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PDCI/ DILIBERTO AL PRC: UNIAMOCI. FREDDO FERRERO: PERCORSO LUNGO
Publie le sabato 19 luglio 2008 par Open-PublishingPDCI/ DILIBERTO AL PRC: UNIAMOCI. FREDDO FERRERO: PERCORSO LUNGO
Congresso aperto, segretario attacca Pd e bertinottiani
Salsomaggiore (Pr), 18 lug. (Apcom) - Per opporsi al governo Berlusconi il Pdci è pronto a scendere in piazza con chiunque, ma la prospettiva politica che Oliviero Diliberto propone ai 638 delegati che partecipano, da oggi fino a domenica, al quinto congresso del Pdci, è quella della riunificazione con Rifondazione. "Proponiamo sin d’ora - dice il segretario dei Comunisti italiani - per le elezioni europee del 2009 una unica lista con falce e martello, indipendentemente dalla soglia di sbarramento. E’ una scelta politica e non obbligata". Di fronte alla sconfitta, "noi da soli non ce la facciamo e non abbiamo la tentazione dell’autosufficienza". Inoltre, "sono superate - afferma - le ragioni della divisione" che risale al 1998.
Il primo passo della riunificazione potrebbe essere "una manifestazione di popolo in autunno contro il governo Berlusconi", soprattutto contro "le politiche sociali, perché per i comunisti questione democratica e questione di classe stanno insieme". Intanto, replicando alle polemiche su quella dei girotondi a piazza Navona, si dice pronto "a scendere in piazza con chiunque" contro l’annunciata riforma della giustizia.
L’obiettivo di Diliberto è provare a recuperare i tre milioni di voti che nelle politiche del 2006 Pdci e Prc hanno raccolto, presentandosi separati ma nell’alleanza di centrosinistra. Per questo, a chi lo accusa di non voler unire ’tutta’ la sinistra, replica: "Ma come possiamo unire tutta la sinistra se non riusciamo a unire nemmeno i comunisti?".
La sconfitta elettorale, nell’analisi di Diliberto, oltre che ai limiti del governo Prodi e allo "spostamento a destra del senso comune degli italiani", è dovuta anche agli "errori politici catastriofici" che sono stati commessi. Due i bersagli del segretario del Pdci: Veltroni e Bertinotti. Il primo ha cercato con il Pd "di rassicurare i poteri forti per dare di sé l’immagine di un partito moderato, se non conservatore". E oggi il Pd è "assente" come opposizione e con la scelta del bipartitismo e del dialogo con Berlusconi ha dato vita a un partito "non uguale ma simile al Pdl, nelle scelte di politica internazionale e nella fedeltà al liberismo". Il secondo, da candidato premier dell’Arcobaleno, ha forzato, facendo credere che la lista unitaria fosse solo "il primo passo verso il partito unico", e soprattutto ha dichiarato che "i comunisti sarebbero stati solo una tendenza culturale. Secondo voi, come l’avranno presa quei tre milioni? Secondo me, maluccio". E chi oggi rilancia la Costituente della sinistra, come i bertinottiani e Sinistra democratica, propone in realtà "una Bolognina postuma" un atto di "necrofilia".
I destinatari del messaggio politico del leader del Pdci mostrano di averlo capito appieno: Paolo Gentiloni, presente in rappresentanza del Pd, sottolinea alla fine le "distanze" che lo separano dall’analisi di Diliberto. Mentre i bertinottiani il messaggio devono averlo interpretato in anticipo, tant’è che disertano addirittura il congresso: non c’è Nichi Vendola, non c’è l’ex segretario Franco Giordano, nessuno di quell’area politica ascolta l’anatema di Diliberto contro la Costituente di sinistra.
Il rivale di Vendola nel congresso del Prc, Paolo Ferrero, non chiude la porta a una ricucitura con gli ex compagni del Pdci, ma rinvia il discorso a tempi migliori: "A una fusione a freddo dico no, non serve - commenta - inventare formule politiche che non funzionano. Il percorso da fare è più lungo". Arturo Parisi, voce dissonante del Pd, invece, apprezza la relazione "seria" e auspica che anche da qui possa ripartire "una unità del centrosinistra a partire dal rispetto e dal riconoscimento delle distinzioni". Ma al momento, vista da Salsomaggiore, questa sembra una strada ancora molto lunga.