIO D’ALESSIO, GIANBATTISTA DI MARCO, LUIGI LINARI, CESARE E ANGELO TROMBETTA (padre e figlio), ANGELO VARESI, ALBERICO VENANZI ed ELIO ZIMEI.

I partigiani rispondono giustiziando il Segretario del Fascio di Lanuvio.
Per questa azione molti di loro saranno poi arrestati nel dopoguerra e subiranno una lunga persecuzione giudiziaria che finira’ solo negli anni sessanta.

Mentre Napoli, “il gobbo” e altri erano impegnati nella zona dei Castelli, la frazione della banda che operava nella zona romana di Monte Mario, congiuntamente ai partigiani del gruppo trotzkista “Bandiera Rossa”, assalta il 30 Novembre Forte Bravetta e libera alcuni militanti dello stesso gruppo trotzkista che stavano per essere fucilati dai fascisti della PAI (Polizia Africa Italiana ) . Il gruppo di “Bandiera Rossa” era diretto dal mitico Vincenzo Guarnera, nome di battaglia “Tommaso Moro”, un ex fascista fervente divenuto poi uno dei piu’ valorosi partigiani romani, quello della Banda Napoli da Fernando De Angelis, recentemente scomparso.

Anche Napoli, Albano e gli altri rientrano a Roma, lasciando il presidio del territorio dei Castelli al gruppo dei Ferracci.

A Roma , dopo un fallito tentativo di alleanza col Partito Comunista, che non vede troppo bene questo gruppo di partigiani eroici ma troppo “autonomi” e spesso provenienti dalla “mala” di borgata - il P.C.I. aveva smanie legalitarie già’ durante l’occupazione nazista - Franco Napoli aggrega la banda all’organizzazione militare del P.S.I. , agli ordini di due futuri presidenti della repubblica, Sandro Pertini e Giuseppe Saragat.

Sandro Pertini e Franco Napoli avevano organizzato, per il 24 Marzo 1944, un ’assalto al carcere tedesco di Via Tasso, dove i prigionieri politici venivano sistematicamente torturati e spesso uccisi dai nazisti. Contemporaneamente i partigiani dei GAP del P.C.I. dovevano svolgere l’azione contro i tedeschi in Via Rasella.

L’azione di Via Rasella venne invece fatta, per motivi contingenti, il giorno precedente senza che i partigiani socialisti potessero esserne preventivamente informati.

I rastrellamenti e la rappresaglia delle Fosse Ardeatine che ne seguirono impedirono l’azione di Via Tasso il giorno successivo.
Nei rastrellamenti fu arrestato anche Franco Napoli che, per una questione di pura casualita’, non fu anche lui inserito tra i giustiziati delle Ardeatine. In Via Tasso fu torturato lui ed in sua presenza fu torturata anche l’anziana madre.

Alle Ardeatine morirono comunque otto membri della banda Napoli, precedentemente catturati.

Erano : LEONARDO BUTTICE’, CARLO CAMISOTTI, GIUSEPPE CELANI, PAOLO FRASCA’, RAUL PESACH e FRANZ SCHIRA ( due disertori tedeschi unitisi ai partigiani), DOMENICO RICCI, FILIPPO ROCCHI.

Dopo lo smarrimento causato dalla rappresaglia tedesca, che colpira’ in modo particolare i partigiani di “Bandiera Rossa ( un centinaio di fucilati sui totali 335 martiri delle Ardeatine), soltanto la Banda Napoli rimarra’ in piedi come gruppo organizzato su base cittadina, con cellule a Centocelle-Quarticciolo, Quadraro, Ponte Milvio, Salario, Trastevere, Tufello, Pietralata, Garbatella e Tuscolano, mentre il gruppo di Monte Mario, pur mantenendo i contatti con la banda, passera’ quasi in blocco nelle file di “Bandiera Rossa”.

L’arresto di Pertini e Saragat - che poi fuggiranno rocambolescamente da Regina Coeli - e quello dello stesso Franco Napoli faranno pero’ perdere alla banda i contatti con l’organizzazione militare del P.S.I.

E’ nel periodo Gennaio - Aprile del 1944 che nasce il mito “del gobbo”.
Per due mesi infatti, grazie alle azioni dei giovani guerriglieri della zona guidati da Giuseppe Albano - spesso in alleanza con quelli di “Bandiera Rossa”, di “Armata Rossa” ( comunisti libertari) e dello stesso P.C.I. ( nella zona si erano rifugiati due partigiani di Via Rasella, Sasa’ Bentivegna e Carla Capponi ) - tedeschi e fascisti rinunciarono ad entrare a Centocelle e al Quarticciolo.

In piu’ resero impraticabili di notte le vie Casilina e Prenestina ai mezzi tedeschi che dovevano rifornire il fronte di Anzio.

Si narra che “il gobbo” da solo abbia in quel periodo giustiziato una cinquantina tra nazi e fasci, in alcuni casi armato solo di coltello.
Sicuramente fu la sua banda la prima a reagire alla rappresaglia delle Ardeatine.

Il 10 Aprile 44, infatti, a pochi giorni dalla strage, giustiziarono tre tedeschi nel quartiere Quadraro. L’azione fu condotta dai compagni :
GIUSEPPE ALBANO ( il gobbo ), VINCENZO SPAZIANI, ENRICO ROCCHI, MARIO DEL PAPA, VITTORIO PETTINELLI, FRANCESCO D’AGOSTINO, GUIDO DI GIOVANBATTISTA E ROCCO BASILOTTA.

La composizione sociale del commando e’ estremamente interessante . se si esclude Basilotta, piccolo imprenditore di simpatie socialiste, tutti gli altri sono giovani sottoproletari - allora si diceva “ladroni” - del Quarticciolo, molti con precedenti penali per cosiddetti reati “comuni”.
Per tutta risposta, i nazi rastrellarono 700 uomini del quartiere e li deportarono in Germania, ove ne morirono circa la meta’.

Il 17 Aprile anche Albano sara’ arrestato, probabilmente in seguito ad una spiata, mentre si rifugiava, insieme ad un folto gruppo di compagni di “Bandiera Rossa” nell’azienda di Basilotta.

Il fatto di essere stato sorpreso insieme a compagni di un gruppo diverso dal suo e lo stesso ridicolo ordine tedesco di arrestare tutti i gobbi di Roma - Via Tasso e Regina Coeli erano pieni di poveracci con le spalle curve - fece si’ che Albano non fosse riconosciuto come il famoso partigiano e non fosse quindi eseguita la condanna a morte che era stata promulgata nei suoi confronti.

Questo non impedi’ pero’ che in Via Tasso fosse ferocemente torturato.
Il 4 Giugno, con gli americani alle porte di Roma e i tedeschi in fuga, la popolazione assalto’ Via Tasso e libero’ i detenuti, tra cui il “gobbo”. Anche Napoli sara’ liberato dalla folla che invase Regina Coeli e partira’ quasi subito per il Nord dove continuava la guerra e dove ebbe un ruolo nella cattura di Mussolini.

Nella Roma liberata, Giuseppe Albano e i suoi parteciperanno alla cattura di molti fascisti, per alcuni giorni addirittura in collaborazione con i poliziotti della Questura, divenuti per incanto tutti “antifascisti”.

Ma, come altri partigiani, fu ben presto deluso dalla non volonta’ del nuovo governo di “epurare” i fascisti ed anzi di cominciare a perseguitare i compagni ( anche Sasa’ Bentivegna verra’ arrestato dopo uno scontro a fuoco in cui mori’ un fascista).

Si dedichera’ quindi ad azioni di “esproprio” contro gli arricchiti della “borsa nera”, distribuendo vettovaglie e generi di prima necessita’ alla popolazione affamata.

In una di queste azioni rimarra’ fortuitamente ucciso un militare inglese.

Questo tipo di attivita’ “illegale” non gli impedisce pero’ di riprendere i contatti col Partito Socialista.

E fu quindi per ordine di Pietro Nenni ( Franco Napoli sostiene anche di Palmiro Togliatti) che Albano si infiltrera’ nel gruppo “Unione Proletaria”.

Questo gruppo, con sede in Via Fornovo 12, nonostante il nome “di sinistra” e nonostante che fosse diretto da un ex appartenente di “Bandiera Rossa” - Umberto Salvarezza - in realta’ aveva aggregato molti ex fascisti allo scopo di svolgere, d’accordo con ambienti monarchici, opera di provocazione contro le forze di sinistra.

Fu sicuramente grazie al “gobbo” se , nel novembre 1944, fu sventato un attentato dinamitardo dei provocatori dell ’Unione Proletaria contro un corteo di P.C.I. e P.S.I.

L’ avere sventato l’attentato svelo’ probabilmente il ruolo di “infiltrato” di Giuseppe Albano.

Il 16 Gennaio 1945 , mentre usciva dalla sede dell’Unione Proletaria in Via Fornovo, verra’ ucciso con un colpo di pistola alle spalle.

La versione ufficiale e’ che mori’ in un conflitto a fuoco con i carabinieri che lo ricercavano per la morte del militare inglese.

Una successiva “controinchiesta”, condotta da Franco Napoli, rientrato a Roma nel maggio 45, stabili’ con certezza che Albano fu ucciso a tradimento da tale Giorgio Arcadipane, gia’ spia dei tedeschi tra i detenuti di Regina Coeli, aggregatosi tra i provocatori dell’ Unione Proletaria.

La provocazione fu ancora piu’ chiara due giorni dopo, quando centinaia di poliziotti e carabinieri circondarono il Quarticciolo, con la scusa di arrestare i complici del “gobbo”.
Nei durissimi scontri che seguirono al rastrellamento rimase ucciso dai carabinieri ARDUINO FIORENZA, anziano militante del P.C.I. e vennero arrestati centinaia di proletari.
ALLA FACCIA DEL NUOVO STATO DEMOCRATICO ! ! !

Tra gli arrestati anche IOLANDA CICCOLA, fidanzata quindicenne di Giuseppe Albano che diverra’ poi, molti anni dopo, una apprezzata dirigente della nuova sinistra rivouzionaria ( il cosiddetto filo rosso ! ).
Andra’ ancora peggio ai partigiani dei Castelli, quelli della banda Ferracci i quali per l’esecuzione del fascista di Lanuvio - considerato chissa’ perche’ “reato comune” dal nuovo stato repubblicano ed antifascista - furono incarcerati e coinvolti in una persecuzione giudiziaria che finira’ soltanto nel 1963.

A nessuno comunque dei partigiani della banda Napoli e nemmeno ai deportati del Quadraro sara’ mai riconosciuta la pensione o altro riconoscimento dovuto per legge ai combattenti della Resistenza.

Sinceramente non credo che l’approccio strettamente repressivo che il nuovo stato democratico/borghese riservo’ ai compagni della “banda del gobbo” vada letto nella categoria di una generica ingraditudine.
Come gia’ detto, nel dopoguerra la repressione antipartigiana fu un fenomeno enorme e colpi’ pesantemente anche i compagni del P.C.I. e persino di formazioni piu’ moderate come il Partito d’Azione.

Ancora piu’ pesante fu il trattamento riservato ai combattenti dei “gruppi eretici” come Bandiera Rossa.

Ma nei confronti degli “eretici”, con un misto di bastonate e di blandizie, il sistema gioco’ poi la carta della “cooptazione” ; infatti quasi tutti i militanti “eretici” finiranno per entrare nei partiti della sinistra tradizionale.

La verita’ e’ che questi gruppi erano si’ fortemente ideologizzati e combattivi, ma erano pur sempre sotto la direzione di un ceto politico intellettuale od artigiano che pure ben aveva saputo radicarsi nel proletariato delle borgate romane.

Il gobbo ed i suoi uomini, al di la’ delle vaghe idee socialiste e dei rapporti coi futuri presidenti della repubblica, erano invece essi stessi quel “proletariato”, ribelle e potenzialmente irriducibile ai giochetti della democrazia borghese che tutti gli altri finiranno poi piu’ o meno per accettare.

Per questo dovevano essere repressi ed annientati, anche nella memoria.

Portfolio

Messaggi

  • Un affresco inquietante ed opposto a quello del sangue dei vinti del signor Panza.
    Bisognerebbe che se ne ricavasse un libro per una rilettura in chiave resistenziale e di sinistra degli anni tra il 45 ed il 47.

    L’azione di revisionismo storiografico della destra neofascista italiana si farà più pressante nei prossimi giorni dal momento che l’obiettivo è screditare la Resistenza e con essa la Costituzione.

    Pietro

    • Il libro su questa vicenda e su altre romane relative al periodo immediatamente successivo all Liberazione di Roma del 4.6.1944 esiste già e si intitola ;

      "Il re, Togliatti e il gobbo", Silverio Corvisieri, Edizioni Odradek, 1999

      Va detto per correttezza che Corvisieri, sulla figura personale di Giuseppe Albano nel periodo successivo alla Liberazione di Roma - e sui suoi rapporti, nelle ultime settimane di vita, col gruppo provocatorio dell’Unione Proletaria - è più "problematico" di quanto lo sia il mio articolo.

      Se infatti Corvisieri dà anche lui per certo che fu Giuseppe Albano ad impedire un attentato dinamitardo contro un corteo di comunisti e socialisti, sostiene però che questo avvenne perchè il "Gobbo" non se la sentì di permettere che fossero uccisi miltanti antifascisti coi quali aveva combattutto fino a pochi mesi prima ma ritiene al tempo stesso poco credibile il ruolo dello stesso Albano come "infiltrato" nell’Unione Proletaria per conto di Nenni e di Togliatti.

      Tesi sostenuta invece da Franco "Felice" Napoli e Giuseppe Gracceva, all’epoca tra i massimi dirigenti romani del Partito Socialista.

      Ma, al di là di queste sottili distinzioni, in generale sulle trame monarchiche ( con lo spudorato appoggio dell’esercito inglese che cercava di guadagnarsi un ruolo ai danni di quello certo preponderante dei militari americani) che già avevano messo in piedi una specie di "strategia della tensione" nella Roma liberata quando ancora al Nord infuriava la guerra civile, il testo di Corvisieri e documentatissimo ed illuminante ....

      K.

    • Da parte di un lettore di BellaCiao che mi conosce di persona mi è stato chiesto telefonicamente di spiegarmi meglio e lo faccio volentieri.

      Corvisieri nel suo libro sostiene che Giuseppe Albano, profondamente deluso per la mancata "epurazione" dei fascisti e preso dal suo furore iconoclasta contro gli arricchiti del regime ( in fondo al momento della sua uccisione, anche se nelle borgate romane era venerato come un eroe ed un capo indiscusso, Albano aveva solo 18 anni), aveva effettivamente aderito all’Unione Proletaria, gruppo che nella sua attività provocatoria gestita da Casa Savoia e dai militari inglesi effettivamente teorizzava e praticava ( ma a puro scopo di autofinanziamento e di lucro, a differenza dela "banda del Gobbo" che utilizzava i fondi per distribuire viveri alla popolazione) l’esproprio e l’estorsione ai danni dei "borsari neri" e degli speculatori del regime.

      E che soltanto quandò si accorse della trama bombarola contro il corteo di Pci e Psi, il "Gobbo" si rese conto del carattere appunto provocatorio e reazionario dell’Unione Proletaria.

      Mentre invece altri autorevoli testimoni del tempo, soprattutto dirigenti romani in quei mesi confusi del Partito Socialista , sostengono che Albano in quel gruppo c’era entrato come "infiltrato" per ordine dei massimi leader di Psi e Pci, appunto Nenni e Togliatti.

      I quali, in verità, sull’argomento hanno sempre "sorvolato" e mai chiarito la questione .... divenuta scomoda per la vicenda dell’uccisione casuale, da parte degli uomini del "Gobbo", di un militare inglese ...

      Ma, al di là di questa secondarissima diatriba, ripeto, il libro di Corvisieri è documentatissimo ed illuminante .....

      K.

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