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PARPADOS AZULES

Publie le sabato 23 giugno 2007 par Open-Publishing

Regia: Ernesto Contreras
Soggetto e sceneggiatura: Carlos Contreras
Direttore della fotografia: Tonatiuh Martìnez
Montaggio: Ernesto Contreras, José Manuel Cavioto
Interpreti principali: Cecilia Suàrez, Enrique Arreola, Ana Ofelia Murguìa, Tiaré Scanda, Angélica Aragòn
Musica originale: Inäki Kano
Produzione: Agencia Sha
Origine: Mex, 2007
Durata: 98’

E’ più soffocante la gabbia della singola solitudine o quella di due solitudini che s’uniscono? Nella storia assolutamente attuale e globalizzata di Ernesto Contreras (la mestizia delle vite solitarie non ha latitudini) il dilemma di Marina e Victor sceglie quest’ultima strada. La sceglie egualmente nonostante i molti segnali negativi ricevuti dopo una frequentazione forzata e problematica. I due - che se non fossero mori e marcatamente latinoamericani sarebbero perfetti personaggi kaurismakiani - s’incontrano casualmente in un bar. Victor, che da almeno otto anni vive solo, riconosce la donna ricordandola come una compagna di scuola. Lei, altrettanto solitaria e giudicata zitella da una sorella col matrimonio alla deriva, è dimessa ma graziosa ciò eppure non ha un uomo al fianco e ne sente la mancanza. Quando un canarino della ditta di moda per la quale lavora estrae il suo nome per l’assegnazione d’un viaggio-premio per due persone in una spiaggia paradisiaca, Marina vive la contraddizione di non sapere con chi condividerlo.

Coglie dunque al volo l’occasione dell’incontro con Victor e la sua offerta di frequentarsi, alla prima cena gli propone il viaggio dicendo d’essere attratta da lui. L’uomo è colto di sorpresa, non è molto intraprendente col gentil sesso ma accetta di buon grado. Le uscite che precedono quella che si potrebbe prospettare come un’anticipata luna di miele sono goffe e al modo del carattere dei due peraltro non avanti con gli anni. Entrambi sembrano vinti dal lento e scontato srotolarsi di vite grigie, da una routine che non sanno spezzare e alla quale si rassegnano impotenti. Si frequentano per un pic-nic, si parlano ma quasi non s’ascoltano, paiono ossessionati dal ricercare l’anima gemella ma disperano di poterla trovare. Gl’incontri scaturiscono dall’assenza relazionale che li circonda: nessun amico e solo ricordi giovanili lui, rimozioni lei. Anche quando si preparano con dovizia per una serata da ballo e appaiono in tiro nello splendore che possono offrire, lui brillantinato da salsero, lei con le palpebre azzurre, mostrano un’assoluta impossibilità di essere normali, coinvolti, felici.

Il vuoto del cuore e dei corpi si fanno sentire: sono giovani e le pulsioni sessuali bussano sedate da appagamenti “faidate”. Certo quando decidono di superare i reciproci blocchi e donarsi la rigidità, lo straniamento, l’impaccio di ciascuno rende l’atto agognato un’azione a dir poco robotizzata. Poveri Victor e Marina destinati a soffrire in solitudine! Lei in un barlume di coscienza comprende l’assurdità della scelta e, nonostante la promessa fatta al compagno, parte sola. Sarà una fuga parziale e limitata: già in una cartolina annuncia a Victor d’essersi pentita e sentire la sua mancanza, ricevutala lui la strappa ma va a riprenderla alla stazione. Come i tanti uccelli di madama Lulita - proprietaria della ditta di moda che ha procurato il viaggio a Marina - liberati per suo volere, cercano nuove abitazioni dove accasarsi così certe anime nate per la cattività non sanno far altro che attrarsi. Pur nella follìa d’una soffocante condizione Victor chiede a Marina di sposarlo. E lei accetta una gabbia certamente più tragica ma forse più sopportabile di quella della personale solitudine.

Enrico Campofreda, 9 giugno 2007