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Opa Bnl, indagato Consorte, presidente e Ad di Unipol

Publie le giovedì 15 dicembre 2005 par Open-Publishing
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Le ipotesi di reato della procura di Roma sono aggiotaggio
manipolazione del mercato e ostacolo all’autorità di vigilanza.

Opa Bnl, indagato Consorte
presidente e Ad di Unipol

ROMA - Il nome dell’amministratore delegato e presidente di Unipol, Giovanni Consorte, è stato iscritto dalla procura di Roma nel registro degli indagati. L’inchiesta riguarda la scalata del gruppo assicurativo alla Bnl. La procura della capitale aveva aperto nei mesi scorsi un fascicolo e procede per i reati di aggiotaggio informativo, manipolazione del mercato e ostacolo all’autorità di vigilanza. Nessuna conferma c’è, invece, sull’iscrizione dell’altro amministratore di Unipol, Ivano Sacchetti.

L’inchiesta giudiziaria, aperta sulla base di un esposto del Banco di Bilbao, l’altro contendente alla scalata a Bnl, punta, tra l’altro, a verificare se Unipol avesse i requisiti, alla luce del proprio statuto, di lanciare un’Opa sull’istituto di credito.

Il legale di Consorte Filippo Sgubbi ha detto che al momento non è arrivato nessun avviso di garanzia al suo assistito e che non ha "nessuna informazione su queste e le altre indiscrezioni provenienti da ambienti giudiziari".

Nei mesi scorsi i magistrati di piazzale Clodio hanno deciso di esaminare le norme del diritto societario e del diritto civile al fine di accertare se la compagnia di assicurazioni, in base alle norme che regolano la tutela dei propri assicurati, possa estendere la propria vocazione imprenditoriale.

Oggi sempre nell’ambito della stessa inchiesta sono stati sentiti due ispettori della vigilanza di Bankitalia - Claudio Clemente e Nicola Stabile - come persone informate sui fatti. I due funzionari di Palazzo Koch avrebbero ricostruito l’intera istruttoria avviata dalla banca centrale sulle procedure che hanno portato Unipol a lanciare l’Opa. Bankitalia tuttavia non ha ancora completato l’istruttoria e dato l’ok fornito invece da Consob e Isvap.

L’iscrizione di Consorte nel registro degli indagati a Roma per il momento ha lasciato indifferente la Borsa. Il titolo della compagnia bolognese è rimasto invariato a quota 2,215 euro.

(15 dicembre 2005)

Messaggi

  • IL LIBRO

    Nell’intrigo bancario

    Due giornalisti molto esperti di finanza e in particolare del sistema bancario italiano, Giuseppe Oddo, inviato del Sole 24ore e Giovanni Pons, caposervizio dell’economia nella redazione milanese di Repubblica, hanno appena pubblicato un libro in grande sintonia con gli avvenimenti di questi giorni. Oddo e Pons, ne «L’intrigo» (serie bianca Feltrinelli, 13 euro, 219 pagine), raccontano infatti l’era Fazio sia dal punto di vista degli equilibri di potere delle banche italiane, sia dal punto di vista dei risparmiatori, più che traditi, truffati da un sistema che oggi scopriamo inquinato anche da comportamenti criminali. La lettura di questo testo ci è sembrata particolarmente utile non solo per cercare di ricostruire le scalate di questa estate, le opa incrociate, i rapporti tra banche e finanzieri d’assalto, ma anche per capire meglio gli attuali intrecci tra quello che una volta si chiamava capitale industriale con il capitale finanziario. Tesi forte del libro dei due giornalisti è la nuova centralità delle banche che, vista la storica sottocapitalizzazione delle imprese italiane, sono sempre di più le padrone della scena, in una nuova «fratellanza siamese» nei consigli di amministrazione. Pubblichiamo qui uno stralcio del libro tratto dal capitolo dedicato al «grande disegno», quello che stiamo vedendo in queste ore, pagina utile anche per capire il ruolo della politica:

    Ma torniamo al tema centrale del capitolo - scrivono Oddo e Pons - La notte del 12 luglio, appena dopo aver parlato telefonicamente con Fazio, Fiorani comunica a Gnutti che il governatore ha rilasciato alla Bpi l’attesa autorizzazione all’Opa su Antonveneta. In quel momento il finanziere bresciano è a cena con Berlusconi, come si evince dalle intercettazioni. Di certo le scalate bancarie sono state uno degli argomenti della serata. D’altro canto anche Berlusconi è indirettamente coinvolto nell’affare Antonveneta. Il presidente del Consiglio, infatti, è socio dell’Hopa insieme a Gnutti. La Fininvest vi è entrata ai primi del 2003, conferendovi azioni Olivetti (oggi Telecom), ed è rappresentata in consiglio da Livolsi.

    Gnutti scambia qualche parola con Fiorani. Quindi gli passa Berlusconi che si complimenta con il banchiere per il via libero ottenuto da Fazio. Berlusconi è già al corrente di molte cose, non solo per via di Gnutti e del senatore Grillo, grande amico di Fazio, ma anche perché Fiorani si è spesso recato personalmente, in questi mesi, in visita a Palazzo Chigi.

    Finita la cena, Fiorani e Gnutti si parlano nuovamente al telefono e commentano le parole di Berlusconi. Fiorani: «Ho sentito il presidente commosso della cosa...». Gnutti: «Gli ho detto che andremo avanti con Rcs e che ci deve dare una mano». Fiorani: «Digli di chiamare il Number One (il governatore di Banca d’Italia, Antonio Fazio, ndr)». Gnutti «Gli ho detto (a Berlusconi) che se non ci dà una mano, la sinistra prende tutto». Fiorani: «Ne parleremo domani a voce...La sinistra in questo momento ci ha appoggiati più di quanto abbia fatto il governatore».

    Dunque, Berlusconi non solo si compiace per l’Opa su Antonveneta, ma è anche tenuto al corrente da Gnutti del progetto di scalata di Rcs, per il quale gli viene chiesta una mano. Non solo: Fiorani, che pure conosce bene il governatore e la sua famiglia, vuole sia Berlusconi a telefonare a Fazio, il cui contributo è evidentemente decisivo per la riuscita del grande disegno. Fazio dunque è informato di ogni retroscena. Come fa a non rendersi conto che l’accumulo di ricchezza che affluisce nelle tasche dei concertisti' con le operazioni Antonveneta e Bnl è presumibilmente dirottato nella scalata alCorriere’?

    • Fassino abbandoni il compagno Consorte

      L’affare Unipol-Bnl può diventare una palude disastrosa. Anche per la quercia più solida

      Molti si sono stupiti nell’osservare Piero Fassino prendere le difese dell’Unipol impegnata nella scalata alla Bnl. Si sono chiesti perché l’abbia fatto. E se non sarebbe stato più opportuno che il leader della Quercia e il vertice del partito si tenessero a distanza da quell’operazione sempre più chiacchierata. Il Bestiario si stupisce di certi stupori. Perché, anche volendolo, Fassino non avrebbe potuto fare diversamente.

      La storia della cooperazione rossa è tutt’una con la storia del Pci prima e dei Ds dopo. Tanto che non è semplice distinguere tra le due entità, chiamiamole così. Che con la Cgil hanno formato una trinità di ferro: partito, cooperative e sindacato. In questa trinità è la Lega a offrire l’immagine più complessa. Mentre il partito ha sempre fatto il partito e il sindacato il sindacato, nel succedersi del tempo la cooperazione è stata due realtà diverse.

      La prima è quella sociale: un’alternativa al capitalismo privato, una speranza di lavoro senza subire la forza (o la sferza) di un padrone. La seconda è quella finanziaria che ha consentito alle cooperative anche di sostenere il partito sotto l’aspetto economico e aiutarlo in operazioni che la dirigenza politica non poteva compiere in prima persona. Non è una scoperta di oggi. La pubblicistica non influenzata dal Pci e poi dai Ds ne ha scritto tante volte, ricevendo smentite poco convincenti o uno sdegnato silenzio.

      Con l’andar del tempo, la natura imprenditoriale e finanziaria della cooperazione rossa si è fatta prevalente. Al punto di tentare la scalata a una grande banca, con esiti ancora incerti. Che cosa doveva fare Fassino? Ignorare le strategie del compagno Giovanni Consorte? O addirittura osteggiarle? Impossibile. Avrebbe capovolto la storia del partito, quello passato e quello odierno. Mettendo a rischio un rapporto che lui e gli altri dirigenti di rango della Quercia conoscono alla perfezione, pure negli aspetti più nascosti.

      Mi azzardo a dire che se Fassino e il vertice dei Ds non si fossero espressi a favore dell’Unipol e del suo assalto alla Bnl, il compagno Consorte li avrebbe richiamati all’ordine. E avrebbe preteso l’intervento della Quercia. Che cosa voglio dire? Che la Lega delle cooperative è più forte dei Ds? E che Consorte conta più di Fassino? Non oso tanto. Ma è sicuro che la potenza del denaro sta nelle coop e non nel Botteghino. Anche se, oggi, l’immagine di questa potenza risulta incrinata da quel che si sta scoprendo. E dai dubbi sulle strategie di Consorte, e sulla sua figura di ’padre-padrone’, che stanno emergendo persino nella Lega.

      Ad accentuare i guai della Quercia c’è infine un dato di fatto che supera l’affare Unipol-Bnl. Rispetto all’epoca del vecchio Pci, della vecchia Lega e dei loro intrecci economici e affaristici sempre ben coperti, oggi i tempi sono molto cambiati. Dopo Tangentopoli, molti elettori di sinistra si sono fatti esigenti e non votano più a occhi chiusi. Vogliono trasparenza e lealtà etica da tutti, specie dal partito che scelgono. La questione morale e la correttezza personale dei dirigenti sono diventate una linea politica vera e propria, più importante persino del programma e della competenza di chi deve realizzarlo.

      Mi spiego con un esempio paradossale. Allorché si scoprisse che Romano Prodi aveva un conto personale di favore nella Banca Popolare Italiana, il leader dell’Unione dovrebbe chiudere bottega all’istante. E forse anche l’Unione stessa. Per fortuna, le cose non stanno così. Ma l’esempio serve a spiegare il frangente rischioso nel quale si trova il vertice della Quercia. Se l’inchiesta giudiziaria non è tutta una bolla di sapone, l’affare Unipol-Bnl rischia di trasformarsi in una palude disastrosa anche per la quercia più solida. Per evitare questo pericolo, forse c’è un’unica strada: i Ds devono chiedere a Consorte di dimettersi e all’Unipol di riesaminare l’intera questione della scalata.

      Su tutto l’insieme sta infine soffiando un ventaccio che pochi avevano fiutato. Dopo aver tanto picchiato sul tasto dei vizi etici del centro-destra e sui molti peccati del mondo berlusconiano, vizi e peccati che emergono anche dallo scandalo Fiorani, i Ds si vedono messi anche loro sotto esame e da sinistra. È micidiale la battuta che si va diffondendo: la Quercia è passata dai correntoni ai conto correntoni. E alla marcia anti-Tav di Torino, il rubrichista più popolare dell’’Unità’, Marco Travaglio, ha enunciato alla sua maniera i cardini di una questione morale dentro i Ds. Con una veemenza senza precedenti nella polemica interna alla sinistra.

      È soltanto un fuoco di paglia, destinato a spegnersi presto? Confesso di non avere una risposta certa. Ma esiste un fatto certissimo. Ed è la conferma di una legge naturale: quando va al governo, ogni forza politica vede sorgere dalle proprie fila un’opposizione prima mai emersa. Spesso molto dura da sconfiggere e in grado di ingaggiare una battaglia dagli esiti imprevedibili.

      Giampaolo Pansa

      http://www.espressonline.it/eol/fre...